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POLEMICHE

L'uomo è superiore agli animali

Le bestie non hanno diritti perché non hanno doveri. L'uomo invece sì, anche nei loro confronti: per cibarsene, per le pelli, per il lavoro.

Attualità 29_07_2011
Allevamento

Nessuna meraviglia, purtroppo, se vi è oggi la tendenza a mettere gli animali sullo stesso piano dell’uomo e non di rado al di sopra, almeno per quanto riguarda i loro diritti: leone, lupo ecc. possono – da carnivori – mangiare le carni delle loro prede. L’uomo, per contro, pur essendo onnivoro-carnivoro, deve diventare vegetariano come nella sostanza sembra affermare Enzo Bianchi nel suo saggio accolto nell'antologia di autori diversi Animalia (Rizzoli).

Presentando il libro, il curatore Ivano Dionigi pare fornire una visione equilibrata nel rapporto uomo-animale. La stessa cosa non si può però dire dire del titolo complessivo con cui Avvenire del 21 luglio ha offerto stralci degl'interventi degli stessi Bianchi e Dionigi: Gli animali in paradiso?

Non conosco nello specifico il pensiero di padre Bianchi, ma ho avuto occasione di sentire quello di padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria, il quale cita il pensiero classico della Chiesa: gli animali sono "animati", ma la loro anima non è immortale.
Del resto, così si è espresso il cardinale Carlo Caffarra (in una intervista pubblicata sempre su Avvenire il 16 gennaio 2005): «nell’uomo c’è qualcosa che lo fa altro dall’animale […] le azioni che sono irriducibilmente umane, come la conoscenza, l’amore, la scelta libera mostrano che nell’uomo è presente un principio di operazione puramente spirituale (creato ad immagine e somiglianza di Dio)».

Caso chiuso? Per un uomo di Chiesa forse, ma per chi invece in campo teologico-morale sempolicemente "balbetta" pur conoscendo bene gli aspetti naturali, nonché quelli delle tecniche di allevamento, vi è ben altro da aggiungere.
Questo:

- l'uomo è stato cacciatore-raccoglitore fino alla comparsa della agricoltura (10-12.000 anni fa) e tale rimane ancora oggi laddove l’agricoltura non esiste (esquimesi, tribù di pigmei ed indios presenti in talune foreste, aborigeni dell’Australia ecc.);

- gli animali allevati sono stati "da sempre" il surrogato della caccia (e della pesca), oggi sempre più necessari anche per evitare la distruzione del sistema naturale…  con 7 miliardi di persone da sfamare. L’uomo, nel fare ciò, protegge e alimenta i propri animali per ricavarne latte, uova e infine carni; c’è chi, legittimamente, reputa questo un abuso e comunque un regresso rispetto alla natura. Che dire allora del fatto che, dei salmoni del Pacifico, ben 996 su 1000 non giungeranno a riprodursi? Allevandoli l’uomo ne porterebbe a maturità - prima di pescarli dagli allevamenti ittici - almeno 500-600;

Quali considerazioni si possono allora trarre? Anzitutto che, indipendentemente dall’ottica con cui si guarda il problema, i cristiani sanno che solo dell’uomo si dice «e lo facesti poco meno che un Dio» (Salmo 8), mentre da laici "figli della ragione" non si può negare che l’essere umano - da onnivoro-carnivoro - deve mangiare anche altri animali esattamente come fanno cani, gatti, lupi ecc.; dunque, nulla osta a che nella dieta umana entrino prodotti carnei ecc.. A maggior ragione, nulla osta a che l’essere umano ricorra agli animali per altre finalità. Molti hanno infatti scordato l’animale "forza motrice" (fino al 1955-58 nell’azienda paterna vi erano 10 paia di buoi e una 15ina di cavalli), ma nella stragrande maggioranza del mondo meno sviluppato è ancora enorme l’uso di cavalli, asini, bovini, bufali, elefanti, yak per sollevare l’uomo dai lavori più gravosi … persino Babbo Natale ricorre alle mitiche renne per…

Probabilmente, messa in questi termini, la possibilità di utilizzo dei prodotti di origine animale diviene più accettabile. Rimane però da spiegare perché, in una misura che non mi è facile quantificare, si allevino animali con alimenti vegetali che l’uso diretto da parte dell’uomo consentirebbe di fruire al 100%, mentre solo il 20-30% di energia e proteine si ritrovano in carni, latte ecc.. La sola ragione che lo giustifica appieno è la indispensabilità dei prodotti animali nella dieta umana, specie nelle popolazioni meno evolute che non possono disporre per 12 mesi degli alimenti vegetali pregiati (da erboristeria). Si tratta quindi di vedere, caso per caso in funzione di età, sesso, stato fisiologico, resto della dieta, tipo di attività ecc., quali le quantità strettamente necessarie di carne, latte, uova, pesce ecc., gli eccessi sarebbero certamente deprecabili.

Sempre il cardinal Caffarra ammonisce: «Non c’è infine una reciprocità vera e propria fra l’uomo e l’animale […] perché l’animale non ha diritti […] ciò non significa che il dominio/uso dell’uomo non abbia limiti obiettivi». Chiaramente, se l’animale non ha diritti, perché non imputabile e quindi senza doveri, l’uomo ha viceversa doveri nei confronti degli animali; sia perché creature e sia perché la loro integrità psico-fisica è un dovere per l’uomo che se ne voglia avvalere. Da questo punto di vista non si può tuttavia "gettare la croce" solo sugli allevatori maldestri o disonesti, senza richiamare con forza la circostanza che tenere cani, gatti ed altri animali in certe condizioni di vita e di alimentazione (che li rende obesi e "insignificanti") è assolutamente contro qualsiasi regola etica. Né si può sottacere il fatto che negli anni scorsi, anche in Italia, il valore commerciale degli alimenti per pets ha superato quello de mangimi per animali da reddito. Mi chiedo se per tutto ciò i cristiani "vegetariani" e che vogliono gli animali in Paradiso (tutti?, non hanno nulla da eccepire. Specie se si considera il costo aggiuntivo a quello del cibo.