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LA POLEMICA

Lutero precursore del nazismo. Parola del cardinale Koch

In una intervista alla vigilia del viaggio di Papa Francesco in Svezia, il presidente del Pontificio Consiglio per l'unità dei Cristiani non nasconde il lato oscuro di Martin Lutero, di cui aveva già parlato l'allora cardinale Ratzinger ma che, soprattutto, è confermato dagli storici.

Cultura 02_11_2016
Il cardinale Kurt Koch

Due giorni prima di recarsi in Svezia, accanto a Francesco, il cardinale svizzero-tedesco Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, ha rilasciato un' interessante intervista al vaticanista Giuseppe Rusconi. Dichiarando tra le altre cose: "D’altra parte Lutero si appoggiò talmente ai prìncipi che si venne a creare una grande mescolanza di religione e politica con gravi sviluppi; non solo, ma non possiamo negare l’atteggiamento assolutamente inammissibile di Lutero verso i contadini (NdR: ‘Guerra dei contadini’, 1624-26, rivolta popolare per ragioni religiose ed economiche, duramente repressa, 300mila insorti, che Lutero chiamò “banditi di strada ed assassini” meritevoli di morte). Lutero ha poi scritto cose orribili contro gli ebrei…".

Interrogato sull'antisemitismo di Lutero e sul suo violentissimo opuscolo Degli ebrei e delle loro menzogne (clicca qui), il cardinale è andato giù ancora più pesante: "Queste frasi possono essere lette come un’anticipazione dell’Olocausto".

Lutero come uno dei nonni del nazismo? Un precursore dell'Olocausto? E' vero o si tratta di un giudizio storico infondato?

Si potrebbe anzitutto ricordare che un analogo giudizio lo aveva già espresso il cardinale bavarese Joseph Ratzinger, nel suo celebre "Rapporto sulla fede" (1984), con Vittorio Messori, a proposito del collaborazionismo di molti protestanti nei primi tempi del nazismo: "Il fenomeno dei «Cristiani Tedeschi» (cioè i protestanti che appoggiarono l'ascesa di Adolf Hitler, ndr) mette in luce il tipico pericolo al quale si trovava esposto il protestantesimo nei confronti dei nazisti. La concezione luterana di un cristianesimo nazionale, germanico, anti-latino, offrì a Hitler un buon punto di aggancio, alla pari della tradizione di una Chiesa di Stato e della fortissima sottolineatura dell’obbedienza nei confronti dell’autorità politica, che è di casa presso i seguaci di Lutero".

Torniamo a chiederci: le cose stanno davvero così? La risposta, benchè ignorata spesso dal grande pubblico, è oggi piuttosto chiara agli storici: sì, proprio così.

Il quotidiano cattolico Avvenire, il 13 gennaio 2016 raccontava di un mea culpa pronunciato da alcuni pastori protestanti, memori del fatto che “lo stesso pogrom scatenato in Germania, Austria e Cecoslovacchia durante la cosiddetta «notte dei cristalli» fu voluto proprio nel giorno del compleanno di Lutero. «Il 10 novembre 1938 – scriveva allora il vescovo evangelico-luterano di Eisenach, Martin Sasse – bruciano in Germania le sinagoghe. Dal popolo tedesco viene finalmente distrutto il potere degli ebrei sulla nuova Germania e così viene finalmente incoronata la battaglia del Führer, benedetta da Dio, per la piena liberazione del nostro popolo»”. In quello stesso giorno i nazisti assalivano i palazzi vescovili cattolici di varie città, accomunando ebrei e "papisti" nello stesso odio.

Due celebri storici come Robert Cecil e Michael Burleigh ricordano che mentre già “nel primo periodo in molte diocesi cattoliche la NSDAP (cioè il partito nazista, ndr) è trattata con spiccata ostilità”, molti protestanti sono da tempo contagiati da nazionalismo, statalismo e antisemitismo, per non cedere, almeno in parte, “a un partito politico che sfruttava abilmente questi pregiudizi” (Robert Cecil, "Il mito della razza nella Germania nazista. Vita di Alfred Rosenberg", Feltrinelli, Milano 1973; Mìchael Burleigh, "In nome di Dio", Rizzoli, Milano, 2007).

Così accade che nelle elezioni per il Landtag prussiano del 1924, 8 pastori protestanti si candidino nel NSDAP; nel 1930 sono 120 (su circa 18.000) i pastori protestanti membri del partito nazista, di contro a 0 ecclesiastici cattolici. A Dachau, il primo campo di concentramento, in funzione dal 1933, vengono internati 411 sacerdoti cattolici e 36 pastori protestanti (Steigmann-Gall, "Il santo Reich", Boroli, Milano, 2005; Otto dov Kulka, Paul Mendes-Flohr, "Judaism and Christianity under the impact of National Socialism", Gerusalemme, 1987).

