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RIFLESSIONI

Ma i martiri sono solo storie del passato?

Le dichiarazioni di tanti ecclesiastici a proposito del caso di Silvia Romano fanno nascere la domanda se per la Chiesa dei nostri tempi sia ancora un valore dare la vita per Gesù. Su questo le Scritture sono chiarissime, vedi il racconto dei Maccabei. È davvero necessaria una radicale conversione per non adeguarsi a questo mondo.

Editoriali 15_05_2020

Nella Parola di Dio, la vita è considerata il più grande dono che Dio possa fare all’uomo. Tuttavia, chiediamoci, il martirio, cioè dare la vita per Gesù, è ancora un termine valoriale, significativo, importante nella Chiesa dei nostri tempi?
Sia nei testi di Daniele che in quelli dei Maccabei (nell'Antico Testamento), si intravede una risposta al perché valga la pena di “dare la vita…”: la Fede in Dio, in questi testi, introduce a una vita nuova per chi si mantiene fedele a Dio.

In questi testi, le affermazioni di una madre che vede morire i propri figli, per non vederli venir meno alla loro fede, mi hanno sempre commossa e stupita nel profondo e, spesse volte, rileggo queste pagine del secondo Libro dei Maccabei al capitolo 7: “Tu, scellerato ci elimini dalla vita presente, ma il Re del mondo, dopo che saremo morti per le Sue Leggi, ci risusciterà a una vita nuova…”. E poi, dopo avere questa madre stimolato i propri figli a non aver paura, continua: “Da Dio ho queste membra e, per le Sue Leggi, le disprezzo, ma da Lui spero di riaverle di nuovo… È bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l’adempimento della Speranza di essere da Lui di nuovo risuscitati… ma per te la Risurrezione non sarà per la vita” (2 Maccabei 7, 11-14)

Quindi, dalla lettura della Parola di Dio, deduco che la vita potrebbe anche essere stroncata a motivo della Fede in Lui; e certamente, sempre dalla Parola di Dio, ne traggo non motivo di scoraggiamento o di sconforto ma anzi di apertura alla Vita vera. Praticamente dovremmo essere aperti con lo sguardo rivolto al Cielo, come più volte, in questo periodo Pasquale, ci siamo sentiti dire: “Se siete risorti con Cristo pensate alle cose di lassù…!” e “I giusti splenderanno come il sole nel Regno del Padre Nostro!”

Voglio evitare, di proposito, ogni riferimento in questa mia riflessione alla ragazza rapita e rientrata in questi giorni che, come ogni cittadino del mondo, è, e deve essere, libera di spostarsi come e quando vuole, di scegliersi gli amici che vuole e a lei più consoni, di aderire alla fede che per mille contingenze storiche e culturali ritiene più giusta e più corrispondente alla sua anima, alle sue esigenze e alla sua realizzazione… ogni persona è libera di scegliersi la realtà che più le è consona.

Ma, la mia, è una domanda che voglio rivolgere alle gerarchie ecclesiali, viste le affermazioni circolate in questi giorni sulla stampa, che hanno suscitato in me non solo perplessità, ma anche interrogativi di sostanza riguardanti il vissuto della Fede.

Mi sono posta queste domande:
- Il martirio, la testimonianza che nella storia della Chiesa ha coinvolto molti cristiani, è oggi ancora un valore? Oppure è un concetto medioevale?
- La mia vita cristiana si realizza soltanto nella “parabola terrena”, con tutti gli effetti collaterali che ne derivano, o è essenziale l’obiettivo di un Ritorno nell’abbraccio del Padre?
- Quando il Vangelo ci esorta a: “Non aver paura di quelli che uccidono il corpo… ma non possono uccidere l’anima” (Mt 10, 28), è un invito desueto? Non più adatto ai nostri tempi?
- È peccato interrompere la fedeltà, mandare in frantumi il rapporto con Dio? O la Parola di Dio non è poi così vincolante?

Forse i Santi e i Martiri, con la loro esistenza al limite del buonsenso umano, ma convinti dalla Parola di Dio che “Chi crede in Me anche se muore vivrà”, magari, se fossero vissuti nella nostra epoca, con l’attuale concezione materialistica del mondo, forse, non avrebbero ritenuto opportuno sacrificare la propria vita… in ossequio al politicamente corretto?

Anche loro, i Santi, forse oggi contaminati dal pandemonio sociale-umano-spirituale di questi tempi, magari avrebbero speso la loro vita nel solo arco o orizzonte terreno? Pur spendendosi per nobili ideologie umanistiche e filantropiche?
Sono in ansia di sapere se, per noi cristiani, possa avere ancora valore la lampada della Fede (Lc 12, 35) o, in base alle condizioni umane e sociali, con i rischi associati, sia più conveniente nasconderla… certi che, essendo Dio buono, magari in momenti più opportuni possiamo riprendercela!

Mi chiedo: quando arriverà la nostra “notte della vita…” e saremo, con le nostre lampade, in attesa dell’incontro con il Suo volto (Mt 25, 1)… allora, siamo certi che conterà aver dato priorità alla nostra vita personale, alla sicurezza dei nostri beni, della nostra casa… insomma della nostra realtà terrena? Che terrà conto della mentalità corrente dei nostri giorni, e non prenderà sul serio, in modo rigido, le nostre azioni? Forse allora che le categorie “pecore… separate dai capri…etc.” sono formulazioni e categorie ebraiche superate?
Dobbiamo forse ritenere che rimanere nella fede, non debba essere poi così vincolante da mettere a repentaglio la nostra vita?
La situazione storica è ritenuta una giustificazione valida? Cosa ci dirà Dio?

Io credo invece che per molti cristiani, compresa la sottoscritta, la “conversione” sia un cammino da intraprendere e da scoprire. Conversione significa “cambiamento di mentalità”, vale a dire che dobbiamo fare dentro di noi un radicale mutamento, “capaci di non adeguarsi a questo mondo…”

Nel disegno di Dio tutto è provvidenziale: forse è giunto il tempo di essere Cattolici per scelta, sebbene Cristiani per tradizione.

* Suora, fondatrice della Comunità Shalom - Regina della Pace, Palazzolo sull'Oglio