L'uragano Ida dimostra la falsità dell'ecologismo
Un grande uragano si abbatte sulla Louisiana e ricomincia il ritornello dell'allarme sui cambiamenti climatici. Ma tutti i dati dimostrano che non c'è alcun intensificarsi di eventi estremi, mentre un confronto con il passato dimostra come sia importante lo sviluppo per minimizzare i danni di questi eventi.
È arrivato l’uragano Ida sulle coste della Louisiana, con il suo seguito di danni e anche una vittima, e ricomincia il tormentone dell’allarme sui cambiamenti climatici con l’aumento degli eventi meteo estremi e catastrofici. E meno male che il presidente non è Donald Trump, altrimenti gli sarebbe toccato un processo pubblico come quello che toccò a George Bush jr. nel 2005 per l’uragano Katrina. Come se la contrarietà a firmare gli accordi internazionali sul clima producesse in automatico delle risposte da una natura che si suppone contrariata.
Ma siccome siamo alla vigilia di un’altra Conferenza sul clima - la COP26 a novembre a Glasgow, che sarà preceduta da un pre-vertice a Milano tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre - ecco che la stagione degli uragani nel Nord America capita a proposito per rilanciare il terrorismo climatico. E dunque abbiamo visto i giornali seguire nei giorni scorsi l’avvicinarsi di Ida alle coste americane in un crescendo di paura, finché domenica pomeriggio ha finalmente investito New Orleans e tutta la Louisiana con livello 4 e venti a oltre 200 km orari, lasciando un milione di persone senza elettricità (il 20% della popolazione) e danni vari tra cui un ospedale scoperchiato. Più forte di Katrina, hanno riferito i media, il quinto più violento di tutta la storia, a voler sottolineare l’eccezionalità dell’evento. E ovviamente giù a dire che a causa dei cambiamenti climatici ci sono uragani sempre più frequenti e intensi.
La realtà ovviamente è diversa: intanto non c’è alcun intensificarsi degli uragani, come anche l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, l’organismo dell’Onu che si occupa dei cambiamenti climatici) deve ammettere. È anche ciò che chiarisce l’Agenzia statunitense per l’Ambiente (EPA, Environment Protection Agency), che nel maggio scorso ha pubblicato un rapporto dedicato proprio a questi eventi, Climate Change Indicators: Tropical Cyclone Activity. Qui troviamo scritto: «Dal 1878 ogni anno nel Nord Atlantico si formano sei-sette uragani. Più o meno due di questi arrivano sulla terraferma negli Stati Uniti. Il numero totale di uragani (…) e il numero di quelli che raggiungono gli Stati Uniti non indicano una chiara tendenza generale dal 1878».
Inoltre Ida condivide la violenza con altri sei uragani che hanno raggiunto la terraferma negli Stati Uniti. Dal 1851 sono stati 300 gli uragani che hanno raggiunto le coste nord-americane, di cui 92 definiti “grandi”, ovvero dalla categoria 3 alla 5 (il massimo). Peraltro gli uragani hanno un andamento ciclico. Il decennio che ha visto il numero maggiore di grandi uragani è quello tra il 1940 e il 1950, mentre l’ultimo decennio è stato tra i più tranquilli. Ida è il primo uragano di questa stagione a colpire le coste, ma i danni provocati sono considerati nella norma per uragani di questa forza.
Ma più interessante, anche in chiave di conferenze sul clima, è il confronto con l’uragano di stessa forza che colpì la stessa costa della Louisiana a Last Island nel 1856: allora si registrarono 200 morti e fu spazzato via tutto quanto era costruito a Last Island. Danni e perdite attuali sono molto minori malgrado quella parte di costa sia molto più densamente popolata di allora.
Sta qui la chiave di comprensione per cogliere il vero rapporto tra uomo e natura, una lezione che non riguarda soltanto gli uragani. Infatti per minimizzare gli effetti delle catastrofi naturali e degli eventi meteorologici estremi la vera soluzione non sta tanto nel cambiare il corso degli eventi atmosferici, ma nello sviluppo di adeguati sistemi di difesa. L’idea che sia possibile all’uomo determinare temperature e clima della Terra come se ci fosse un termostato da regolare, è il frutto di un delirio di onnipotenza che sta portando l’umanità al suicidio; mentre la storia ci dimostra come l’uomo si sia liberato dalla schiavitù degli elementi naturali attraverso lo sviluppo e lo studio che ha permesso di conoscere meglio la natura e di domarla; creando e rendendo disponibili alla collettività – tanto per fare alcuni esempi - abitazioni solide per ripararsi, infrastrutture resistenti ai terremoti, sistemi di allarme e piani di evacuazione per gli uragani, strutture per la conservazione e il trasporto degli alimenti, e così via.
Questo significa che lo sviluppo è la strada da perseguire e non il nemico da eliminare, come pretendono invece l’ecologismo e la filosofia delle conferenze sul clima.