Magnificat, non è rivoluzione politica, ma identità
Molti interpretano il cantico del Magnificat come una sorta di inno di liberazione a livello sociale, ma dimenticano che prima di questo viene detto “di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono”. Non un inno alla rivoluzione politica, ma al rafforzamento della propria identità religiosa.
In una piccola chiesa vicino a dove vivo a Roma, una chiesa con origini nel medioevo, c’è un dipinto davanti al quale spesso mi soffermo. In questo dipinto di autore settecentesco, c’è un angelo che infilza un demonio, a sua volta tenuto fermo dalla Beata Vergine Maria con un piede. Mi ha sempre fatto pensare questo dipinto e lo trovo molto significativo perché ben descrive la lotta cristiana, quella lotta che noi dobbiamo compiere per primi e in cui siamo assistiti anche dalla Vergine Maria che non ci lascia soli nella prova. Non possiamo sperare di farcela da soli, ma la lotta sta anche a noi. Mi viene da pensare a tutto questo riflettendo sulla festa della Visitazione della Beata Vergine Maria, che cade il 31 maggio. Una data significativa, proprio perché chiude quel mese mariano in cui il pensiero ancora più spesso va alla Madre di Gesù.
Ricordo molti anni fa, quando ero uno degli organisti della Basilica di San Pietro, mi capitava suonare alla cerimonia di chiusura del mese di maggio celebrata alla grotta di Lourdes (una copia, ovviamente) che si trova all’interno dei giardini vaticani. Alla fine della cerimonia, celebrata dall’Arciprete della Basilica di San Pietro, arrivava il Papa. I miei primi ricordi di questa cerimonia ovviamente sono riferiti a Giovanni Paolo II. E negli anni ho potuto seguire anche l’evoluzione fisica di questo Pontefice, fino al decadimento finale. Eppure parlando di Maria non posso non parlare di Giovanni Paolo II, oggi venerato come santo dalla Chiesa cattolica. Egli fu veramente un grande devoto di Maria, di quella devozione profonda e radicata, come era per noi non tantissimi anni fa.
In un discorso tenuto nel 1993, il Pontefice riferiva della situazione molto delicata che si aveva nei Balcani. A proposito diceva: “Nel mese di Maggio la Chiesa con particolare intensità prega Maria, Madre di Dio, affidando a Lei le vicende degli uomini e dei popoli nel mondo d’oggi. A colei che è nostra Madre e Regina della Pace raccomandiamo in special modo la pace nel mondo, ma anzitutto in Europa, nei Balcani. Per mezzo di Lei ci rivolgiamo a Cristo, Redentore del mondo, richiamando alla memoria le parole con cui abbiamo pregato all’inizio di quest’anno, durante l’incontro in Assisi: O Signore, abbatti le barriere dell’odio che dividono le nazioni... Là, dove adesso abbonda il peccato, fa’ che sovrabbondino la giustizia e l’amore, cui è chiamato ogni uomo, ogni popolo e nazione in Te”.
Pensiamo che il ruolo di Maria in questo è essenziale, in quanto attraverso di Lei Gesù ha preso dimora presso gli uomini, facendosi membro di una comunità, di usi e costumi, di una lingua e di un cibo proprio alla sua gente, almeno in una prospettiva terrena. Ecco perché nei secoli il popolo cristiano ha tributato a Maria una venerazione che era viva nella Polonia di Giovanni Paolo II come nell’Italia di antica tradizione cattolica. Vittorio Messori, nel suo “Ipotesi su Maria”, ha detto: “A partire dal Settecento, l’Illuminismo si propose soprattutto un obiettivo: sostituire la religione con la politica e la cultura. Intesa, quest’ultima, nel senso restrittivo, accademico. Non a caso, quella culturale divenne una vera e propria religione, con i professori (e, in genere, gli intellettuali) come nuovi sacerdoti che sostituissero i preti. Significativo l’uso del termine cattedra (il docente come cattedratico), soprattutto universitaria: non dimentichiamo che «cattedra» – da cui «cattedrale» – era il luogo dal quale il vescovo insegnava. Ora, il magistero passava ai professori. Alla devozione si sostituiva l’erudizione; al seminario il collegio universitario; al breviario il manuale; alla summa teologica quella enciclopedia delle scienze e delle tecniche che non a caso fu lo strumento cui subito gli illuministi misero mano”.
Ecco che la devozione mariana è stata avversata, combattuta, denigrata. Vista come cosa da popolo ignorante, proprio quel popolo che tanto clero pensa di conoscere e che forse gli sfugge proprio nella sua essenza più profonda. Maria è quel “gancio di carne” (Vittorio Messori) che ci tiene attaccati alla dimensione soprannaturale. E questa incarnazione passa anche attraverso il nostro essere nelle nostre comunità. Ci si può sentire profondamente legati anche ad altri popoli, come a me accade per esempio con la Cina. Ma non ho mai pensato di annullare la mia identità di Italiano nella loro. Anzi, i miei anni in Cina hanno rafforzato ancora di più il mio senso di appartenenza (incluse le sofferenze che può certamente portare) e reso la mia identità ancora più forte. Una identità sociale e culturale ma anche una identità cristiana, difesa con la lotta contro le forze del male, una lotta in cui Maria non ci abbandona.
Nella festa della Visitazione si ricorda Maria che visita la cugina Elisabetta dopo aver ricevuto l’annuncio dell’angelo. Essa porta la gioia di questo annuncio a santa Elisabetta e in lei a tutti gli uomini e le donne. Nel Magnificat Maria canta il suo sgomento di fronte alla predilezione di cui è stata oggetto: “L’anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore. Perché ha guardato l’umiltà della sua serva, d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”. Molti interpretano questo cantico come una sorta di inno di liberazione a livello sociale, “ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”...ma dimenticano che prima di questo viene detto “di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono”. Non un inno alla rivoluzione politica, ma al rafforzamento della propria identità religiosa, un rafforzamento che non deve divenire disprezzo per gli altri, ma consapevolezza di se stessi. Riscopriamo la devozione mariana e tutte le nostre tradizioni cattoliche, forgiate da secoli e secoli di preghiere, lacrime e sangue e dalla forza interiore di tanti nostri fratelli e sorelle nella fede.