L'uomo ha bisogno dell'annuncio di tutte e quattro le "Cose ultime"
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Come si è dimostrato al funerale di papa Francesco, nella predicazione i Novissimi sono ormai ridotti a due: la morte e il Paradiso. Dimenticati il giudizio e l'inferno. Ma così si perde la verità sull'uomo e si nega la vera speranza e misericordia. Un recupero del discorso escatologico dovrebbe essere una priorità per il nuovo Papa.

L'escatologia cattolica tradizionale parlava delle "Quattro cose ultime" (I Novissimi): morte, giudizio, paradiso e inferno. Fino agli anni '60, i "libri di preghiere" cattolici americani contenevano solitamente una sezione intitolata "Le quattro cose ultime da ricordare sempre", con testi tratti dalla Scrittura su ciascuna di esse.
Sembra che alcuni cardinali abbiano bisogno di un corso di aggiornamento su queste "cose ultime", perché ciò che è stato messo in mostra – non solo durante il funerale di Francesco, ma negli ultimi anni – è un'escatologia atrofizzata.
Le «Quattro cose ultime da ricordare» si sono ridotte a due: la morte e il paradiso. Il giudizio è troppo «giudicante» e, in ogni caso, la «volontà universale di salvezza» di Dio sembra rendere il giudizio – se mai menzionato – una formalità. L'inferno è stato ridotto dalla “speranza” vonbalthasariana in un appartamento vuoto il cui proprietario sporca la nostra casa comune con il suo riscaldamento eccessivo.
Poiché anche il peccato è scomparso e «nessuno è perfetto» (nonostante l'ingiunzione del Signore di perseguire la perfezione – Mt 5,48), anche il Purgatorio è stato eliminato dal vocabolario escatologico. Gli ecumenici di professione probabilmente se ne rallegrano silenziosamente, perché ostacolava la loro ricerca di punti dottrinali in comune.
Potrei essere criticato, ma l'escatologia pratica che i cattolici percepiscono oggi nella Chiesa è una sorta di caricatura disneyana: «tutti i cani, i papi e le persone vanno in paradiso». In effetti, il cammino verso «la casa del Padre» sembra più efficiente del Global Entry statunitense (programma per garantire un ingresso più veloce ai viaggiatori a basso rischio che arrivano negli Stati Uniti, ndr).
Consideriamo due esempi. Al funerale di Francesco, il cardinale Re ha già chiesto al Papa di benedirci «dal cielo», mentre il giorno dopo il cardinale Parolin ci ha assicurato l'«abbraccio dal cielo» di Francesco. Non c'è stato nemmeno bisogno che la folla gridasse: «Santo subito!». La proto-canonizzazione era già in atto.
Paradossalmente, lo scrittore cattolico americano J.F. Powers ha colto queste tendenze mezzo secolo fa, quando ha fatto pronunciare all'arcivescovo del suo libro "Prince of Darkness" la seguente frase: «Oggi ci sono pochi santi, meno peccatori e tutti sono già salvati».
Mentre alcuni potrebbero pensare che osservazioni come quelle di Re e Parolin siano «pastoralmente consolatorie», esse favoriscono ciò contro cui diversi papi hanno regolarmente messo in guardia: la continua erosione del senso del peccato.
L'insegnamento e la spiritualità cattolica, affinati nel corso dei secoli, riconoscono che nulla di imperfetto può entrare alla presenza di Dio. È un obiettivo ambizioso. E anche l'osservazione più superficiale da parte di chiunque abbia una vista ottima e legga i “segni dei tempi” deve ammettere che il mondo moderno è ben lontano dall'essere o dal promuovere tale perfezione.
Mosè cadde davanti alla presenza di Dio. Anche Isaia, dopo aver visto il Signore, si credette «morto». Anche Pietro chiese a Gesù di allontanarsi perché era un peccatore (Lc 5,8). Il nostro modo di parlare presume dunque che siamo migliori o comprendiamo meglio di loro?
