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LA STORIA

Maïti, la forza del perdono che trasforma l’uomo

Tradotta in italiano la testimonianza di Maïti Girtanner, arrestata, percossa e torturata per quattro mesi in piena Seconda Guerra Mondiale, con segni indelebili sul corpo. Ma capace di perdonare Léo, l’ex medico della Gestapo che era stato il suo aguzzino e, ormai malato, si presentò a casa sua quarant’anni più tardi. Una lettura che può cambiare la prospettiva della nostra vita.

Cultura 24_06_2022

“Ho un cancro. L’ho appena saputo. Sono condannato… Non ho mai dimenticato ciò che lei disse ai miei altri prigionieri a riguardo della morte… Adesso ho paura della morte”. Queste furono le prime parole di Léo, il medico della Gestapo, aguzzino di Maïti Girtanner (1922-2014), che si presentò alla porta della casa di lei, a Parigi, nel 1984. Quarant’anni dopo le tragiche azioni criminali del militare nazista, che avevano stravolto l’esistenza della donna quando aveva solo 18 anni. “Perdono. Le chiedo perdono”, implorava.

Nelle ore che precedettero il loro incontro, Maïti, ormai sessantenne, aveva avuto la tentazione di annullare l’appuntamento a cui aveva acconsentito al telefono, quando lui l’aveva chiamata. Ma non c’era modo di contattarlo. Lei pensava di averlo davvero perdonato, in fondo al cuore, ma sarebbe stata capace di dirgli sinceramente: “Io ti perdono”? Non lo sapeva. Dopo la fine della guerra, Maïti aveva sentito il bisogno di perdonare colui che aveva distrutto una parte di lei, che l’aveva condotta alle soglie della morte, lasciandole un segno indelebile sul corpo e nell’anima. Ma non si perdona in astratto. È questo l’insegnamento più autentico e sconvolgente che ci offre il racconto della vita di questa donna eccezionale, di origine svizzero-tedesca e impegnata giovanissima nella Resistenza francese, pubblicato in Maïti. Resistenza e perdono (Itaca Edizioni), da lei scritto con Guillaume Tabard, editorialista del quotidiano Le Figaro

Presi il suo viso tra le mie mani e lo baciai sulla fronte. In quel momento seppi che l’avevo veramente perdonato”, scrive Maïti sull’onda dei ricordi. E ancora: “Davanti a me, anche Léo esprimeva una conversione interiore”. Il perdono per lui non era giunto infatti senza una dolorosa presa di coscienza del male commesso. “Si rende conto di ciò che ha fatto? Come è potuto arrivare a quel punto?”, gli aveva chiesto la sua vecchia prigioniera, senza mezzi termini, per un esercizio ineludibile di riconoscimento della verità. Maïti lo aveva accolto in casa sdraiata, dato che per le percosse e le torture ricevute per quattro mesi durante il suo arresto nel 1943-44, proprio su ordine del medico tedesco, aveva i nervi della colonna vertebrale lesi irreparabilmente. E i dolori atroci che la tormentarono per tutta la sua esistenza le avevano anche impedito per sempre di suonare quel pianoforte, che era la passione profonda della sua vita. Ma priva di falsi pudori, osò persino chiedere al suo antico aguzzino come fosse diventato un criminale di guerra. Non che volesse infierire nel giudicare le sue scelte crudeli, ma proprio con il desiderio di indirizzare Léo verso un cammino nuovo, pur nel breve tempo che la malattia gli concedeva. La sua visita a Maïti era stata infatti inizialmente motivata soltanto dalla paura della morte, ma il dialogo con lei, invece, gli spalancò prospettive di riconciliazione e di redenzione che possono aprirsi solo dopo un pentimento sincero.

Cosa posso fare adesso? Come posso riparare il male commesso?”, chiedeva con urgenza l’antico persecutore a colei che aveva dovuto imparare con ogni fibra del suo essere la strada del ritorno a una vita vera, dopo la lacerazione e la rabbia causate dal male ingiusto e crudele sperimentato su di sé. La risposta è di una disarmante semplicità, nella sua portata totalmente rivoluzionaria: la sola risposta al male è l’amore. Certo, il male orribile commesso durante la guerra non avrebbe potuto essere corretto o eliminato da Léo. Ma visse i suoi ultimi mesi dopo aver confessato ai suoi familiari il vergognoso fardello che si portava dietro, facendo tutto quello che poteva per chi gli era vicino. Il libro di Maïti racconta la sua storia di dolore, di redenzione, di perdono e di speranza. La sua vicenda è stata presentata per la prima volta, dopo tanto tempo, nel 1996, in una trasmissione televisiva francese. E dieci anni dopo uscirà il libro ora pubblicato in Italia, con il titolo Maïti. Resistenza e perdono (Itaca, 2022). “Se ho accettato dopo tanti anni di narrare ciò che ho vissuto, non è per ricevere qualche brevetto di resistenza o qualche attestato di bravura, ma unicamente per aiutare coloro che attraversavano il tunnel del dubbio a percepire la fiamma della speranza, per mostrare a coloro che hanno conosciuto l’umiliazione che il perdono è possibile”.

In quest’ottica il perdono ci appare come qualcosa didivino”, che è davvero possibile solo a patto di far entrare Cristo nella propria vita. E noi che viviamo in un mondo dove, scomparso il perdono, sta estinguendosi anche il “pentimento” e con esso la possibilità di “riconciliazione”, rimaniamo sbigottiti e affascinati dall’esperienza di Maïti. È un racconto di perdono che ne mostra il miracoloso potere trasformante, sia per chi subisce il male che per chi lo compie. Quanto siamo lontani in questa storia dalla volontà malsana, sempre più diffusa, di “covare rancore” per l’ingiustizia subita; e quanto è più luminosa e in definitiva veramente umana la decisione coraggiosa di non fare della propria vita una tragedia.

Come acutamente osserva Erik Varden (vescovo-prelato cattolico di Trondheim e monaco cistercense), scopritore della protagonista e autore della prefazione al libro, “lei si era impegnata a cercare il bene anche nelle circostanze peggiori. Ha lasciato che la sua vita fosse riplasmata su basi che lei non aveva scelto. Anche in una grande sconfitta, era determinata a non essere una vittima, ma piuttosto, come scrive lei stessa, a sconfiggere il male che portavo dentro di me, del quale io stessa ero complice”.

Ecco dunque il grande compito della vita anche per noi: il perdono. Una strada non facile, ma una grazia da richiedere con coraggio e determinazione. Partendo innanzitutto dal cercare di comprendere noi per primi che cosa significa essere perdonati.