Lotta alla povertà: il capitalismo è lo strumento più efficace
Prima dell’alba del capitalismo, circa 200 anni fa, il 90% della popolazione globale viveva in condizioni di povertà estrema. Oggi questa cifra è scesa al di sotto del 10%, grazie soprattutto ai progressi degli ultimi 35 anni. È aumentata l’aspettativa di vita. La stessa Cina dimostra ironicamente che il capitalismo è il miglior sistema economico per ridurre la povertà. Il “miracolo cinese” è avvenuto perché, dopo la morte di Mao, si sono avviate riforme di libero mercato e introdotti diritti alla proprietà privata.
È ormai un luogo comune diffuso, anche nel mondo cattolico, che la globalizzazione del capitalismo abbia condotto, negli ultimi 35 anni, ad un aumento inaccettabile della disuguaglianza. “I ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sono sempre più poveri” e per sanare questa ingiustizia vengono proposte soluzioni solo politiche di redistribuzione della ricchezza e cooperazione allo sviluppo. Lo shock economico provocato dall’epidemia di Covid ha ulteriormente rafforzato questa retorica. Rainer Zitelmann, storico e sociologo tedesco (finora noto in Italia solo per la biografia Hitler, edita da Laterza nel 1998), ribalta questa prospettiva. Rainer Zitelmann esce in Italia in questi giorni con La forza del capitalismo. Un viaggio nella storia recente di cinque continenti, edito da Istituto Bruno Leoni. In questo articolo originale, che riassume le tesi del suo lavoro, dimostra, cifre alla mano, come sia la globalizzazione del sistema capitalista il miglior strumento di lotta alla povertà. Un argomento molto solido, da un punto di vista storico ed economico, che un cattolico non dovrebbe ignorare (S. Magni)
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L’argomento pro-capitalista più importante, che dovremmo insegnare ai giovani, è che il capitalismo è il miglior sistema economico per ridurre la povertà. Prima dell’alba del capitalismo, circa 200 anni fa, il 90% della popolazione globale viveva in condizioni di povertà estrema. Oggi questa cifra è scesa al di sotto del 10%. Ed è particolarmente interessante che metà di questa riduzione sia avvenuta negli ultimi 35 anni, come dimostra Steven Pinker nel suo libro impressionante Enlightenment Now.
E sono esattamente gli stessi 35 anni in cui, secondo l’economista francese di sinistra Thomas Piketty, è aumentata la disuguaglianza nel mondo. Soprattutto, gli anti-capitalisti lamentano che i ricchi stiano diventando ancora più ricchi e che ci sono sempre più miliardari. In effetti, il numero dei miliardari è improvvisamente cresciuto negli ultimi 30 anni. Nel 2000 c’erano solo 470 miliardari nel mondo. Oggi, secondo Forbes, ce ne sono 2.153. Quel che i contestatori del capitalismo non riescono ad ammettere è che l’aumento del numero di miliardari nel mondo e la riduzione del numero di persone che vivono in povertà sono due facce della stessa medaglia: la globalizzazione del capitalismo.
Il progresso negli ultimi decenni è particolarmente evidente in termini di aumento dell’aspettativa di vita. L’aspettativa di vita alla nascita è aumentata nell’ultimo secolo più del doppio di quanto fosse aumentata nel corso dei 200.000 anni precedenti. La probabilità che un bambino, nato oggi, arrivi vivo all’età della pensione, è più alta rispetto a quella che un bambino delle generazioni precedenti avesse di compiere il suo quinto anno di vita. Nel 1900, l’aspettativa di vita media mondiale era di 31 anni, oggi è arrivata a 71 anni. Delle circa 8000 generazioni di Homo Sapiens, sin dall’emergere della nostra specie, circa 200.000 anni fa, solo le ultime quattro hanno vissuto un declino massiccio dei tassi di mortalità.
Negli ultimi 140 anni vi sono state 106 grandi carestie, ognuna delle quali è costata più di 100.000 morti. Il tasso di mortalità è stato particolarmente alto in Paesi socialisti quali l’Unione Sovietica, la Cina, la Cambogia, l’Etiopia e la Corea del Nord, Paesi in cui sono morte decine di milioni di persone a causa del trasferimento forzato dei mezzi di produzione dal privato al pubblico e l’uso della fame come un’arma. Il numero annuo di morti dovuto alle peggiori carestie crolla a 1,4 milioni negli anni Novanta, non da ultimo come risultato del collasso dei sistemi socialisti nel mondo e nella riforma cinese verso il capitalismo. Fino ad almeno il 1947, l’Onu aveva calcolato che la metà della popolazione mondiale fosse denutrita. Nel 1971 questa proporzione si era ridotta al 29%, dieci anni dopo era solo il 19%. Al 2016, la proporzione delle persone che soffrono di malnutrizione nel mondo è scesa all’11%.
Ogni volta che qualcuno mi chiede cosa abbia innescato una svolta così incredibile nella lotta contro la povertà globale, io do una risposta molto semplice: la morte di Mao Zedong, il 9 settembre 1976. Negli anni Cinquanta, 45 milioni di persone morirono a causa dell’esperimento del “Grande Balzo Avanti” di Mao Zedong in Cina. Parlo di questo tema in tutto il mondo e tutte le volte che chiedo al mio pubblico cosa sappia del costo umano della rivoluzione socialista di Mao, vedo che raramente qualcuno ne ha sentito parlare a scuola. I giovani hanno sentito molte cose sui “mali del capitalismo”, ma molto poco sui “mali del socialismo”.
Dopo la morte di Mao, la Cina ha iniziato ad adottare riforme di libero mercato e ha introdotto diritti di proprietà privata. L’imprenditoria privata è emersa e alcuni cinesi sono diventati estremamente ricchi, oggi vi sono più miliardari in Cina che in qualunque altro Paese nel mondo, ad eccezione degli Stati Uniti. Ma, e questo è l’importante, al tempo stesso, mentre aumentava il numero dei miliardari cinesi, più di 800 milioni di cinesi uscivano dalla condizione di povertà estrema.
È sorprendente prendere ad esempio la Cina per dimostrare la superiorità del capitalismo. La Cina è un Paese capitalista? Lo Stato non ha ancora un grande ruolo in tutti i settori della vita in Cina? Naturalmente sì, la Cina è ben lungi dall’essere un Paese capitalista puro. Lo Stato esercita ancora troppo controllo, perché lo si possa definire tale. Ma tutti i progressi che sono stati fatti in Cina negli ultimi 40 anni sono dovuti interamente al fatto che i cinesi abbiano gradualmente introdotto i principi del libero mercato e della proprietà privata, dunque più capitalismo. Visitando la Cina, ho parlato con l’economista Zhang Weiying e non poteva essere più chiaro: il miracolo economico cinese non è avvenuto “grazie allo Stato, ma nonostante lo Stato”.
Il capitalismo non è il problema, è la soluzione, specialmente quando si parla di lotta contro la fame e la povertà nel mondo. Ogni anno, la Heritage Foundation pubblica l’Indice di libertà economica, che classifica tutti i Paesi del mondo per misurare i progressi della libertà economica in tutto il mondo. Anno dopo anno, queste classifiche dimostrano che nessuno muore di fame nei Paesi con la maggior libertà economica. In stridente contrasto, la repressione economica porta alla fame e alla povertà, come abbiamo visto ancora in Venezuela, dove il 10% della popolazione è già emigrato per sfuggire alla fame sotto il regime socialista del Paese.