Mamme mongolfiera alla ricerca dell'equilibrio
La mongolfiera è l’opposto dell’elicottero: si alza, prende il volo, osserva ma a distanza. Alla ricerca del giusto equilibrio tra controllare e lasciar andare. Un libro aiuta le mamme a trovarsi nel corso di una giornata tipo. E a imparare a educare con la pratica.
Mamma Mongolfiera, edito da Berica Editrice nella collana Uomovivo, è uscito il 27 febbraio. Il titolo è curioso e, per capire di che cosa si tratta, ne parliamo con la scrittrice Marcella Manghi, già autrice di Via col tempo. Perché val proprio la pena venire al mondo (2009, con Prefazione di mons. Luigi Negri) e Qualcosa di diverso (2013): entrambi Edizioni Ares ed entrambi impregnati del valore della famiglia come antidoto a tutte le crisi della società contemporanea. La peculiarità di questi testi è che l’Autrice non scrive un manuale, non codifica regole, ma lascia parlare il vissuto attraverso dialoghi asciutti, estremamente autentici, come questo tra madre e figlio, tratto dal suo nuovo libro:
«Se ti metti a fare i compiti, poi ti restituisco il cellulare».
«Ma questo è un ricatto, mamma!».
Ricatto? È solo una questione di punti vista…
«Ma no, è una proposta».
Come si vede, quando i fatti della realtà lasciano spazio alla riflessione, questa stessa è impregnata di esperienza, come a dire che sia la forma stilistica sia i contenuti in Marcella Manghi sono plasmati dalla vita. E così anche Mamma Mongolfiera ci fa entrare nel quotidiano di una madre che si lascia fare, si lascia educare dalla realtà. E che stando dentro le cose di ogni giorno arriva a maturare un giudizio frutto dell’ascolto, dell’osservazione, mai della norma o del preconcetto. Mi spiego con un altro passaggio calzante: «A soli pochi anni, i primogeniti sembrano figli usciti non da un ventre ma da una caserma. Poi, giusto in tempo prima che mamma-tigre finisca impagliata, arriva la cucciolata successiva. In caserma iniziano a scarseggiare le riserve di pazienza, si instaura un clima più goliardico e iniziano a fioccare le licenze. Al terzo giro, mamma-tigre non ce la fa proprio più a tenere; tira le cuoia. Bisognerebbe avere coi primi la stessa indulgenza riservata agli ultimi e con gli ultimi la stessa intransigenza che si ha con i primogeniti».
Marcella Manghi, ma da dove l’è venuta l’associazione fra mamma e mongolfiera»? Che cosa sta a rappresentare?
L’idea è nata un paio di anni fa. Avevo letto della sempre maggiore diffusione di questi genitori, battezzati come «elicotteri». L’elicottero pattuglia, sorveglia, è sempre pronto a intervenire a ogni difficoltà. Io mi sentivo all’opposto… Da qui l’idea di essere molto più simile a una «mongolfiera». La mongolfiera è l’opposto dell’elicottero: la mongolfiera si alza, prende il volo, osserva ma a distanza. Credo che il rapporto genitore-figlio debba essere questo: io genitore ti do gli strumenti per cavartela da solo e poi prendo le distanze. Ti guardo dall’alto. Non ti trascuro, ma cerco di non intervenire per toglierti le fatiche che puoi portare.
È, quindi, il suo, un saggio sulla relazione madri-figli?
No, per nulla! Niente teoria, solo pratica. Pratica quotidiana. Una madre narra con ironia una giornata di ordinaria sopravvivenza con i figli. Ci sono discussioni, dialoghi, porte che sbattono… A tenere le fila e a sdrammatizzare c’è mamma mongolfiera, che è presente ma sta attenta a non sostituirsi ai ragazzi. Questo per renderli sempre più autonomi, responsabili. Prendere le distanze non significa abbandonare, ma rendere indipendenti. Diciamo che è una mamma «diversamente presente». L’unità narrativa si snoda tutta intorno a un giorno esatto. Ventiquattro ore raccontate da una madre che si muove per tentativi e nella consapevolezza della propria imperfezione.
A chi è consigliato?
Un po’ a tutti. Alle madri, ovviamente in primis. Ogni madre – leggendolo –ritrova un pezzo di sé stessa. La mamma imperfetta della porta accanto che inventa soluzioni di sopravvivenza, non fa mistero delle proprie peculiarità o dei propri capricci di donna.
Quando dico che lo consiglio a tutti è perché – seppur con ironia - raccoglie una sfida attualissima: essere madri presenti senza diventare «chiocce» o «tigri», senza crescere figli «sdraiati», per dirla alla Michele Serra. Il punto è trovare il giusto equilibrio tra controllare e lasciar andare. Il tema dell’educazione oggi ci abbraccia tutti, perché le conseguenze ricadono sulla società nella sua globalità.
Che cosa significa che i figli crescono nonostante i genitori?
È provocatorio. È chiaro che un genitore che dà il buon esempio è meglio di un altro. Ma la spinta propulsiva, quella che fa crescere i figli è una spinta che viene dai figli stessi, e non dai genitori. I figli non crescono «grazie» ai genitori, crescono comunque. Tanto vale scommettere sulle loro capacità. È un rischio che vale la pena correre.