Lockdown, risposta errata a un virus che non si vuole curare
Non si vuole tenere conto che il virus può essere affrontato e curato anche senza lockdown. Invece il governo continua a mettere paura indiscriminatamente a tutti senza nessuna campagna preventiva per i soggetti a rischio. L’attuale recrudescenza di casi non è una seconda ondata, ma la coda dell’epidemia di Covid, un virus che era stato quasi debellato ma ha continuato ad esistere nascosto in qualche serbatoio animale. La vera epidemia era durata un mese e mezzo, ora ci sono tutte le possibilità per arrivare ad uguali risultati, nonostante l’impreparazione indecente del sistema sanitario. Occorrerà mettere in campo nuove strategie, a partire da un rafforzamento indispensabile e inderogabile della medicina territoriale.
Ancora una volta il governo di Giuseppe Conte ha individuato un solo modo di affrontare il Covid: il più devastante, il più dannoso per l’economia e di conseguenza per la salute delle persone: il cosiddetto lockdown, ovvero la serrata, la chiusura in casa. Una scelta non solo di grande sofferenza per la gente, ma anche di dubbia validità scientifica. La si può confrontare con altri modelli adottati in altri Paesi, come la Svezia o la Germania.
L'Italia è ad oggi il tredicesimo paese al mondo per numero di casi totali e il sesto per numero di decessi. Il modello italiano di lockdown - lo sappiamo bene - è stato copiato da quello cinese. Tuttavia se oltre la Grande Muraglia sembrerebbe avere funzionato, in Italia si direbbe di no, visti i dati di marzo e aprile. Tuttavia, da un certo momento, le cose cambiarono. Il grafico che riportiamo (fonte ISS) è molto esplicativo. Possiamo osservare che l’epidemia si diffuse in modo estremamente rapido: dopo gli inizi di fine febbraio, la diffusione del virus, con relativi ricoveri e decessi, “esplose” nel mese di marzo. Un mese terribile.
Poi, già da aprile, la curva cominciò inesorabilmente a scendere. Da maggio, poi, la curva dei contagi, dei ricoveri, delle morti, precipita fino ad azzerarsi. Tutto merito del lockdown? Evidentemente no. Ma c’è una’osservazione importante da fare. Con il DPCM del 16 maggio 2020 il Presidente Conte annunciava al Paese l’inizio della Fase 2, dal 18 maggio sino al 14 giugno 2020. In questa fase ripresero molte attività commerciali al dettaglio, inclusi bar, ristoranti e parrucchieri e si annullarono alcune restrizioni, quali isolamento sociale e spostamento regionale. Venne eliminata definitivamente anche l’autocertificazione che si sarebbe dovuta esibire alle autorità competenti..
I "soloni" del Comitato Tecnico Scientifico, ai primi di maggio, strepitarono contro queste concessioni di libertà: dichiararono che entro giugno ci sarebbero stati 150.000 malati che avrebbero fatto collassare gli ospedali. Non avvenne così: anzi, come si può notare dal grafico, i numeri continuarono imperterriti a precipitare, nonostante la fine del lockdown. Alla fine di giugno i morti erano in media 5 al giorno, le terapie intensive vuote, e i reparti ospedalieri erano tornati ad una attività normale.
Cosa era successo? Molte cose. In primo luogo si era cominciato a somministrare cure efficaci, nonostante l’implacabile negazionismo che negava (e nega tuttora, contro tutte le evidenze) che ci potessero essere delle cure. Nel frattempo erano state avviate esperienze di assistenza domiciliare, dimostrando che un paziente con febbre e tosse non deve necessariamente essere portato in ospedale, anzi: non deve proprio esservi portato. Inoltre, era arrivato un fenomeno naturale di estrema importanza, ovvero il rialzo delle temperature, un fattore di cui avevamo parlato anche sulle colonne della Bussola, un fattore - anche in questo caso - ostinatamente negato dalle autorità.
Il grafico dell’ISS si ferma alla fine di giugno, ma la curva dei mesi estivi, luglio, agosto e settembre, vedono un andamento analogo. Poi, con l’arrivo dell’autunno, e il conseguente abbassamento delle temperature, ecco le curve dei contagi e dei decessi risalire, come accade normalmente per tutte le malattie a trasmissione aerea. Ma il governo, nelle sue approssimative analisi dell’epidemia, non ha fatto altro che colpevolizzare i rapporti sociali, i ragazzi della movida e dei pub. Una tesi utile a giustificare le progressive restrizioni, fino al lockdown totale.
Ma se questi ragazzi erano in giro fin da maggio, e per tutta l’estate, come mai il virus non si era già diffuso dalle spiagge alle discoteche? Non dimentichiamo che il tempo di incubazione è brevissimo, i primi sintomi possono comparire due giorni dopo il contatto col virus. Perché non ci sono stati allora focolai epidemici? Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: il virus può essere affrontato e curato, anche senza lockdown. Occorre certo una buona igiene personale e pubblica, occorre ancora un distanziamento precauzionale, e occorre anche potenziare i fattori favorenti il benessere fisico, psichico e sociale, che invece il lockdown deprime. L’attività fisica all’aria aperta, l’esposizione alla benefica luce solare, tutto questo è un alleato della salute.
Il governo continua a mettere paura indiscriminatamente a tutti, dai bambini agli anziani, e in questi mesi non ha messo in atto nessuna campagna preventiva per i soggetti a rischio, che sono i portatori di patologie croniche, i soggetti sovrappeso, i fumatori. Nessun intervento preventivo, nessuna indicazione né consiglio: solo terrore indiscriminato. L’unica forma di prevenzione del contagio per il governo sarebbe la chiusura in casa, l’azzeramento dei contatti sociali. Un metodo, come abbiamo dimostrato, che non si è certo rivelato il più efficace.
C’è tuttavia un’ultima considerazione da trarre dal grafico della cosiddetta “prima ondata”, cosiddetta perché in realtà l’attuale recrudescenza di casi non è altro che la coda dell’epidemia di Covid, un virus che era stato quasi debellato ma ha continuato ad esistere, magari nascosto in qualche serbatoio animale, come aveva segnalato a suo tempo lo scienziato Matteo Bertelli, e come ora sembrano avere documentato in Danimarca.
Possiamo notare che la curva epidemica aveva visto una sorta di esplosione rapidissima, ma che in seguito è altrettanto nettamente decaduta. La vera epidemia era durata un mese e mezzo. Ora ci sono tutte le possibilità per arrivare ad uguali risultati, nonostante l’impreparazione indecente del sistema sanitario. Certo, occorrerà mettere in campo nuove strategie, a partire da un rafforzamento indispensabile ed inderogabile della medicina territoriale, ma i catastrofisti potrebbero presto essere smentiti dai fatti.