Se la salvezza è così universale e il clero non parla mai del giudizio, del Purgatorio o della necessità delle preghiere per i defunti, come può essere evangelizzato questo messaggio? Perché quel messaggio non riguarda solo la “comunicazione”, ma la condivisione del Vangelo nella sua integralità. E tale evangelizzazione integrale sembra particolarmente necessaria visto il numero crescente di cattolici che si sono allontanati dalla Chiesa e il cui unico contatto ecclesiale è costituito dai battesimi, dai matrimoni e dai funerali in famiglia. Facciamo loro un cattivo servizio se il nostro "accompagnamento" si riduce a un universalismo annacquato. Gesù ha iniziato annunciando che «Il Regno dei Cieli è vicino» (Mc 1,15). E ha proseguito con il comando di «convertirsi», non con il grido «venite, è tutto sistemato!».
Uno degli ultimi documenti della Curia, pubblicato durante il pontificato di Francesco, ricordava che le intenzioni della Messa devono essere singole: un'intenzione per ogni Messa. Tuttavia, considerando il modo in cui parliamo, possiamo davvero aspettarci che i giovani cattolici capiscano il motivo per cui chiediamo che la Messa sia celebrata per i defunti? Spesso i sacerdoti iniziano la Messa con frasi come: «Questa Messa è offerta per il riposo dell'anima di X». Questa formulazione ha senso per il cattolico medio alla luce della nostra concezione escatologica ridotta?
I Maccabei (II Mac 12, 46) ci dicono che «è cosa buona e santa pregare per i defunti». Tuttavia, il cardinale Re ha chiesto a Francesco di «pregare per noi».
Sì, il rapporto di preghiera tra la Chiesa militante, la Chiesa trionfante e persino la Chiesa sofferente è una parte fondamentale della «comunione dei santi», ma, come ha giustamente osservato il cardinale prima di cambiare argomento, Francesco ci ha sempre chiesto di pregare per lui. Come ci ricorda l'Ave Maria, i due momenti cruciali per tale preghiera sono «ora e nell'ora della nostra morte».
Facciamo un favore ai fedeli defunti o serviamo la verità cattolica quando i funerali oscurano la priorità della preghiera per i defunti… incluso un Papa defunto?
Altrove ho suggerito che c'era una grande saggezza nella pratica precedente della Chiesa che posticipava la canonizzazione almeno di cinquant'anni dopo la morte. Certo, vogliamo mettere in mostra la santità contemporanea, ma c'è una differenza tra la popolarità attuale e la pietà sostenuta dal culto. Fare confusione tra le due cose oscura ulteriormente un'escatologia integrale e mette in discussione gli stessi avvertimenti del Signore che «stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita» (Mt 7, 14). Questo ammonimento non è annullato dai comandi cardinalizi di «alzare le porte antiche» (Sal 24, 9), non per far entrare il «Re della gloria», ma gli uomini mortali.
La preghiera, i suffragi e la purgazione non sono «cattive notizie» rispetto alla «Buona Novella» della salvezza universale. Non tradiscono una mancanza di «speranza» nella «misericordia». Anzi, sono le espressioni più autentiche di quella speranza e misericordia, fondate su una consapevolezza realistica della verità dell'uomo, caduto ma redento, a cui è stata offerta la grazia, ma che è ancora imperfetto; e che è stato invitato, ma che è ancora indegno del Dio vivente. Il recupero di un'escatologia olistica – un'escatologia equilibrata che non omette né ignora nessuna delle quattro "Cose ultime" – contribuirebbe notevolmente al recupero della verità dell'uomo, sostenuta dalle opere misericordiose richieste dalla autentica speranza «che tutti gli uomini siano salvati».
Il recupero di queste verità attraverso il riequilibrio del nostro discorso escatologico, dovrebbe essere una priorità per il nuovo Papa.
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