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CRISI DIPLOMATICA

Lo zampino francese nel sentimento antitaliano in Libia

Il parlamento di Tobruk ha dichiarato l’ambasciatore italiano Giuseppe Perrone “persona non gradita”. Un attacco che molti osservatori considerano “guidato” da Parigi e che punta a soffocare le aperture tra Roma e il governo di Tobruk apertesi già con il precedente governo italiano

Editoriali 11_08_2018

Il successo dell’iniziativa politica italiana a sostegno del governo riconosciuto dalla comunità internazionale di Fayez al-Sarraj e a favore della riconciliazione nazionale ha ottenuto un “pesante endorsement” dal presidente statunitense Donald Trump ma non ha certo domato la “concorrenza”, soprattutto francese, per l’influenza sulla nostra ex colonia.

Se Washington ha riconosciuto la leadership italiana in Libia e nel Mediterraneo sostenendo il progetto di puntare a riconciliare le diverse fazioni libiche prima di indire le elezioni presidenziali e parlamentari, il progetto opposto di Parigi sembra avere ancora buoni sostenitori soprattutto nella Cirenaica del generale Khalifa Haftar.

In un documento datato 8 agosto del Comitato affari esteri del parlamento di Tobruk, pubblicato dal giornalista libico Faraj Aljari, il parlamento di Tobruk ha dichiarato l’ambasciatore italiano Giuseppe Perrone “persona non gradita”.

Nel documento si condannano “nei termini più forti” le dichiarazioni rilasciate dall’ambasciatore “a un’emittente satellitare” sulle elezioni in Libia, “in cui ha chiesto con insistenza di rinviare le elezioni”, che la mediazione di Parigi voleva indire entro dicembre favorendo guarda caso Haftar o un “suo” candidato (forse  il figlio di Muammar Gheddafi, Saif ?), considerate una “flagrante interferenza negli affari interni della Libia, una violazione pericolosa alla sovranità nazionale e un’aggressione alla scelta del popolo libico. Un’offesa che richiede le scuse italiane”, si legge nel documento.

Un attacco che molti osservatori considerano “guidato” da Parigi e che punta a soffocare le aperture tra Roma e il governo di Tobruk apertesi già con il precedente governo italiano (incontri tra Haftar e i ministri Pinotti e Minniti) e consolidatesi con l’apertura di un consolato onorario italiano a Tobruk.

L’impegno annunciato lo scorso maggio a Parigi dai mediatori francesi ma non sottoscritto da nessuno dei leader libici presenti (oltre ad Haftar e al Sarraj anche il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aquila Saleh, o da quello dell'Alto Consiglio di Stato di Tripoli, Khalid al-Mishri), prevedeva di approvare "una base costituzionale entro il 16 settembre" e di "tenere elezioni parlamentari e presidenziali il 10 dicembre".

A fine di luglio il parlamento di Tobruk non ha votato, dopo due giornate di lavori, la legge necessaria per tenere un referendum sulla bozza di Costituzione approvata nel 2017 dall'assemblea costituente. Il voto è stato rinviato di due settimane ma anche se la legge venisse approvata, si dovrebbe istituire un referendum, approvare una legge elettorale e organizzare il voto.

Anche se ci fossero le condizioni politiche (e attualmente non ci sono), mancherebbero comunque i tempi tecnici per in simile processo come sottolinea l’intervento italiano che, prendendo tempo, punta a sanare le tensioni tra Tobruk e Tripoli.

Del resto Fayez al Sarraj sta consolidando il suo governo soprattutto grazie all’Italia. Militari italiani e mezzi navali italiani aumentano le capacità libiche di contrastare l’immigrazione illegale e controllare le coste mentre l’intesa tra Tripoli ed ENI aumenterà presto la disponibilità di energia elettrica per abitazioni e siti produttivi.

Un rafforzamento che sta indebolendo l’opposizione interna alla Tripolitania, guidata dai Fratelli Musulmani e dall’ex premier di Tripoli Khalifa Ghwell, sostenuto da Qatar e Turchia.

Non a caso Haftrar ha chiesto la cacciata dalla Libia di turchi e qatarini che sostengono i movimenti islamici (tutti definiti “terroristi” dal generale di Tobruk) ma anche dell’Italia, unico vero sponsor attivo del governo di Tripoli il cui sostegno è per noi necessario sia per gli interessi energetici (i terminal del gas di Melitha) sia per il con trasto all’immigrazione illegale.

Non stupisce quindi che Haftar torni ad agitare il sentimento anti-italiano, già più volte rispolverato nel recente passato. Travisando, se non manipolando, le dichiarazioni dell'ambasciatore Giuseppe Perrone rilasciate nei giorni scorsi all'emittente Libya Channel in cui ha ribadito la posizione dell'Italia favorevole a tenere le elezioni, ma solo con "le necessarie condizioni", ossia una "solida base costituzionale e appropriate condizioni di sicurezza", in modo che le presidenziali "possano portare riconciliazione e stabilità" e non moltiplicare i governi nel Paese.

Dichiarazioni che però sono state modificate e montate da alcuni canali in modo da far apparire che Perrone chiedesse "con insistenza il rinvio delle elezioni", come si legge nel documento dell’8 agosto del Comitato affari esteri del parlamento di Tobruk.

Un’operazione di disinformazione e, secondo fonti qualificate sentite dall’agenzia Askanews, questo documento sarebbe stato redatto dal singolo presidente del Comitato esteri, senza alcun dibattito o pronunciamento dello stesso Comitato.

Anche molte recenti proteste popolari sono state presentate da alcuni come anti-italiane ma di fatto erano state scatenate dalla carenza dei servizi essenziali patita dalla popolazione, come l'elettricità.

Il portavoce di Haftar, Ahmed Mismari, ha addirittura chiesto aiuto alla Russia perchè intervenga in Libia per rimuovere "dall'arena libica Turchia, Qatar, Sudan e in particolare l'Italia", dal momento che se "la Francia vuole tenere le elezioni (entro l'anno), l'Italia si è detta contraria... noi concordiamo con la Francia: vogliamo tenere le elezioni quest'anno".

"La questione libica ha anche bisogno dell'intervento della Russia e di quello personale del presidente Putin, estromettendo i giocatori stranieri dall'arena libica come la Turchia, il Qatar e l'Italia. Il ruolo principale deve essere giocato dalla diplomazia russa", ha detto al-Mismari.

Improbabile uno sbarco in forze in Libia di truppe russe e fino ad oggi Mosca, attraverso il capo del Gruppo di contatto per la Libia, Lev Dengov, ha detto di non voler indicare "tempi precisi" per le elezioni, sottolineando la necessità che "il popolo libico sia pronto al voto", che "non c'è ancora una Costituzione e non è stato indetto un referendum".

Del resto sono già emerse ampie convergenze tra Roma e Mosca circa la gestione della crisi libica e le ottime relazioni tra i due governi europei potrebbero facilitare il ruolo di Roma pur considerando il rafforzamento politico ed energetico russo in Cirenaica.