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Islam

Maldive, un paradiso che nasconde un inferno

I cristiani che vivono nell’arcipelago devono praticare la fede in privato e mantenere un basso profilo se vogliono evitare di essere arrestati, incarcerati o espulsi dal paese

 

Molti turisti che scelgono l’arcipelago delle Maldive come meta di vacanza, per le sue spiagge di finissima, candida sabbia e per l’oceano color smeraldo che ne circonda le mille isole forse non sanno e non si accorgono durante il loro soggiorno di essere in uno dei paesi in cui essere cristiani è più difficile. L’Islam è la religione di stato delle Maldive e la costituzione richiede che tutti i cittadini siano musulmani. Quindi ufficialmente non esistono maldiviani appartenenti ad altre religioni. Le poche centinaia di cristiani che vivono alle Maldive, per lo più stranieri emigrati nel paese per motivi di lavoro, non hanno luoghi di culto perché in tutto il paese non c’è neanche una chiesa. Si possono riunire, ma con discrezione e sono strettamente controllati. Per questo molti preferiscono evitare incontri che potrebbero infastidire le autorità e si limitano a praticare il culto da soli, entro le mura domestiche. La situazione peggiore è quella dei maldiviani convertiti al cristianesimo. Poiché nella stretta struttura comunitaria del paese ogni deviazione dai valori islamici viene facilmente notata e riportata alle autorità, chi abiura e abbraccia il Cristianesimo deve farlo in segreto. Il pericolo è enorme e per questo può succedere che neanche i più stretti parenti – mariti, mogli, figli – ne siano a conoscenza. Se un convertito viene scoperto può perdere la cittadinanza, venire isolato socialmente e perdere i benefici statali. Va da sé che i cristiani devono guardarsi dal parlare della loro fede per non rischiare di essere accusati di proselitismo. Inoltre non devono farsi scoprire in possesso materiale religioso, libri, testi sacri, simboli religiosi, crocifissi, rosari… Nella World Watch List 2024 dei cristiani più perseguitati dell’associazione Open Doors le Maldive figurano al 18° posto, dopo il Myanmar e prima della Cina.