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VENEZUELA

Maduro parla di dialogo al Papa e spara agli oppositori

“Mi ricordi sua Santità, nelle sue preghiere”, scrive il presidente venezuelano Maduro al Papa, chiedendo di rilanciare il dialogo. Il presidente si presenta, in questa lettera, come "vittima" di forze di destra, che usano anche l'arma del terrorismo. La realtà sul campo è l'opposto: l'unica violenza è quella scatenata dall'esercito contro gli oppositori. Anche nelle loro stesse case.

Esteri 16_06_2017
Nicolas Maduro

È arrivata l’offensiva di Nicolas Maduro: “faccio appello alla vostra mediazione affinché l’opposizione smetta di utilizzare i minorenni in azioni terroristische”, ha sollecitato il presidente del Venezuela a Papa Francesco. A consegnare la lettera al Nunzio Apostolico, Aldo Giordano, è stato il ministro della Comunicazione Ernesto Villegas a Caracas. Subito dopo, il ministro ha scritto su Twitter: “la sua mediazione può aprire un nuovo periodo di dialogo in Venezuela”.

La Nuova BQ vuole puntare la lente di ingrandimento sulla missiva presidenziale, che tenta di manipolare l’opinione pubblica, parlando di nuovo di “dialogo”, quando lo stesso Maduro non ha rispettato le condizioni elencate dal cardinale Pietro Parolin a dicembre 2016: l’apertura dei canali umanitari, il riconoscimento del Parlamento, il rilascio dei prigionieri politici e un processo elettorale. Lo conferma l’esortazione pastorale della Conferenza Episcopale Venezuelana, pubblicata a gennaio 2017. 

Chi è in piazza in Venezuela? Secondo Maduro “è una minoranza sempre più ridotta e, quindi, sempre più impazzita”. Invece è la “prima ribellione popolare del XXI secolo” del Venezuela, secondo Rafael Uzcategui, coordinatore di Provea (l’Ong di difesa dei diritti umani più antica del Paese), in una intervista pubblicata sul giornale online Vozpopuli.com (11 aprile 2017). Si tratta di “un processo di mobilitazione di almeno 3 milioni di persone", secondo le stime di Provea, dall'1 aprile, nelle 24 regioni del Paese. 

Non si tratta di una lotta tra la destra e la sinistra. La missiva presidenziale ha affermato che “il Venezuela patisce la violenza generalizzata di una destra isterica”. Ecco un’altra bufala di Maduro: la coalizione di opposizione MUD è una massa eterogenea di partiti di tutte le tendenze ideologiche, di cui i quattro più importanti sono di sinistra: “Accion Democratica” (AD), “Un Nuevo Tiempo” (UNT) e “Volutad Popular” (VP), sono membri attivi dell’Internazionale Socialista; e “Primero Justicia”, che ha la maggioranza dei seggi nel Parlamento (33), è di centrosinistra. L’aveva già detto chiaramente il presidente della Conferenza Episcopale Venezuelana, monsignor Diego Padron, durante l’incontro con il Santo Padre della settimana scorsa: in “Venezuela non c’è propriamente un conflitto ideologico tra la destra e la sinistra”, c’è invece “una lotta tra un governo che è diventato dittatura e un popolo che rivendica la sua libertà”.

Allora da dove viene la violenza? L’Ong Provea ha denunciato la repressione sistematica attraverso il “Piano Zamora”: il governo “utilizza i militari insieme ai gruppi civili armati per neutralizzare le persone in piazza… L’obiettivo è neutralizzare fisicamente l’avversario e non generare canali di dialogo istituzionale, anche se ciò significa la violazione sistematica dei diritti umani”. Infatti, il Foro Penale Venezuelano ha conteggiato più di 70 morti, oltre 3 mila arresti, 370 civili sono stati presentati a tribunali militari e la cifra dei feriti potrebbe superare i 10 mila. 

E non solo, le forze militari assaltano palazzi residenziali. Purtroppo il venezuelano vive l’orrore della repressione anche dentro casa. Martedì scorso la Guardia Nazionale ha preso d’assalto un quartiere residenziale in cui l'opposizione è maggioranza: “Residencias Paraiso”, in una zona popolare di Caracas. Sui social network c’è la testimonianza di migliaia di messaggi e video che hanno mostrato al mondo il vero volto della “rivoluzione”: un blindato dell'esercito che abbatte il cancello del parcheggio del complesso residenziale, finestrini delle auto distrutti dalla Guardia Nazionale, ascensori distrutti, perfino l’uso di armi da fuoco contro le case, secondo quanto denunciato su Twitter dal Consigliere Jesus Armas. Il risultato? “Arrestati 23 terroristi”, ha scritto il Ministro dell’Interno e Comandante della Guardia Nazionale, Nestor Luis Reverol (uno dei funzionari venezuelani segnalati dalla Corte Federale di New York per presunta partecipazione in attività di narcotraffico). 

La quotidianità del venezuelano è un continuo film dell’orrore. Potrebbero essere riempite migliaia di pagine con storie di violenza come questa, con storie drammatiche, anche di disperazione per la fame. Purtroppo ogni giorno supera la gravità del precedente. Quella nazione ricordata per le sue grande ricchezze, oggi tira avanti sommersa nel caos totale: tra impunità (92%), scarsità di cibo e medicinali (più dell’80%) e 14 milioni di poveri (3 milioni in più che nel 1998, anno in cui Hugo Chávez ha vinto le prime elezioni).   

Si rivela tutto il cinismo della politica estera venezuelana. Una strategia che si appoggia sulla rete diplomatica: mentre a Caracas era stata consegnata la lettera per il Papa, a Roma l’Ambasciata venezuelana presso la Santa Sede convocava una conferenza stampa dal titolo peraltro generico: “Venezuela, la pace sotto assedio”. Durante l’evento, ha parlato l’Ambasciatore presso il governo italiano, Isaías Rodríguez, e ha mostrato immagini delle manifestazioni, qualificando la legittima difesa della gioventù venezuelana in piazza come “guerriglia urbana”. Curiosamente, non ha parlato dell’uso eccesivo di lacrimogeni e idranti che hanno ucciso i manifestanti, fatto confermato dalla stessa Procura Generale; nè ha parlato dell’azione repressiva della Guardia Nazionale, né dei colectivos o degli assalti alle residenze di civili, tantomeno della violazione dei diritti umani che da anni porta avanti la “rivoluzione” per reprimere il popolo, come spesso denunciata da corposi rapporti di Amnesty. 

“Mi ricordi sua Santità, nelle sue preghiere”. Così ha concluso Nicolas Maduro la sua lettera. Oltre alle preghiere, con questo scenario il Venezuela ha bisogno di qualcosa in più, forse di un miracolo!