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SANTA SEDE

"L'Osservatore Romano" compie 150 anni

È l'occasione per una riflessione sulla storia, che il Papa - con un messaggio al Direttore Vian - non si lascia sfuggire. Ancora, Non praevalebunt.

Attualità 01_07_2011
"L'Osservatore Romano"

 

Oggi il quotidiano della Santa Sede, L’Osservatore Romano, celebra i centocinquant’anni dal primo numero, che uscì il 1° luglio 1861. Per ricordare questo anniversario, Benedetto XVI ha inviato al direttore del giornale, professor Giovanni Maria Vian, un messaggio non soltanto celebrativo, ma inteso sia a sottolineare il significato particolare del quotidiano sia a inquadrare la sua nascita nel contesto storico del 1861.

«Per un giornale quotidiano – scrive il Papa – centocinquant’anni di vita sono un periodo davvero considerevole, un lungo e significativo cammino ricco di gioie, di difficoltà, di impegno, di soddisfazioni, di grazia». L’anniversario, dunque, «è innanzitutto motivo di ringraziamento a Dio pro universis beneficiis suis: per tutto quello, cioè, che la sua Provvidenza ha disposto in questo secolo e mezzo, durante il quale il mondo è cambiato profondamente, e per quanto dispone oggi, quando i cambiamenti sono continui e sempre più rapidi, soprattutto nell’ambito della comunicazione e dell’informazione».

Ma non si tratta, appunto, di mera celebrazione. L’anniversario invita a cogliere «l’occasione per alcune riflessioni sulla storia e sul ruolo di tale quotidiano, chiamato abitualmente "il giornale del Papa". Siamo invitati, quindi, – come disse Pio XI [1857-1939], di venerata memoria, nel 1936, esattamente settantacinque anni fa –, a dare "una occhiata al cammino percorso e darne un’altra al cammino che resta da percorrere”, sottolineando soprattutto la singolarità e la responsabilità di un quotidiano che da un secolo e mezzo fa conoscere il Magistero dei Papi ed è uno degli strumenti privilegiati a servizio della Santa Sede e della Chiesa».

L’anno di nascita del quotidiano, il 1861 - che ovviamente è anche l’anno dell’unità politica dell’Italia – non è casuale. «L’Osservatore Romano - ricorda il Pontefice – ebbe origine in un contesto difficile e decisivo per il Papato, con la consapevolezza e la volontà di difendere e sostenere le ragioni della Sede Apostolica, che sembrava essere messa in pericolo da forze ostili». La percezione del pericolo non era infondata: dietro le azioni di uomini diversamente intenzionati s’intravvedeva la presenza del male nella storia. «Fondato per iniziativa privata con l’appoggio del Governo pontificio, questo foglio serale si definì "politico religioso", proponendosi come obiettivo la difesa del principio di giustizia, nella convinzione, fondata sulla parola di Cristo, che il male non avrà l’ultima parola. Tale obiettivo e tale convinzione furono espressi dai due celebri motti latini – il primo tratto dal diritto romano e il secondo dal testo evangelico – che, sin dal primo numero del 1862, si leggono sotto la sua testata: Unicuique suum e, soprattutto, Non praevalebunt .(Mt 16,18)».

Nel 1870 finì il potere temporale. Questa fine, ricorda Benedetto XVI riferendosi implicitamente ad altri interventi suoi e dei suoi predecessori sul tema, sarà «avvertita poi come provvidenziale» senza però che si possano negare anche «soprusi e atti ingiusti subiti dal Papato». La crisi del 1870, però, «non travolse L’Osservatore Romano, né rese inutili la sua presenza e la sua funzione. Anzi, un quindicennio più tardi, la Santa Sede decise di acquisirne la proprietà. Il controllo diretto del giornale da parte dell’autorità pontificia ne aumentò con il tempo prestigio e autorevolezza, che crebbero ulteriormente in seguito, soprattutto per la linea di imparzialità e di coraggio mantenuta di fronte alle tragedie e agli orrori che segnarono la prima metà del Novecento, eco “fedele di un istituto internazionale e supernazionale”, come scrisse il Cardinale [Pietro] Gasparri [1852-1934] nel 1922».

Il quotidiano fu così testimone diretto di tutti gli orrori del Novecento, un secolo che con le sue persecuzioni uccise da solo più cristiani dei diciannove secoli precedenti messi insieme. In quel secolo XX «si susseguirono allora avvenimenti tragici: il primo conflitto mondiale, che devastò l’Europa cambiandone il volto; l’affermarsi dei totalitarismi, con ideologie nefaste che hanno negato la verità e oppresso l’uomo; infine, gli orrori della shoah e della seconda guerra mondiale. In quegli anni tremendi, e poi durante il periodo della guerra fredda e della persecuzione anticristiana attuata dai regimi comunisti in molti Paesi, nonostante la ristrettezza dei mezzi e delle forze, il giornale della Santa Sede seppe informare con onestà e libertà, sostenendo l’opera coraggiosa di Benedetto XV [1854-1922], di Pio XI e di Pio XII [1876-1958] in difesa della verità e della giustizia, unico fondamento della pace».

