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L'ultimo delirio di Fo: sant'Ambrogio era comunista

Sant'Ambrogio, il vescovo e patrono di Milano, che la Chiesa festeggia domenica, era "comunista". Lo dice Dario Fo che su questa idea farlocca ha scritto una commedia: Sant’Ambrogio e l’invenzione di Milano. La Rai lo trasmetterà in prima serata (Rai5): un omaggio (con i soldi nostri) al guitto più che al Santo.

Cinema e tv 04_12_2014
Dario Fo

Domenica 7 dicembre  sant’Ambrogio, vescovo di Milano e dottore della Chiesa.  Per la metropoli lombarda, la festa è un appuntamento religioso e civile: l’arcivescovo celebra nella bellissima basilica dedicata al Santo la sua omelia che quasi sempre è anche un messaggio “politico” alla città, alle sue istituzioni e agli uomini che la governano. Memorabili quelli del cardinale Martini che per l’occasione era solito impugnare lo staffile di Ambrogio (arma impropria per un santo ma così lo raffigurò nello stendardo san Carlo Borromeo: la frusta nella destra, il Pastorale nella sinistra) per mettere in riga sindaco e assessori. Che, a loro volta, sono soliti onorare il patrono distribuendo il 7 dicembre medaglie d’oro e onorificenza ai benemeriti cittadini che contribuirono, a parer loro, a diffondere il buon nome di Milano.

La cerimonia è preceduta da settimane di furiosi liti, polemiche e ripicche perché quasi mai le nomination vanno bene sia destra sia a sinistra. Eppure, alla fine un accordo si trova, cioè un fftty fifty partitico dei nomi da premiare: metà alla maggioranza e l’altra metà alla minoranza. Quest’anno, ad esempio, un Ambrogino d’oro sarà assegnato all’amministratore delegato del Milan Adriano Galliani, pareggiato da un altro all’ex presidente dell’Inter Ernesto Pellegrini. Premiato il Centro di iniziativa omosessuale dell’Arci Gay, ma pure la Faes, associazione Famiglia e Scuola dell’Opus dei. E ancora: Ambrogino alla Società musicale del Quartetto, ma anche al bluesman Fabio Treves; al quotidiano Il Giornale e per par condicio al foglio dei barboni "Scarp de Tennis". Così funziona da decenni a Milano questa fiera della bontà farlocca, dell’ipocrisia bipartisan e bisessuale. Chissà se Ambrogio, da lassù, lasciato il Pastorale in custodia a san Pietro, non sia tentato di fare una capatina in Comune e far schioccare ancora un po’ il suo staffile. 

Quest’anno, poi, il grande vescovo di Milano avrebbe qualche motivo in più per mettere mano alla frusta. Stavolta, però, Ambrogio dovrebbe dirigere il suo gatto a nove code contro la grande antenna della Rai, tirarla giù e bloccare la trasmissione di una pièce a lui dedicata, ma che certo gli andrà di traverso. Domenica 7, in prima serata, va in onda Sant’Ambrogio e l’invenzione di Milano, commedia del 2009, che Rai5 propone subito dopo l’inaugurazione della stagione scaligera con il Fidelio. E sapete chi firma e interpreta l’opera sul Santo? Dario Fo, il teatrante premio Nobel che deve la sua fama di attore a quel Mistero Buffo che lo consacrò artista e gran giullare. Delle sue ultime commedie, ci informa Repubblica, la Rai aveva mandato in onda solo Lo santo jullàre Francesco (lo scorso giugno) che aveva fatto un’audience inattesa: su RaiUno in prima serata 10.80% di share con punte del 12. «Ora Dario Fo», annuncia raggiante il quotidiano, «torna in televisione con un’antologia dei suoi ultimi lavori: quelli dedicati a santi, pittori e agli artisti che hanno segnato la storia d’Italia, occasione anche per rivederlo in scena insieme a Franca Rame». Quello sul patrono di Milano apre la serie.

