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Rifugiati

L’Unhcr rimpatria i congolesi fuggiti in Angola nel 2017

Un programma di rimpatrio volontario consentirà a 19.000 rifugiati di tornare nella Repubblica democratica del Congo, ma non è facile garantire loro un ritorno a casa sicuro e dignitoso

Migrazioni 11_02_2020

 

L’Unhcr sta organizzando il ritorno volontario di circa 19.000 cittadini del Congo Kinshasa rifugiati in Angola. Nel 2017, nella provincia congolese del Kasai devastata dai combattimenti, le violenze avevano messo in fuga 1,4 milioni di persone. Oltre 35.000 profughi avevano cercato rifugio in Angola. Di questi già 14,500, ospiti del campo di Lovua, sono tornati a casa a partire dall’agosto 2019 incoraggiati dalla progressiva stabilizzazione della situazione nel Kasai. L’Unhcr spera di concludere il rimpatrio dei rimanenti entro il primo quadrimestre del 2020. L’emozione del ritorno si esprime nelle parole di un uomo incluso nel primo convoglio che ha riportato a casa 2.500 rifugiati: “siamo felici di essere tornati nella terra dei nostri antenati. Faremo tutto il possibile affinchè i nostri bambini possano andare a scuola”. Si rallegrano anche i funzionari dell’Unhcr, lieti di riuscire a rimpatriare i loro assistiti dopo anni di esilio, ma al tempo stesso consapevoli delle difficoltà che attendono i nuovi arrivati: “tutti hanno bisogno di sostegno – ha spiegato Guening Massama – dobbiamo predisporre dei programmi di reintegrazione che includano anche gli sfollati e le popolazioni locali, se vogliamo che il loro ritorno a casa sia definitivo”. L’agenzia Onu fornisce loro del denaro, provvede alla loro registrazione, li aiuta nei trasporti per quanto possibile e tuttavia la situazione di molti è estremamente difficile. Una volta entrati in Congo, molti devono camminare per giorni, dormire per strada, trasportare a mano i loro beni e, una volta arrivate a destinazione, alcune famiglie non sanno dove andare, dove sistemarsi, dopo anni di assenza. Alexandra Stenbock-Fermor and Lubiana Gosp-Server, due giornaliste, hanno raccolto le loro storie. “Prima della guerra – racconta Chadrack Neta, padre di quattro figli – avevo una fattoria, avevo maiali, galline, pecore e molto altro ancora, ma ho saputo che mentre ero via della mia terra si è impadronito qualcuno e non so come fare per riaverla”. Al ritorno ha ricevuto del denato dall’Unhcr, ma lo ha usato per mandare a scuola i figli e adesso non sa come acquistare scarpe, vestiti e uniformi scolastiche per tutti, senza contare che una figlia ha bisogno di cure mediche costose e sua mglie dovrebbe essere ricoverata e visitata perché ha una pallottola nel corpo. Una donna, Assiya, rientrata in Congo con il Marito e tre figli, spiega anche lei che gli aiuti finanziari non bastano: “con il denaro che abbiamo ricevuto ho pagato quattro mesi di affitto, non sappiamo che cosa faremo dopo, perché di denaro non ne abbiamo più”. La conclusione dell’Unhcr è che la Repubblica democratica del Congo ha bisogno di più investimenti e aiuti nel suo sforzo di migliorare infrastrutture e servizi come le scuole e gli ambulatori se si vuole garantire ai rifugiati un ritorno sicuro e dignitoso.