L’atteggiamento fermo di fronte alle tragedie del Novecento conferì, anzi, al quotidiano vaticano una nuova e ulteriore autorevolezza. «Dal secondo conflitto mondiale – ricorda il Papa – “L’Osservatore Romano” poté così uscire a testa alta, come subito riconobbero autorevoli voci laiche e come nel 1961, in occasione del centenario del quotidiano, scrisse il Cardinale Montini, che due anni dopo sarebbe diventato Papa con il nome di Paolo VI [1897-1978]: “Avvenne come quando in una sala si spengono tutte le luci, e ne rimane accesa una sola: tutti gli sguardi si dirigono verso quella rimasta accesa; e per fortuna questa era la luce vaticana, la luce tranquilla e fiammante, alimentata da quella apostolica di Pietro. L’Osservatore apparve allora quello che, in sostanza, è sempre: un faro orientatore”».

Nella seconda metà del Novecento il giornale si è sviluppato e ha esteso la sua azione anche attraverso novità di carattere tecnico, che oggi si confrontano con le nuove tecnologie e con i problemi che queste creano a tutta la stampa quotidiana internazionale. In effetti, ricorda il Papa, «ha iniziato a circolare in tutto il mondo attraverso una corona di edizioni periodiche in diverse lingue, stampate non più soltanto in Vaticano: attualmente otto, tra cui, dal 2008, anche la versione in malayalam pubblicata in India, la prima interamente in caratteri non latini. A partire dallo stesso anno, in una stagione difficile per i media tradizionali, la diffusione è sostenuta da abbinamenti con altre testate in Spagna, in Italia, in Portogallo, e ora anche da una presenza in internet sempre più efficace».

"L’Osservatore" non è uguale agli altri giornali. Il suo primo scopo è riportare i testi ufficiali del Magistero pontificio. «Quotidiano “singolarissimo” per le sue caratteristiche uniche, L’Osservatore Romano, in questo secolo e mezzo, ha innanzitutto dato conto del servizio reso alla verità e alla comunione cattolica da parte della Sede del Successore di Pietro. Il quotidiano ha così riportato puntualmente gli interventi pontifici, ha seguito i due Concili celebrati in Vaticano e le molte Assemblee sinodali, espressione della vitalità e della ricchezza di doni della Chiesa». L’esistenza stessa del quotidiano ricorda così ai fedeli l’attenzione che devono – o dovrebbero – prestare al Magistero pontificio: un tema spesso poco compreso, ma di cui – aggiungo – La Bussola Quotidiana, senza duplicare il lavoro dell’Osservatore ma intervenendo con riassunti e commenti, cerca anch’essa quasi quotidianamente di farsi eco.

In secondo luogo, in un’epoca in cui i martiri sono diventati più numerosi che in passato, il quotidiano descrive quello che molti altri tacciono: «la situazione delle comunità cattoliche nel mondo, che vivono talvolta in condizioni drammatiche». Infine, non va dimenticato il contributo dell’"Osservatore" al dibattito culturale. In un tempo che il Papa descrive come «segnato spesso dalla mancanza di punti di riferimento e dalla rimozione di Dio dall’orizzonte di molte società, anche di antica tradizione cristiana», «il quotidiano della Santa Sede si presenta come un "giornale di idee", come un organo di formazione e non solo di informazione».

Oggi si trova di fronte a nuove sfide. «Perciò deve sapere mantenere fedelmente il compito svolto in questo secolo e mezzo, con attenzione anche all’Oriente cristiano, all’irreversibile impegno ecumenico delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali, alla ricerca costante di amicizia e collaborazione con l’Ebraismo e con le altre religioni, al dibattito e al confronto culturale, alla voce delle donne, ai temi bioetici che pongono questioni per tutti decisive». Dunque, «dopo centocinquant’anni di una storia di cui può andare orgoglioso, L’Osservatore Romano sa così esprimere la cordiale amicizia della Santa Sede per l’umanità del nostro tempo, in difesa della persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio e redenta da Cristo». Un giornale speciale, la cui storia è un esempio per tutti quanti collaborano a quell’«entusiasmante, impegnativo e benemerito servizio alla verità e alla giustizia» che consiste nel diffondere la parola del Magistero pontificio e nell’applicarla alla vita della Chiesa e della società.