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IMMIGRAZIONE

L'Ue ha fretta di liberalizzare i visti con la Turchia

La Commissione Europea preme perché siano liberalizzati i visti per i cittadini turchi, come previsto dall'accordo sull'immigrazione dello scorso marzo. Ma Ankara non avrebbe le carte in regola sul rispetto dei diritti umani e neppure sugli aspetti tecnici. In futuro potrebbe essere ancora peggio.

Esteri 06_05_2016
Davutoglu, Tusk e Juncker

La Commissione Europea vuol bruciare le tappe e, pur con alcune riserve, raccomanda una rapida liberalizzazione dei visti per i cittadini della Turchia. Viaggiare senza visto permetterà ai turchi di recarsi liberamente nei paesi membri dell’Ue per affari e turismo, non per cercare un posto di lavoro. Apparentemente si tratta di una misura di buon senso, considerando che è una concessione data alla Turchia in cambio dell’ultimo accordo sul controllo dell’immigrazione. Tuttavia, nasconde molte insidie.

Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, si è congratulato con la controparte turca per “l’abbassamento del numero di migranti che attraversano il Mar Egeo”. Il vicepresidente Frans Timmermans, aggiunge che, sulla liberalizzazione dei visti “C’è ancora molto lavoro da fare, urgentemente, ma se la Turchia dovesse sostenere i progressi fatti, possono raggiungere tutti gli obiettivi rimanenti”. Gli obiettivi di cui parla riguardano aspetti politici e legali non secondari. Prima di tutto, la Turchia dovrebbe approvare una nuova legislazione per far fronte alla corruzione, in linea con le raccomandazioni dell’Ue. Dovrebbe rispettare i parametri europei anche nei campi delle leggi sulla protezione dei dati personali e sul terrorismo, accettare una cooperazione più stretta con l’Europol e una più stretta collaborazione con le magistrature dei paesi membri dell’Ue sulla giustizia criminale. Una piccola rivoluzione, insomma, viene considerata a portata di mano. I tempi sono molto stretti: la liberalizzazione dei visti potrebbe avvenire anche il prossimo luglio.

C’è però un problema non da poco: la Commissione raccomanda, ma non può decidere. In merito dovranno decidere i governi degli Stati membri e la questione sarà votata dal Parlamento Europeo. L’opposizione potrebbe anche essere maggioritaria, se non altro perché un governo estraneo all’Ue deve rispettare 72 criteri per ottenere la liberalizzazione dei visti, motivo per cui, anche per i paesi dell’Est ex sovietico, le frontiere sono sempre o quasi rimaste blindate per due decenni. In fatto di libertà religiosa, il parlamentare armeno Garo Paylan è stato pestato da altri parlamentari nazionalisti e islamisti solo perché “osava” ricordare i martiri del genocidio del 1915. In fatto di libertà di espressione, ad oggi 28 giornalisti sono in prigione; 49 sotto custodia; 53 sotto accusa per aver “diffamato” il presidente Recep Tayyip Erdogan o per “spionaggio”. E non si tratta solo di umoristi di dubbio gusto che lo accusano di essere pedofilo e aver a cuore le capre più degli uomini, bensì di seri giornalisti di inchiesta che sono stati messi sotto accusa per aver indagato su fatti scandalosi, come l’implicita collaborazione fra servizi e Isis.

Le vicende politiche turche di questi ultimi giorni dimostrano che la situazione interna stia peggiorando e non migliorando. Ieri il premier Ahmet Davutoglu ha annunciato le dimissioni, non per sfiducia parlamentare, ma perché ha osato contraddire il presidente Erdogan. E lo ha fatto in opposizione a una riforma costituzionale, promossa dal presidente, che conferirebbe ulteriori poteri al capo dello Stato a scapito del legislativo.

La questione sicurezza, inoltre, è ancor più inquietante. La Turchia non è solo un paese di transito di tutti gli jihadisti europei che vanno a combattere in Siria, ma è a sua volta una nazione in cui l’Isis alligna più che altrove. Se è difficile sapere il numero esatto di militanti, simpatizzanti e fiancheggiatori, sappiamo già con una certa sicurezza che più di 1000 jihadisti turchi sono andati a combattere in Siria e Iraq sotto le bandiere nere. Lo Stato Islamico ha rivendicato sette attentati in territorio turco l’ultimo anno. In tutti e cinque i casi, i terroristi erano cittadini turchi. La cellula di Adyaman è diventata, fra il 2014 e l’inizio del 2015, uno dei principali centri di reclutamento e fino al marzo dell’anno scorso ha goduto di una relativa, informale, impunità. La liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi renderà più o meno sicura l’Unione Europea?

Comunque, il presidente Erdogan minaccia che, in caso di mancata liberalizzazione dei visti, annullerà gli impegni presi sull’immigrazione. Forse solo questo avvertimento basta a spiegare il perché di tanta premura della Commissione Europea.