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SFIDA EDUCATIVA

L'università cattolica ai tempi del relativismo

«La prospettiva cristiana non si contrappone al sapere scientifico» Lo ha detto il Papa a docenti e studenti dell’Università Cattolica.

Attualità 23_05_2011
papa discorso

Sabato 21 maggio Benedetto XVI ha ricevuto in  udienza docenti e studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in occasione del novantesimo anniversario della sua fondazione. Ne ha tratto occasione per una riflessione sull’università, un tema che gli sta molto a cuore come mostra tra l’altro il «discorso proibito» del 17 gennaio 2008, che al Papa a causa dell’intolleranza di un piccolo gruppo di studenti e professori fu impedito di pronunciare all’Università La Sapienza di Roma ma che fu in seguito pubblicato. Si tratta di un testo fondamentale sui problemi delle università contemporanee, su cui La Bussola Quotidiana proprio nel suo primo numero aveva proposto una riflessione.

Su quel testo il Papa è ora tornato, insistendo sul fatto che i problemi dell’università non riguardano solo gli universitari. L’università è anzi un osservatorio privilegiato per studiare le «grandi e rapide trasformazioni» del nostro tempo. Non solo all’università, infatti «la cultura umanistica sembra colpita da un progressivo logoramento, mentre l’accento viene posto sulle discipline dette ‘produttive’, di ambito tecnologico ed economico». Anche nelle scuole sentiamo dire sempre più spesso che è meglio non perdere troppo tempo con le materie umanistiche, dedicandoso piuttosto a quanto servirà immediatamente nel lavoro. Ma così, obietta il Pontefice, si alimenta «la tendenza a ridurre l’orizzonte umano al livello di ciò che è misurabile, a eliminare dal sapere sistematico e critico la fondamentale questione del senso».

Non ne fanno le spese solo la filosofia e l’«interesse per la storia dell’uomo», oggi talora messo ai margini, ma anche la religione. «La cultura contemporanea – osserva Benedetto XVI – tende a confinare la religione fuori dagli spazi della razionalità: nella misura in cui le scienze empiriche monopolizzano i territori della ragione, non sembra esserci più spazio per le ragioni del credere, per cui la dimensione religiosa viene relegata nella sfera dell’opinabile e del privato». Con sommo disprezzo della storia, la religione è considerata una mera esperienza personale, quasi che non avesse alcun rilievo per comprendere la cultura e la società.

In questo contesto, ha detto il Papa – riprendendo un tema che aveva illustrato nel suo viaggio del 2010 in Gran Bretagna beatificando il cardinale John Henry Newman (1801-1890), infaticabile fondatore di scuole e di un’università cattolica – un’istituzione educativa cattolica oggi dovrebbe «consolidare e incrementare le ragioni per le quali è nata, recando quella connotazione ecclesiale che è evidenziata dall’aggettivo “cattolica”». In quasi tutti i suoi viaggi apostolici il Papa ha voluto visitare le università cattoliche, rilevando che esse sono fedeli alla loro missione solo se sono, appunto, cattoliche, un punto sul quale talora oggi emergono problemi.

Un’università davvero cattolica in tempi di dittatura del relativismo non rende solo un servizio alla Chiesa. Lo rende a tutti, perché riafferma pubblicamente «la vocazione originaria dell’università nata dalla ricerca della verità, di tutta la verità, di tutta la verità del nostro essere. E con la sua obbedienza alla verità e alle esigenze della sua conoscenza essa diventa scuola di humanitas nella quale si coltiva un sapere vitale, si forgiano alte personalità e si trasmettono conoscenze e competenze di valore».

L’educazione cattolica dovrebbe così diventare immagine viva del rapporto di armonia, non di contrapposizione, che esiste fra fede e scienza: «La prospettiva cristiana […] non si contrappone al sapere scientifico e alle conquiste dell’ingegno umano, ma, al contrario, la fede allarga l'orizzonte del nostro pensiero, è via alla verità piena, guida di autentico sviluppo». E anche questa armonia è una pubblica testimonianza contro il relativismo. «Senza orientamento alla verità, senza un atteggiamento di ricerca umile e ardita, ogni cultura si sfalda, decade nel relativismo e si perde nell’effimero. Sottratta invece alla morsa di un riduzionismo che la mortifica e la circoscrive può aprirsi ad un’interpretazione veramente illuminata del reale, svolgendo così un autentico servizio alla vita».

L’armonia possibile tra fede e scienza ne richiama un’altra, originaria e costitutiva, fra fede e cultura. Ha affermato il Papa che «fede e cultura sono grandezze indissolubilmente connesse, manifestazione di quel desiderium naturale videndi Deum che è presente in ogni uomo». Oggi quest’armonia rischia di rompersi: ma «quando questo connubio si infrange, l’umanità tende a ripiegarsi e a rinchiudersi nelle sue stesse capacità creative». Si può reagire? Sì, ma è necessario che nelle istituzioni educative cattoliche «abiti un’autentica passione per la questione dell'assoluto, la verità stessa, e quindi anche per il sapere teologico». Da una parte, l’apertura a tutte le scienze non può escludere la teologia: «unendo in sé l’audacia della ricerca e la pazienza della maturazione, l’orizzonte teologico può e deve valorizzare tutte le risorse della ragione». Dall’altra, da nessuna indagine accademica si può escludere la domanda sulla verità, che finalmente si rivela come domanda su Dio. «La questione della Verità e dell'Assoluto – la questione di Dio – non è un’investigazione astratta, avulsa dalla realtà del quotidiano, ma è la domanda cruciale, da cui dipende radicalmente la scoperta del senso del mondo e della vita». Se si elimina questa domanda, resta solo una ragione strumentale, la ragione al servizio non più del vero ma dell’utile, contro cui Benedetto XVI aveva messo in guardia nell’enciclica Spe salvi (2007) e che qui chiama «la tentazione del pensiero calcolatore, che strumentalizza il sapere e fa delle scoperte scientifiche mezzi di potere e di asservimento dell’uomo».