Si aggiunga che sino al 1937, a fronte di nessuna associazione cattolica ufficialmente schieratasi con il regime, sono svariati i gruppi protestanti apertamente filo-nazisti: la Lega protestante (Evangeliascher Bund), i Cristiani Tedeschi (Deutsche Christen), il Gruppo di lavoro dei pastori nazionalsocialisti (Nationalsozialistischer Evangelischer Pfarrerbund), il Soccorso delle donne protestanti (Evangelische Frauenhilfe)…

Vi sono protestanti che aderiscono al nazismo ingenuamente, vedendo in quel partito la speranza per risolvere la questione sociale e lavorativa; altri lo fanno in funzione anti-comunista; altri ancora vedono nel nazismo un bastione anti-cattolico e il realizzarsi del nazionalismo, dell’antisemitismo e dell’idea di Stato propri dell'eroe nazionale Martin Lutero, l'uomo che Johann Gottlieb Fichte, uno dei padri del nazionalismo moderno tedesco, ha definito "il tedesco per eccellenza".

Scrive a tal riguardo lo storico Emilio Gentile: “Più propense a schierarsi con il nazionalsocialismo, con la sua concezione della nazione e dello Stato e con il suo antisemitismo, erano le chiese luterane, vincolate per secolare tradizione all’obbedienza al potere statale quale espressione della volontà divina” (Emilio Gentile, "Contro Cesare. Cristianesimo e totalitarismo nell’epoca dei fascismi", Feltrinelli, Milano, 2010; si veda anche Robert Ericksen, Susannah Heschel, "Theologians under Hitler", New Haven, 1985).

E' assai importante - sia per comprendere l’adesione di molti gruppi protestanti al nazismo, sia per capire come mai il regime nazista cerchi, sino al 1937, un rapporto privilegiato con le chiese protestanti, tentando persino di unificarle in un’unica chiesa del Reich -, tener presente il fatto che nella cultura nazionalista e protestante tedesca, in cui Stato, chiesa e nazione quasi coincidono, i cattolici sono visti da secoli molto negativamente, come una sorta di “religione estranea”, nemica della “causa nazionale”, uno “stato nello Stato”, causa il loro legame con la “Chiesa romana”, il loro universalismo anti-nazionalista, la loro presenza politica.

Va ricordata anche la stima di Hitler, e dei suoi amici Eckart e Rosenberg verso il nazionalismo germanico di Lutero, considerato come colui che avrebbe liberato la Germania dal “giogo papale romano”, dandole un nuovo senso patriottico. Parlando del monaco agostiniano, Hitler dichiara in alcune occasioni: “Ma Lutero ha avuto il merito di insorgere contro il Papato e contro l’organizzazione della Chiesa …”; “Perciò non si rimpiangerà mai abbastanza che a una personalità della potenza di Lutero non siano succeduti che pallidi epigoni. Altrimenti non sarebbe stato possibile, in Germania, ristabilire la Chiesa cattolica su basi così salde da permetterle di sussistere sino ai nostri giorni”... (A. Hitler, "Conversazioni a tavola", Goriziana, Gorizia, 2010 p.47 e 381).

Tornando a Lutero, e al suo ruolo di battistrada del nazismo, lo storico del nazismo, di fede pretestante, William L. Shirer, nel suo "Storia del Terzo Reich" (Einaudi, Torino, 1974, vol. II), definisce l'ex monaco agostiniano “ardente antisemita e antiromano”, lo considera il fondatore del nazionalismo germanico e di una componente ineliminabile della cultura nazista: “E’ difficile comprendere la condotta della maggioranza dei protestanti tedeschi nei primi anni del nazismo, se non si tiene conto di due cose: la loro storia e l’influsso di Martin Lutero. Il grande fondatore del protestantesimo fu tanto un appassionato antisemita quanto un feroce sostenitore dell’obbedienza assoluta all’autorità politica. Egli voleva che la Germania venisse liberata dagli ebrei…”.

Anche in Austria, accade con il nazismo quello che è successo in Germania: mentre due cancellieri cattolici ed anti-nazisti, Engelbert Dollfuss e Kurt Alois von Schuschnigg, finiscono uno ucciso e l'altro internato in un campo di concentramento, all'entrata di Hitler nel paese, nel 1938, "uno dei primi a salutare il ritorno a casa di Hitler fu il principale portavoce della minoranza protestante austriaca, che il 13 marzo dichiarò, 'in nome dei più di 333.000 tedeschi protestanti dell'Austria': 'Dopo un periodo di repressione che ha riportato in vita i tempi più terribili della Controriforma, dopo cinque secoli delle più profonde sofferenze, tu sei venuto come il liberatore di tutti i tedeschi...'" (Michael Burleigh, nel suo In nome di Dio, Rizzoli, 2007).