Lockdown: gli italiani sono i più reclusi del mondo
Tutto il mondo si chiude di fronte al dilagare del coronavirus. Ma c’è qualcuno che è più chiuso degli altri: dove per lockdown si intende l’ordine impartito ai cittadini di stare chiusi in casa, l’Italia ha adottato le misure di lockdown più rigide del mondo e attualmente è l’unico Paese realmente paralizzato.
Tutto il mondo si chiude di fronte al dilagare del coronavirus. Ma c’è qualcuno che è più chiuso degli altri: dove per lockdown si intende l’ordine impartito ai cittadini di stare chiusi in casa, l’Italia ha adottato le misure di lockdown più rigide del mondo e attualmente è l’unico Paese realmente paralizzato.
La Spagna, che era il Paese europeo con le misure più rigide di segregazione di massa assieme all’Italia, da ieri ha riaperto i cantieri e molte aziende considerate “non essenziali”. La Spagna e l'Italia erano le uniche due nazioni in tutta Europa che avevano anche sospeso la produzione di beni e servizi non essenziali. Da oggi, solo l'Italia mantiene l'ordine di chiusura di gran parte della sua attività produttiva.
La Francia, ha adottato misure restrittive simili a quelle italiane anche se sport solitari e passeggiate sono generalmente permesse fino a 1 km da casa propria, salvo ulteriori divieti imposti a livello comunale. Attualmente sono ancora in vigore, ma verranno ritirate l’11 maggio, giorno in cui Macron ha preannunciato anche la riapertura delle scuole (cosa che in Italia non avverrà). Misure simili anche in Belgio, dove i cittadini non possono lasciare i loro comuni di residenza e possono uscire di casa solo per andare al lavoro, al supermercato, in farmacia o in banca. Ma le attività fisiche continuano ad essere consentite. Misure che però (salvo contrordini) dureranno meno che in Italia: fino al 19 aprile. Il Regno Unito, dopo aver previsto una strategia più liberale di rallentamento del virus, dal 23 marzo è entrato in lockdown. Ma gli inglesi non sono chiusi in casa come gli italiani: nei giardini possono andare e possono praticare sport se sono da soli o con persone con cui convivono sotto lo stesso tetto. Anche gli olandesi, che pure fino a marzo inoltrato avevano deciso di non ricorrere a misure drastiche, hanno imposto il lockdown. Che però si traduce più in una serie di raccomandazioni (state a casa il più possibile e non invitate più di 3 persone) che in un arresto domiciliare di massa. In Austria, il lockdown è finito ieri, i cittadini tornano liberi dopo poco più di due settimane. In Finlandia sono stati posti limiti agli spostamenti interni, ma è sempre consentito uscire di casa. La Norvegia, che ha blindato i confini, ha ordinato la chiusura di scuole e luoghi pubblici. Da Pasqua le scuole sono riaperte. La Svezia sta ancora adottando una delle strategie più liberali d’Europa, limitandosi a vietare gli assembramenti di più di 50 persone. Anche la Danimarca, che ha chiuso scuole, teatri, biblioteche e altri luoghi pubblici, non ha segregato i suoi cittadini in casa e dal fine settimana di Pasqua ha riaperto le scuole.
Vi sono poi Paesi che non hanno imposto una strategia nazionale contro l’epidemia, ma lasciano che queste vengano adottate da autorità locali. Il macro-caso è quello degli Stati Uniti, in cui Trump è esplicitamente contrario al lockdown (e da ieri sta chiedendo di scavalcare le autorità statali per poter imporre una rapida riapertura), ma quasi tutti gli Stati lo stanno imponendo ai loro cittadini. Quasi, perché 6 Stati non hanno mai chiuso nulla: Nord e Sud Dakota, Nebraska, Arkansas, Oklahoma e Iowa. Fino alla fine di marzo, anche New Hampshire, West Virginia, New Mexico, Utah, Nevada, Alaska e Hawaii avevano posto restrizioni molto limitate, ma non ordini di “restare a casa”. Idem dicasi per la Svizzera, Paese federalista alle porte di casa, dove non esiste una strategia su scala nazionale: mentre il Canton Ticino italofono ha deciso di seguire misure simili a quelle italiane, nella maggioranza dei cantoni tedeschi non c’è lockdown. La Germania (federale, con regole che cambiano a seconda dei Land) non ha applicato nulla di simile al nostro lockdown. Anche il fine settimana di Pasqua è trascorso con i tedeschi all’aperto, a prendere il sole e fare sport nei loro parchi. Nel Baltico, dopo aver vinto una causa legale, i cittadini del Meclemburgo sono anche andati a fare i primi bagni e a prendere il sole in spiaggia. In generale sono chiusi i luoghi pubblici in cui è più probabile che si creino assembramenti, come bar, locali, impianti sportivi, ma le aziende sono in gran parte libere di continuare a lavorare.
