L'unico dissenso permesso è quello gender
Mariela, la figlia di Raul Castro, per la prima volta esprime un voto di dissenso in Parlamento. A suo parere, la legge sul lavoro era troppo discriminatoria nei confronti degli omosessuali. Suo zio (e suo padre) li confinavano nei gulag, ai lavori forzati. Tanta acqua è scorsa sotto i ponti. L'unico dissenso perdonato è quello gender.
Non era mai accaduto. In tutta la storia di Cuba non era mai successo che una legge, in votazione presso l’Assemblea Nazionale (il Parlamento cubano), ricevesse anche un solo voto contrario. Da sempre le leggi cubane, che vengono esaminate e licenziate due sole volte in un anno, hanno ricevuto il voto unanime di tutti i 612 membri del Parlamento. Un Parlamento dunque utile come le previsioni del tempo fatte per la giornata di ieri. Il record si è infranto il 20 dicembre scorso e la notizia si è sparsa solo in questi giorni, come prevede la buona prassi comunista che tiene al segreto tanto quanto al proletariato. Un parlamentare, anzi una parlamentare ha votato contro una legge del leader maximo Raul Castro, fratello del famigerato Fidel.
Una donna contro 161 suoi colleghi. Una mosca bianca tra molte mosche rosso-comunista. L’eccezionalità dell’evento rasenta l’unicità se andiamo a scoprire chi è stata la fedifraga. Si tratta di Mariela Castro figlia di Raul Castro e nipote di Fidel. Mariela è psicologa, presidentessa del Centro Nazionale di Educazione Sessuale e da molti anni si batte per la causa gay. Si è opposta in Parlamento ad una normativa sul lavoro che – a suo dire - non preveniva adeguatamente le “discriminazioni verso le persone con identità di genere differente” e quelle a carico di impiegati infetti da HIV, rammaricandosi molto che “non si è compreso il concetto di identità di genere”.
In una intervista rilasciata per il blog Paquito el de Cuba, la Castro ha dichiarato che “non poteva prender parte all’approvazione di una legge che contraddice i principi fondamentali di un sistema giuridico che sto difendendo”. Poi ha aggiunto: “ora credo che si debba perfezionare il meccanismo di partecipazione democratica delle deputate e dei deputati in seno all’Assemblea. Il meccanismo interno dell'Assemblea stessa deve essere raffinato secondo questi principi di partecipazione democratica sanciti nella nostra Costituzione. Tuttavia c’è ancora molta strada da fare”.
La legge è passata, ma Mariela ha chiesto ulteriori approfondimenti parlamentari. La Castro in passato si era anche battuta per vedere riconosciuti dalla legge i “matrimoni” omosessuali forse usando come sponda un’intervista rilasciata da suo zio Fidel nel 2010 al giornale messicano La Jornada in cui questi si scusava per aver mandato nei campi di lavoro, rectius: di concentramento, molti omosessuali definendo quella sua scelta “un’ingiustizia”.
Pare ovvio che la Mariela in questione trovò nei suoi legami di sangue il coraggio di votare contro. Un altro al posto suo, non potendo vantare simili ascendenze, ora sconterebbe destino ben diverso. Un ex politico buono solo per finire citato nel programma “Chi l’ha visto?”. Davvero molta acqua è passata sotto i ponti del fiume Don, da quando negli anni Trenta del secolo scorso Stalin approvò l’art. 121 del Codice Penale che prevedeva la reclusione fino a cinque anni per le condotte omosessuali e da quando nel 1952 la Grande Enciclopedia russa così dichiarava senza tema di smentita: “Nella società sovietica con i suoi costumi sani, l'omosessualismo è visto come una perversione sessuale ed è considerato vergognoso e criminale. La legislazione penale sovietica considera l'omosessualismo punibile, con l'eccezione di quei casi in cui lo stesso sia manifestazione di profondo disordine psichico”.
Ma una pro-pro nipote di Stalin in gonnella oggi la pensa in modo diverso, tanto che è riuscita a mandare a gambe all’aria anche una legge tanto incontrovertibile quanto tacita come quella della “maggioranza bulgara” o cubana che sia. L’aspetto più curioso e più amaro di questa vicenda sta nel fatto che laddove nulla poterono il grido dei poveri, le richieste di maggior libertà di espressione e di culto delle confessioni religiose, le pressioni internazionali, ci riuscì il potere gay. Nessuna autorità e nessuna rivendicazione ebbero mai il privilegio di fregiarsi del ruolo di “oppositore del regime”, ma il gender sì. Questo significa che dietro la battagliera Mariela si muovono le solite lobby omo e lei è solo la punta di lancia di un’offensiva planetaria che vanta risorse politiche ed economiche che noi tapini etero non riusciamo nemmeno ad immaginare. E’ il gay power ad essere oggi il vero leader maximo.