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BASILICATA

L'ultima roccaforte rossa la abbattono i giudici

Gli arresti eccellenti in Basilicata mostrano il dilagare della corruzione nelle regioni nelle quali la politica non si rinnova e mantiene al potere sempre le stesse consorterie di potere.  Sembra che o per volontà degli elettori o per volontà dei giudici la sinistra sia condannata a una lunga traversata nel deserto per ritrovare identità e consenso.

Politica 07_07_2018
Il governatore lucano Pittella, ai domiciliari

Le ultime elezioni politiche e amministrative hanno intonato il de profundis alla sinistra italiana, marginalizzandola nello scacchiere politico perfino nelle sue roccaforti che sembravano inespugnabili, in particolare quelle del centro Italia (Umbria, Marche, Toscana). L’ultima roccaforte rossa che sembrava resistere era la Basilicata, terra d’origine dell’illustre e compianto membro dell’Assemblea Costituente, Emilio Colombo. Nella Basilicata, chiamata anche Lucania, il centrosinistra ha sempre raccolto percentuali elettorali bulgare e il centrodestra è sempre rimasto all’opposizione, peraltro senza rinnovare i suoi quadri dirigenti. Le incrostazioni di potere erano inevitabili e, come spesso succede nelle situazioni istituzionali prive di ricambio, le trame di corruzione e gestione privatistica delle risorse pubbliche prendono il sopravvento.

Ferma restando la doverosa presunzione di innocenza, valore di civiltà giuridica sancito all’articolo 27 della Costituzione, sembra che in terra lucana si stia scoperchiando un pentolone fatto proprio di clientele, favori, utilizzo improprio dei soldi pubblici.

Il “deus ex machina” di questo presunto sistema di gestione clientelare del potere pare essere proprio il governatore Marcello Pittella (Pd), tra i destinatari dell'ordinanza di misura cautelare eseguita ieri mattina dagli agenti della Guardia di finanza di Matera. L'inchiesta riguarda nomine e concorsi nella sanità lucana. Per Pittella il gip della città dei Sassi ha disposto gli arresti domiciliari. In carcere, invece, è finito il commissario straordinario dell'Azienda sanitaria provinciale di Matera, Pietro Quinto e il direttore amministrativo di quell’azienda, Maria Benedetto. Coinvolte a vario titolo altre 27 persone, tutte sospettate di aver commesso reati contro la pubblica amministrazione con particolare riferimento al mondo sanitario lucano e pugliese (agli arresti domiciliari anche il direttore generale della Asl di Bari, Vito Montanaro).

Le carte dell’inchiesta raccontano di "interessi privatistici e logiche clientelari", come dichiara il procuratore capo di Matera, Pietro Argentino. Concorsi pilotati col taroccamento di punteggi e distruzione dei verbali con i voti reali ottenuti dai raccomandati. Il giudice dell’inchiesta parla di "politica nella sua sempre più fraintesa accezione negativa e distorta, non più a servizio della realizzazione del bene collettivo, ma a soddisfacimento dei propri bisogni di locupletazione e di sciacallaggio di potere e condizionamento sociale>. In particolare il Presidente della Regione Pittella è accusato di abuso d’ufficio e concorso in falso. Anche altri parlamentari attuali ed ex parlamentari non più rieletti nelle file del Pd sarebbero toccati dall’inchiesta (anche se formalmente non indagati), che a quanto pare non può dirsi conclusa.

Dalla vicenda, pur senza cedere ad un becero giustizialismo, si possono ricavare una serie di insegnamenti generali e specifici. Anzitutto il dilagare della corruzione nelle regioni nelle quali la politica non si rinnova e mantiene al potere sempre le stesse consorterie di potere. La Basilicata, in questo caso, è emblematica. Anche negli anni in cui il centrodestra vinceva a livello nazionale, in Basilicata continuava a perdere. Sembrava quasi che non volesse neppure competere, considerando quella regione una fortezza inespugnabile della sinistra. In secondo luogo, l’ennesima batosta del Pd, che dopo aver perso elettoralmente le sue roccaforti toscane, umbre e marchigiane, ora soccombe in Basilicata sotto i colpi di un’inchiesta che svela un probabile diffuso malaffare nella gestione della cosa pubblica.

Sembra che o per volontà degli elettori o per volontà dei giudici la sinistra sia condannata a una lunga traversata nel deserto per ritrovare identità e consenso.

Infine, un’amara considerazione rispetto a una regione del sud come la Basilicata, che può vantare, oltre ai Sassi di Matera, innegabili tesori storici e archeologici e molteplici attrattive del turismo balneare (Maratea sul Tirreno e il meta pontino sullo Jonio). Probabilmente con una classe politica più sensibile al bene comune anziché ai propri interessi, e con un’alternanza destra-sinistra alla guida delle istituzioni regionali, sarebbe stato più facile sfruttare e ottimizzare quelle potenzialità, in larga parte inespresse. A novembre gli elettori lucani saranno chiamati alle urne per le elezioni regionali. Già prima di quest’inchiesta sembrava soffiare con forza il vento del cambiamento. Dopo ieri, il futuro politico della Regione Basilicata sembra davvero già scritto.