Misure più blande sono adottate in Paesi dell’Europa centrale e orientale. In Ungheria non c'è un lockdown nazionale, ma viene spesso imposto l’ordine per i cittadini di restare a casa (se non per uscite di stretta necessità) e in alcuni casi la quarantena può essere obbligatoria. Nella vicina Repubblica Ceca sono chiuse solo alcune attività e sono stati limitati gli accessi al Paese. Da Pasqua, ha riaperto praticamente tutto. In Slovacchia, sono vietati gli eventi pubblici e le frontiere sono state chiuse. Non c'è lockdown, ma sono state rese obbligatorie le mascherine per quando si esce di casa. In Polonia c'è un lockdown nazionale, ma si può uscire di casa da soli o in coppia (ed è obbligatorio indossare i guanti nei supermercati). Il 10 maggio si voterà comunque per le elezioni nazionali. In Croazia non c'è lockdown, si raccomanda di evitare assembramenti. In Lituania e Lettonia le scuole sono chiuse ed è stata adottata una politica di lockdown, ma lo sport all'aperto è possibile, con precauzioni. In Estonia, oltre alla chiusura dei confini, non c’è un lockdown nazionale, solo misure restrittive per negozi e trasporti. La Russia, che finora ha registrato casi soprattutto nella capitale, ha chiuso i cittadini nella sola Mosca.
Sono meno comparabili le realtà extra-europee, sia per le grandi differenze nella loro società che per la minor diffusione del virus, in proporzione, rispetto ai Paesi occidentali. I Paesi dove i cittadini restano più liberi di muoversi sono e restano le democrazie dell’Asia orientale, che per prime sono state contagiate: Corea del Sud, Taiwan, Singapore e Giappone. Strategie simili (test di massa e tracciamento dei contagi) sono state adottate anche in Israele, dove è stato imposto un lockdown solo parziale.
Lungi dall’essere esaustivo questo elenco non sarebbe completo se non si guardasse anche all’effetto pratico di queste misure. Ebbene, Google, con una raccolta dati in tutto il mondo, ha misurato quanto si siano ridotti i movimenti delle persone, nei vari ambiti. Da qui apprendiamo che il movimento degli italiani per motivi di lavoro si è ridotto del 62%, attualmente la percentuale più alta del mondo (dopo la riapertura della Spagna, unica che ci batteva fino a ieri). Nella maggioranza dei Paesi europei la percentuale di cittadini che non si recano più al lavoro è inferiore al 50%. In Germania gli spostamenti verso i luoghi di lavoro sono appena il 30% in meno, in Danimarca e Svezia il 25% in meno, per non parlare delle democrazie asiatiche, come Taiwan, Singapore, Corea del Sud e Giappone, dove le abitudini di lavoro sono cambiate per circa il 10% della popolazione attiva. Verso parchi, spiagge e giardini, in Italia c’è un calo di movimento del 95%. Anche qui: siamo primi al mondo per immobilità, basti pensare che in altri Paesi colpiti, come Giappone, Norvegia, Ungheria, Slovacchia, Olanda, Svizzera, nei Paesi Baltici, in Germania, in Svezia e in Danimarca, si registra un aumento delle persone che si svagano all’aperto, in particolar modo in Danimarca con percentuali oltre il 100%. Verso supermercati e farmacie, l’Italia registra un calo di mobilità dell’82%, anche qui una cifra da record mondiale.
Eppure l’Italia, ancora oggi, è un Paese con la percentuale di morti in rapporto alla popolazione fra le più alte del mondo (ci superano solo la Spagna e il Belgio, più alcune micro-realtà come Andorra e San Marino). E non per colpa di chi fa il “furbetto” della spesa o il “runner” che è ormai razza estinta.