Vabbè, sarà pure l’occasione, ma stando alle anticipazioni di Fo, stavolta ci sarà poco da ridere.  Ecco che dice il novantenne attore: «Sant’Ambrogio è una figura meravigliosa, diversa da quella della vulgata. Fu consigliere dell’imperatore Valentiniano quando Milano era capitale dell’Impero ma il suo ruolo fu fondamentale per i ceti più umili, s’impegnò per i poveri e gli sfruttati con opere sociali fondamentali anche per i secoli successivi. Era un progressista, contro le guerre che si impegnò a fermare». Ok, c’era da aspettarselo da uno come lui: se non sono no global o grillini (al partito di Beppe, altro guitto prestato alla politica, Dario ci è arrivato dopo un incessante rifugiarsi in tutti i sottoscala della politica: da Mussolini a Stalin, da Darwin a don Gallo, da Di Pietro a Grillo) non fanno parte della compagnia. E dopo aver arruolati nella sua filodrammatica rossa Gesù, san Francesco e l’attuale Papa, ecco che il buffoncello strappa anche ad Ambrogio la mitra  del vescovo per metterci il basco di Che Guevara.  Già, Ambrogio era un difensore di poveri e sfruttati, otto secolo prima che ad Assisi arrivasse san Francesco.

A questa certezza Fo è arrivato dopo aver studiato a lungo la vita e le opere del Santo, soprattutto dall’istante in cui il «il giovane consularis (governatore), senza trovarsi scaraventato al suolo da un fulmine come Paolo sulla via di Damasco, si lascia convincere dalla folla plaudente a buttare all’aria la toga da principe del foro e farsi tondere il cranio per meglio calzare la papalina da vescovo di Milano. In poche parole, da ateo agnostico si trasforma di punto in bianco in pastore di anime e rappresentante di Cristo fra gli uomini». Però, come il pastore diventò comunista, questo il Dario recitante mica lo spiega. Né come mai sant’Ambrogio è venerato dalla Chiesa come vescovo di grande fede, appassionato di Cristo, della sua Chiesa e degli uomini. 

Qualcosa di più, lo dichiarò tempo fa al settimanale Vanity Fair, che non è precisamente una prestigiosa rivista di critica letteraria. Ma è certamente il giornale giusto per lanciare la tesi da varietà del nostro Nobel Dario: Ambrogio, santo, vescovo e uomo di Chiesa aveva scoperto Marx mille e cinquecento anni prima della sua nascita. Ma va? Massì, scrive il comico: intanto, viene al mondo a Treviri, città tedesca, dove qualche secolo dopo nascerà anche Karletto. Dunque, Ambrogio, prima ancora di fare tutto quel che ha fatto, comincia col piede giusto: forse è l’acqua della fonte di Treviri che fa diventare marxisti chi ci nasce.  Poi, il santo sbarca nel 370 a Milano, vera capitale dell’impero e conquista un potere enorme. Il Papa sta a Roma, ma rivela l’agiografo Fo, conta una cippa. Atto terzo: «A Milano Ambrogio prende il Vangelo e dice che la proprietà è un furto, parla di sfruttamento. Dice che tutti hanno pari dignità, ricchi e poveri». Fa un casino tanto che «nasce il conflitto di classe e i padroni liberano gli schiavi». «Una rivendicazione del diritto di essere che ai tempi pareva più estrema di quanto nel ’68 fu il diffondersi del topless e del sesso libero. Le suore nella metà del 300 erano più a sinistra di Lotta Continua». Insomma, la fonte cui il piccolo Ambrogino ha attinto a Treviri continua a fare il suo bell’effetto rivoluzionario. Dunque, mica vero che la classe non è acqua. In quanto al topless e alle suore lottacontinuiste, beh qui è certamente vero che la grappa non è acqua. 

Lo staremo a vedere questo Ambrogio in versione dario-comunista, un vescovo che aveva «coraggio e determinazione per affrontare imperatori e generali».  Chissà se la lettura apocrifa di monsignor Fo sarà tanto convincente da far riaprire a storici e esegeti il "cold case" del vescovo di Treviri. Siamo dubbiosi, ma lui è sicuro: «servirà a fare giustizia di uno che ha saputo cambiare il corso della storia. La Rai aveva la registrazione da anni, ma mai che l’avesse mandata in onda. Probabilmente la Chiesa più conservatrice non ne è contenta». Ah, ecco, ci mancava l’happy end foffesco: il complotto clerical-fascista per far fuori l’Ambrogio comunista. La Rai ha già fatto ammenda per aver tenuto fuori dai suoi studi televisivi il guitto Fo, a lungo e ostinatamente, anche dopo il Nobel. Domenica lo riaccoglierà con tante scuse. Chissà se anche la Curia del cardinale Scola lo inviterà a raccontare la vera storia del Padre della Chiesa e di Milano ai seminaristi di Venegono? Pensiamo proprio di no.