L’omosessualità “da ristudiare”, l’astuto lascito di Chiavacci
Nel 2010 l’influente teologo moralista Enrico Chiavacci pubblicava un articolo in cui invitava a reimpostare la visione cattolica sull’omosessualità. Un articolo che ha fatto scuola, malgrado i suoi punti problematici.
Sulla Rivista di Teologia Morale, numero di luglio-settembre 2010, il teologo moralista Enrico Chiavacci (1926-2013), figura di grande influenza sulla teologia morale italiana, dedicava un articolo all’omosessualità che suonava come un invito lasciato in eredità: sarebbe morto solo tre anni dopo, nel 2013. L’invito riguardava la necessità di ristudiare l’omosessualità e di reimpostare la visione tradizionale cattolica al riguardo: Omosessualità. Un tema da ristudiare, questo il titolo.
In questo suo articolo, da intendersi appunto come un “lascito”, Chiavacci descriveva come l’omosessualità si presenti con molte sfumature e come ci sia stata una tradizione millenaria di disprezzo nei confronti delle persone omosessuali, anche all’interno della Chiesa e da parte dei cristiani. A suo parere ci sono stati anche alcuni motivi di ripensamento, tra i quali egli annoverava la nuova impostazione del Vaticano II circa «l’amore coniugale come valore in sé» indipendentemente dalla procreazione, e la cancellazione dell’omosessualità dalle psicopatologie perché si tratterebbe di una «condizione innata e irreversibile».
A queste considerazioni fa seguito la proposta di una nuova visione di legge naturale che, secondo Chiavacci, non è un «dato fisso e immutabile», ma che varia «con l’evoluzione della specie umana nelle varie aree ambientali e culturali» e anche «tra individuo e individuo nelle complesse strutture cerebrali e nella loro interrelazione». Ricordo che nel 2009 veniva pubblicato lo studio della Commissione Teologica Internazionale dal titolo Alla ricerca di un’etica universale, nuovo sguardo sulla legge naturale, redatto per volontà di Benedetto XVI e che aveva contribuito a rinfocolare la discussione sulla legge naturale. Infatti, anche il “forum” del numero della Rivista di cui stiamo parlando tratta il problema, nel presupposto diffusamente assunto che la classica versione della legge naturale sia ormai superata e improponibile.
L’interesse rivestito dall’articolo di Chiavacci, e di conseguenza il motivo per cui qui lo ricordo, deriva da tre aspetti che erano problematici allora e lo sono tuttora. La nuova impostazione del Vaticano II circa l’amore coniugale come valore in sé non elimina la finalità procreativa come intrinseca a questo amore. Chiavacci non citava nemmeno l’enciclica Humanae vitae. Il cosiddetto fine “unitivo” della sessualità coniugale richiede la finalità procreativa se vuole essere veramente unitivo e non strumentale. Sostenere che è un «valore in sé» anche senza finalità procreativa, anche quando non ci sarebbero impedimenti fisiologici, apre all’omosessualità, con una domanda: «Questo dono totale e reciproco può essere presente in una relazione omosessuale, quando le due persone in questione non abbiano altra possibilità di esprimerlo diversamente?». La forzatura dell’analogia qui ipotizzata è evidente.
Il secondo aspetto critico riguarda la valutazione della derubricazione dell’omosessualità dall’elenco delle psicopatologie, per cui non sarebbe più una “malattia”, dato che, come sottolinea l’articolo, sarebbe innata e irreversibile. A questo proposito mi limito a segnalare come non si possa essere affatto certi che quella decisione delle organizzazioni mediche interessate non sia stata influenzata da pressioni ideologiche o di lobby.
L’ultima perplessità riguarda la nuova visione della legge morale naturale che non tiene conto di come nella sua versione classica essa mantenga sia il suo aspetto definitivo sia l’applicazione storica prudenziale.
Considerando quanto è successo dopo il 2010, sembra di poter dire che articoli di questo genere non avevano previsto la valanga successiva su questi problemi, oppure essi stessi l’avevano innescata, sebbene in quel momento solo con alcune domande e con un invito a ripensare complessivamente il tema.
Stefano Fontana