Magistratura inquinata, occorre una riforma
Le recenti uscite in tv degli ex magistrati De Magistris e Di Pietro confermano il doppiopesismo nelle indagini che da Tangentopoli in poi hanno pesantemente condizionato la politica italiana. Affermazioni gravi che mettono in discussione la credibilità della Magistratura. Per la quale è necessaria una radicale riforma.
Il cortocircuito tra magistratura e informazione sta provocando un vero e proprio terremoto, secondo alcuni destinato a far cadere il Governo. Da settimane, durante le trasmissioni di Massimo Giletti (“Non è l’Arena”, domenica sera su La7) e di Nicola Porro (“Quarta Repubblica”), si sta combattendo una battaglia senza esclusione di colpi tra magistrati e tra toghe ed ex toghe. Un clima avvelenato dalle intercettazioni che hanno riguardato il caso Palamara e che allargano i confini del “marcio” a settori della politica e del mondo dell’informazione.
Dopo che l’attuale sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, ex magistrato, ha candidamente ammesso da Giletti il doppiopesismo di molte inchieste (“Quando indagavo su Berlusconi mi facevano gli applausi, quando indagavo sulla sinistra mi facevano capire che non andava bene”), due sere fa da Porro è andato in scena un altro spettacolo alquanto imbarazzante per la credibilità della magistratura. L’ex Pm Antonio Di Pietro ha azzardato un teorema: «Un magistrato che vuole essere indipendente può essere fermato in 2 modi: o l’ammazzano o da un altro magistrato». E sullo scandalo che ha travolto Luca Palamara e decine di ex colleghi, oltre che di penne compiacenti e complici, Di Pietro ha aggiunto: «Io sono contrario non solo alle correnti, ma pure all’Associazione nazionale magistrati. La magistratura è un potere ed è difesa dalla Costituzione. La politica non c’azzecca niente. Di quale Palamara parla? Di quello che è stato intercettato o degli altri membri del Csm? Se lui faceva accordi c'erano altri che li facevano con lui. Abbiamo scoperto l'acqua calda!». Anche il fondatore dell’Italia dei Valori, poi, ha lasciato intendere di essersi ricreduto sulla questione morale e sulla presunta superiorità di certa sinistra, in realtà graziata dalle inchieste di Tangentopoli: «Quelli di sinistra li ho sempre considerati più bravi ad occultare le prove, a quelli di destra alzavo i puff e trovavo i soldi».
Parole sconcertanti, che aprono una voragine di dubbi e perplessità su certe inchieste del passato e alimentano ulteriore sfiducia nei confronti di quella parte di magistratura politicizzata che finisce per gettare discredito, con le sue nefandezze, sulle migliaia di giudici onesti e ligi ai loro doveri.
Urge una riforma che depoliticizzi la magistratura e allontani ombre e sospetti su un potere neutro che dovrebbe assicurare la corretta amministrazione della giustizia, applicando in modo imparziale le leggi, senza perseguire finalità politiche.
Il Consiglio superiore della magistratura oggi appare fortemente delegittimato e gli scossoni che ha subìto sono indicativi di una guerra tra correnti per la gestione del potere. Nulla a che fare con la terzietà che il potere giudiziario dovrebbe incarnare.
Alla luce di tale caduta di autorevolezza del potere giudiziario, appaiono ancora più sospette le iniziative giudiziarie delle ultime ore nei confronti della Regione Lombardia. Anche a proposito delle forniture di camici durante l’emergenza bisognerà fare piena luce. I cittadini hanno il diritto di sapere se ci sono state irregolarità nelle procedure seguite dal Pirellone. Ma i primi riscontri sembrano dare ragione ai vertici della Lombardia e avvalorano i sospetti di una macchinazione politica, che si somma a un fastidiosissimo spirito anti-lombardo che sembra pervadere i Palazzi romani e, in generale, ampi strati dell’opinione pubblica italiana.
Una sanità come quella lombarda, considerata fino a 4 mesi fa il fiore all’occhiello dell’Italia e gestita in modo solidale e inclusivo, con la possibilità offerta a centinaia di migliaia di malati del sud, del centro e del nord di venire a curarsi negli eccellenti ospedali lombardi, ora viene messa sul banco degli imputati per l’emergenza Covid, con accuse infamanti che dovranno tutte essere dimostrate.
Se i governanti lombardi hanno sbagliato e hanno violato le leggi è giusto che paghino, ma il dubbio che una magistratura politicizzata, come ha dimostrato di essere quella italiana, possa non avere il sufficiente equilibrio per valutare situazioni così complesse come quelle legate all’emergenza Covid è quanto mai fondato.
E poi sorprende il tempismo con cui, in pieno caos soccorsi e ricoveri, siano state aperte inchieste “casualmente” amplificate e sostenute da alcuni giornali, in nome di un giustizialismo anche mediatico che ciclicamente ritorna.
Che senso ha andare a votare, si chiedono milioni di italiani, se poi a decidere chi governa sono sempre alcune procure? Un interrogativo che oggi più che mai richiede risposte oneste e non ipocrite. Per ricostruire il Paese dopo la pandemia sarà necessario un supplemento di onestà a tutti i livelli. La gente dovrà tornare a credere nelle istituzioni e le istituzioni dovranno rientrare nell’alveo della Costituzione. La magistratura, in questo senso, è più che mai un’osservata speciale.