Locke e l'individualismo possessivo
Secondo Locke la proprietà non riguarda solo i rapporti con le cose, ma anche il rapporto della persona con sé medesima. Un individualismo possessivo dalle gravi conseguenze giuridiche, politiche e morali e da cui nasce il principio di autodeterminazione nel quale oggi si fa consistere addirittura la dignità della persona.
John Locke è ritenuto il padre di un liberalismo sottomesso alla legge naturale e a Dio, ossia di una società liberale ma non senza presupposti indisponibili e, quindi. Compatibile con il cristianesimo. Il liberalismo lockiano non avrebbe niente a che fare col soggettivismo di certe democrazie liberali di oggi che hanno dimenticato quei presupposti. A chi sostiene questa tesi sfugge però un punto del suo pensiero politico.
Come si sa, Locke pensava che nello stato di natura l'uomo avesse, tra gli altri, il diritto alla proprietà e che questo diritto egli portasse con sé anche nello stato di società, assieme al diritto alla vita e alla libertà. Ecco perché viene considerato il fondatore del pensiero liberale. Il fatto è che secondo lui la proprietà non riguardava solo i rapporti con le cose, ma anche il rapporto della persona con sé medesima. La persona è proprietaria di se stessa ed esercita un dominio e una autorità su se stessa in modo che solo essa può avere dei diritti su di sé. Si tratta di un individualismo possessivo dalle gravi conseguenze giuridiche, politiche e morali.
Nasce qui il principio di autodeterminazione nel quale oggi si fa consistere addirittura la dignità della persona. La personalità è vista ora come un'opera d'arte prodotta dalla volontà e dalla libertà senza regole. L'uomo crea la propria persona come il coltivatore un giardino e si percepisce come prodotto e costruito da se stesso. Egli può quindi vantare solo diritti soggettivi, a cominciare dal diritto ad essere ciò che egli vuole, dato che la sua autocoscienza è padrona di se stessa, mentre non può accettare doveri, che avrebbero la loro origine fuori di sé. L'autonomia dell'uomo è ordinata alla realizzazione di sé e non più all'applicazione dei precetti della legge naturale o divina.
Le conseguenze sono davanti ai nostri occhi. Qualsiasi legge perde di significato e la comunità politica, che si regge sulla visione in comune dei fini, va in rovina. Il diritto e la morale si fondano sulla volontà degli uomini e le nuove regole di vita diventano l'autonomia, l'autodeterminazione, l'autosufficienza, l'autorealizzazione. Il desiderio di essere autonomo prevale sul desiderio di essere buono.
Considerando questo punto del pensiero di John Locke, la corrente visione della sua proposta politica cambia. Egli avrebbe posto un principio – quello dell’individualismo possessivo o autodeterminazione – che avrebbe nel tempo fatto piazza pulita di ogni dimensione indisponibile. Del resto, è vero che egli ha scritto un libro sulla legge naturale e che negava il diritto a professare le proprie idee solo agli atei, ma non per questo cessava di essere un contrattualista, ossia a ritenere che la società non nasca da un presupposto naturale (o divino) ma pattizio.
Stefano Fontana