Il trionfo della ragione strumentale diventa inevitabile se ci si chiude pregiudizialmente a Dio. «Porsi infatti, in atteggiamento di chiusura o di distacco di fronte alla prospettiva della fede significa dimenticare che essa è stata lungo la storia, e lo è tuttora, fermento di cultura e luce per l’intelligenza, stimolo a svilupparne tutte le potenzialità positive per il bene autentico dell’uomo. Come afferma il Concilio Vaticano II, la fede è capace di donare luce all’esistenza. Dice il Concilio che la fede: “Tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo, e perciò guida l’intelligenza verso soluzioni pienamente umane” (Gaudium et spes, 11)». « Ciò che la ragione scorge, la fede illumina e manifesta. La contemplazione dell’opera di Dio dischiude al sapere l’esigenza dell’investigazione razionale, sistematica e critica; la ricerca di Dio rafforza l’amore per le lettere e per le scienze profane: “Fides ratione adiuvatur et ratio fide perficitur”, afferma Ugo di San Vittore [ca. 1096-1141] (De sacramentis, I, III, 30: PL 176, 232)».
C’è bisogno di accademici, di docenti, di educatori mossi da una «passione autentica per l’uomo», che li spinga a «fare la verità nella carità, [e] amare la vita, rispettarla sempre, a cominciare dalle situazioni in cui essa è più fragile e indifesa» – un accenno ai problemi sollevati oggi in vari Paesi a proposito di università e ospedali cattolici che sembrano non opporsi con sufficiente vigore all’aborto e all’eutanasia. Ultimamente c’è bisogno di ricercatori e di professori che vivano la loro missione come carità e amore. «L’attestazione della fede e la testimonianza della carità sono inscindibili (cfr 1Gv 3,23). Il nucleo profondo della verità di Dio, infatti, è l’amore con cui Egli si è chinato sull’uomo e, in Cristo, gli ha offerto doni infiniti di grazia. In Gesù noi scopriamo che Dio è amore e che solo nell'amore possiamo conoscerLo: “Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio perché Dio è amore” (1Gv 4,7.8) dice san Giovanni. E sant’Agostino [354-430] afferma: “Non intratur in veritatem nisi per caritatem” (Contra Faustum, 32)».

Naturalmente, deve trattarsi di amore autentico, non di sentimentalismo. «Il vertice della conoscenza di Dio si raggiunge nell'amore; quell’amore che sa andare alla radice, che non si accontenta di occasionali espressioni filantropiche, ma illumina il senso della vita con la Verità di Cristo, che trasforma il cuore dell’uomo e lo strappa agli egoismi che generano miseria e morte. L’uomo ha bisogno di amore, l’uomo ha bisogno di verità, per non disperdere il fragile tesoro della libertà ed essere esposto alla violenza delle passioni e a condizionamenti aperti ed occulti (cfr Giovanni Paolo II [1920-2005], Enc. Centesimus annus, 46)».

Si ritrova qui l’insistenza sul legame costitutivo fra carità e verità che dà il titolo all’enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate (2009), senza il quale la carità degenera in sentimentalismo. «La fede cristiana – ha ribadito il Papa – non fa della carità un sentimento vago e pietoso, ma una forza capace di illuminare i sentieri della vita in ogni sua espressione. Senza questa visione, senza questa dimensione teologale originaria e profonda, la carità si accontenta dell’aiuto occasionale e rinuncia al compito profetico, che le è proprio, di trasformare la vita della persona e le strutture stesse della società». Solo così la carità «cambia la vita e salva il mondo».

Per questo, il cuore pulsante di un’istituzione educativa cattolica – ha detto Benedetto XVI – non è l’aula magna, ma la cappella. «Come insegna il Beato Giovanni Paolo II, la Cappella “è luogo dello spirito, dove sostano in preghiera e trovano alimento, orientamento e sostegno i credenti in Cristo, che vivono con modalità diverse la vita intensa dell’Università; è palestra di virtù cristiane, dove cresce e si sviluppa la vita battesimale, e si esprime con ardore apostolico; è casa accogliente ed aperta, per tutti coloro che, ascoltando il Maestro interiore, si fanno cercatori di verità e servono l’uomo nella dedizione diuturna a un sapere non pago di orizzonti angusti e pragmatici. Nel contesto della modernità declinante, essa diventa con spiccato accento centro vivo e propulsivo di animazione cristiana della cultura: nel dialogo rispettoso e franco, nella proposta chiara e motivata (cfr 1Pt 3,15), nella testimonianza che interroga e convince” (Discorso ai Cappellani europei, 1 maggio 1998)».