L’Ordine richiama i medici che sproloquiano sui social
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Il gruppo di lavoro “Information and Communications Technology” della Fnomceo invita tutti i camici bianchi alla sobrietà nello spazio digitale, innanzitutto rispettando la privacy dei pazienti. Dopo il Covid, un richiamo necessario.
Tra le tante derive registrate con sgomento durante la pandemia di Covid-19 c’è senz’altro quella relativa all’uso smodato che alcuni virologi hanno fatto dei propri profili social. Su Facebook, Instagram, Twitter, Linkedin e altri canali hanno veicolato fake news e pubblicizzato i propri libri e le proprie opinioni spacciandole per oro colato. In questo modo hanno contribuito a disinformare e a disorientare, venendo meno anche ai propri doveri professionali, per esempio quello di perseguire interessi in conflitto con lo svolgimento del proprio lavoro. Inoltre, hanno utilizzato in maniera disinvolta le piattaforme web e social nelle comunicazioni con i pazienti, violando spesso la loro privacy e alimentando un dialogo virtuale anche quando sarebbe stato doveroso incontrarli e curarli in presenza.
Ecco perché è una buona notizia quella del richiamo, rivolto all’intera categoria dei medici, dal gruppo di lavoro “Information and Communications Technology” della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), che invita tutti i camici bianchi alla sobrietà nello spazio digitale, in particolare sui social, ma anche nelle comunicazioni via mail o via chat. Il documento si chiama “Raccomandazioni sull’uso di social media, di sistemi di posta elettronica e di instant messaging nella professione medica e nella comunicazione medico-paziente”. Le proposte di Raccomandazioni, che non costituiscono ancora la posizione ufficiale della Fnomceo, potrebbero essere una base di partenza, spiega la stessa Fnomceo, «per modificare e ampliare, anche con linee guida allegate, gli articoli del Codice Deontologico relativi all'Informatizzazione e innovazione, all'Informazione e Comunicazione, e alla Pubblicità sanitaria».
In particolare, l'invito dell’Ordine nazionale è a rispettare sempre la privacy e l'anonimato dei pazienti, soprattutto nella discussione di casi clinici, e a non diffondere dati sensibili, prestando attenzione a eventuali conflitti di interessi. I princìpi della deontologia medica devono dunque essere la bussola del lavoro dei medici anche quando stanno sui social. È vero che durante i lockdown era possibile comunicare con i pazienti solo attraverso le tecnologie; tuttavia questo non avrebbe dovuto in alcun modo rappresentare un’attenuante per compiere violazioni dei princìpi posti alla base della professione.
Ma vediamo nel dettaglio le regole che l’Ordine nazionale ha diramato nei giorni scorsi a proposito del rapporto virtuale tra i medici e i cittadini-pazienti e dello stile da utilizzare nelle esternazioni social. Anzitutto i camici bianchi dovrebbero prestare maggiore cautela nell’amicizia virtuale con i propri assistiti, evitando di intrattenere rapporti troppo stretti attraverso i social, e di fornire consigli clinici individuali, suggerendo cure senza visitare i pazienti (evitare in particolare le terapie via chat). Le Raccomandazioni riguardano anche l'impiego dei sistemi di posta elettronica nella comunicazione tra medico e paziente. Tra le indicazioni, quella di usare questa modalità di comunicazione solo nel caso di pazienti conosciuti; ottenere preventivamente il consenso previa un’adeguata informativa al paziente e richiedere di non usare questi sistemi nei casi di urgenza.
Quanto alle esternazioni sui social, i medici devono prevedere, se possibile, l'apertura di due profili, uno personale e uno professionale. Rispetto ai contenuti da veicolare, devono sempre assicurarsi della validità scientifica dei contenuti diffusi attraverso i post. Scrivere di salute, con particolare attenzione alla prevenzione e alla lotta alle fake news, è una missione molto delicata, che va orientata ad un obiettivo cruciale: aumentare la consapevolezza del cittadino e le sue conoscenze sanitarie.
Durante il Covid, spessissimo immunologi, virologi, epidemiologi e altre categorie di specialisti, oltre che occupare stabilmente gli studi televisivi, hanno diffuso messaggi allarmistici attraverso i propri profili social, sfruttandoli in maniera propagandistica e senza valutare gli effetti che quei messaggi avrebbero potuto generare su persone vulnerabili e fragili. Tutto questo non dovrebbe mai più accadere perché determina comportamenti sbagliati e psicosi collettive difficili da gestire.
Il profilo social professionale non deve ospitare dati sensibili (incluse le immagini) riconducibili in qualche maniera ai pazienti, ma solo informazioni generali riguardanti la salute, la pratica clinica, l’informazione scientifica e i link ad altri siti web, rimandando la discussione tra colleghi ai social network professionali e alle comunità online frequentate esclusivamente dai medici con accesso tramite registrazione, username e password.
Il fatto che l’Ordine abbia dovuto puntualizzare questi aspetti relativi alla condotta dei suoi iscritti nello spazio digitale la dice lunga sul ritardo che la comunicazione medico-scientifica ha accumulato nel nostro Paese.