Lotta allo smog? Non basterà un blocco a vincerla
In questi giorni non si fa altro che parlare, a ragione, dell’alto livello di inquinamento che interessa molte città italiane. Un tasso di smog che, in molte metropoli, ha superato i livelli di guardia tanto da destare preoccupazione per la salute degli abitanti. Ma il blocco delle auto è la soluzione giusta? Serve davvero a ridurre l’inquinamento o rischia di non essere solo un feticcio ideologico sbandierato dai sindaci, spesso di sinistra?
In questi giorni non si fa altro che parlare, a ragione, dell’alto livello di inquinamento che interessa molte città italiane. Un tasso di smog che, in molte metropoli, ha superato i livelli di guardia tanto da destare preoccupazione per la salute degli abitanti. La soluzione, nella gran parte dei casi, è stata una limitazione della mobilità privata con provvedimenti che hanno spaziato dal blocco del traffico (a Milano dalle 10 alle 16 per tre giorni) alle targhe alterne (a Roma). Ma il blocco delle auto è davvero la soluzione giusta per contrastare il problema dello smog? Serve davvero a ridurre in modo effettivo l’inquinamento o rischia di non essere altro che un feticcio ideologico sbandierato dai sindaci, spesso di sinistra?
Che alti livelli di inquinamento siano pericolosi non ci piove, il lettore perdoni l’involontario doppio senso. A Milano il Pm10 ha superato il limite di 50 microgrammi al metro cubo (µg/m?) per 97 giorni nell’arco del 2015 a fronte di 35 consentiti e anche Roma, Torino, Napoli hanno ormai doppiato il numero di giorni di guardia. Frosinone guida la classifica delle città più inquinate d’Italia con un livello di Pm10 che ha superato i limiti per oltre cento giorni.
La materia è di per sé complessa e, per raccapezzarci, può essere utile dare andare a vedere quanto scritto da Andrea Trentini ed Enrico Engelmann nel loro “Arcipelago Area C”, interessante testo scientifico disponibile gratuitamente online (clicca qui). Analizzando i dati ufficiali dell’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente, Trentini ed Engelmann sono giunti a importanti conclusioni. Anzitutto ci danno una buona notizia: a Milano la concentrazione di gas pericolosi come il benzene, l’azoto, lo zolfo e il carbonio si è progressivamente ridotti negli ultimi decenni ed è oggi stabilmente sotto i livelli di guardia. Nello specifico il benzene è stabilmente sotto il limite di 5 µg/m?, l’azoto è di pochissimo superiore alla media annua di 40 µg/m?, ma molto al di sotto al livello massimo di 200 µg/m? consentito per 18 giorni, il monossido di carbonio va addirittura dai 0,5 ai 2 µg/m? contro un limite consentito di 10 µg/m?. Lo zolfo, poi, è passato da picchi di 1.200 µg/m? dei primi Anni ’70 ai livelli prossimi allo zero di oggi. Perfino le Pm10, con un andamento molto più irregolare, si sono tendenzialmente ridotte dal 2000 ad oggi.
Per quanto riguarda quest’ultimo inquinante i dati nazionali ci dicono che esso deriva per il 29% dal trasporto stradale, per il 25% da emissioni industriali e da centrali termiche, per il 15% da altre forme di trasporto (marittimo, aereo, ferroviario), per l’11% da impianti residenziali, commerciali, istituzionali 11%, per il 10% dai processi produttivi e per il 10% processi di combustione naturali. Vista così può sembrare che la mobilità sia preponderante, ma se scomponiamo il dato scopriamo che le autovetture inquinano solo per l’8% mentre il resto è dovuto alla mobilità pesante e ai mezzi pubblici, spesso molto datati. Non solo: se si guarda ai periodi di superamento del livello massimo di Pm10 si può notare come questo superino i livelli di guardi solo nel periodo compreso fra ottobre e aprile, cioè nel momento di accensione delle caldaie.
Nel periodo compreso fra maggio e settembre restano sempre sotto i 40 µg/m?, cioè al di sotto dei limiti di legge. I dati di Arcipelago Area C sono riferiti al 2010, ma sul sito della Città Metropolitana si possono trovare quelli, di fatto identici, riferiti al 2015 (clicca qui). E non è tutto: Engelmann e Trentini dimostrano che provvedimenti come la riduzione dei posteggi e i limiti di velocità a 30 km/h, sbandierati come perle ambientaliste, non fanno che aumentare l’inquinamento.
Che senso ha, da questo punto di vista, bloccare le auto per tre giorni come a Milano? O peggio ancora che senso ha lanciare proposte come quelle dei Verdi di Roma, che hanno suggerito al prefetto Tronca di bloccare la circolazione in “fascia verde” (il centro città) dei soli Suv, tipologia d’auto “colpevole” di inquinare il 60-70% in più delle auto tradizionali? A parte il fatto che ciò non è sempre vero (i Suv moderni inquinano meno di modeste Fiat di quindici anni fa) ci sarebbe da capire quale possa essere, da un punto di vista scientifico, la validità di un simile provvedimento dal momento che i suv sono una tipologia d’auto minoritaria. L’idea di bandirli dal centro non è di fatto altro che un provvedimento ideologico e demagogico, studiato più per colpire il ricco-inquinatore, che per migliorare una situazione che secondo gli esperti richiederebbe un blocco totale del traffico (mezzi pubblici inclusi) per almeno due settimane. Cosa ovviamente inattuabile a meno di non voler far somigliare Milano e Roma a Pyongyang.
Piuttosto che dar sfogo alla demagogia si dovrebbe dunque pensare a come risolvere la situazione da un punto di vista strutturale. Un primo passo potrebbe essere la riduzione della temperatura degli immobili pubblici e il rinnovo del parco dei mezzi pubblici. Mezzi terribilmente vecchi nonostante il biglietto sempre più caro (1,5 euro per la sola area urbana di Milano, con la stessa cifra in Francia si percorrono i 35 chilometri che separano Cannes da Nizza) e gli svariati miliardi di euro che derivano dalle nostre tasse dati alle società di trasporto. Ci sarebbe da domandarsi per quale motivo accade tutto ciò. Ma chiederselo solleverebbe dubbi che avrebbero bisogno di ben più di un articolo per essere sciolti.