Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Cristo Re a cura di Ermes Dovico
DOV'E' LA "BUONA" SCUOLA?

Lo Stato lucra sul disabile se è iscritto alla paritaria

L’Europa sappia che in Italia lo Stato lucra sul disabile iscritto alla pubblica paritaria: a lui, annualmente, non costa quasi nulla (cinquecento euro), rispetto al costo dei propri allievi (diecimila euro). Eppure, c’è ancora qualcuno che rimprovera la scuola paritaria di accogliere pochi disabili e stranieri, e di far pagare la retta. La storia (vera) di Ottavia. 

Educazione 26_05_2019

E’ già grave che in Italia il genitore non possa scegliere la buona scuola pubblica che desidera per i propri figli, una scuola che sia parte del Servizio Nazionale di Istruzione, quindi una scuola pubblica paritaria o una pubblica statale. Se è povero, il genitore non sceglie: si deve accontentare della pubblica statale, buona o no. E’ già grave questo. Ma c’è di peggio.

Metti una mamma di 4 figli, di cui 3 dislessici, discalculici, disgrafici. Succede, e si sa: non è una malattia, ma può essere ereditaria e qualche fastidietto lo comporta. Discorso alla secondogenita, che termina a giorni la 5^ primaria: “Senti, Ottavia, tu hai già avuto la tua parte: 5 anni nella tua ottima primaria paritaria. Sei cresciuta, hai lavorato bene e imparato a gestire la tua dislessia. La maestra era eccezionale. Lo so che vorresti continuare là con la secondaria. Vedo che piangi. Ma ora tocca a tuo fratello maggiore che deve andare alle superiori. Nella media pubblica statale – che poi era considerata il top (chissà le altre) della nostra grande città – sai che per lui è stato un disastro…Docenti del tutto impreparati. Preside consapevole e imbarazzata. Eppure ormai anche la colonia felina della scuola saprebbe cosa fare con i dislessici!... Dobbiamo mandarlo a un liceo pubblico paritario serio… I soldi sono per lui, nei prossimi 5 anni. Speriamo che a te vada bene nella scuola media di tuo fratello… Magari abbiamo fortuna e ti va bene! Sennò… soffriremo tutti, come per tuo fratello. Ma non possiamo permetterci due paritarie con 4 figli!”.

Già questa situazione rivela una palese violazione dei diritti umani, del genitore e dello studente. E non è tutto. Stride maggiormente, semmai fosse possibile, la discriminazione perpetrata ai danni dell’allievo disabile. Per lui c’è posto solo nella scuola pubblica statale, dove il docente di sostegno è assicurato (…appena si trovano i 50mila che mancano). Ma se il genitore prende sul serio la legge 62/2000 e sceglie la paritaria tal de’ tali, pubblica come la statale, con docenti titolati, motivati e competenti, ecco che lo Stato italiano lo ripudia: «Il docente di sostegno se lo paghi il padre! Oppure lo paghino le altre famiglie, o la scuola!». Oltre naturalmente alla retta per far funzionare il servizio.

L’Europa sappia che, in Italia, lo Stato lucra sul disabile iscritto alla pubblica paritaria: a lui, annualmente, non costa quasi nulla (cinquecento euro), rispetto al costo dei propri allievi (diecimila euro). Però i 40 mila euro annui necessari, per chi ha, ad esempio, una tetraparesi spastico distonica, non sono noccioline, e le scuole pubbliche paritarie sono costrette a chiudere... Chiunque abbia un po’ di razionalità e di senso civico rabbrividisce di fronte a questa situazione, perché si tratta chiaramente di un capolavoro di ingiustizia, che appare giusta senza esserlo. Eppure, c’è ancora qualcuno che rimprovera la scuola paritaria di accogliere pochi disabili e stranieri, e di far pagare la retta.

Da non credere: le si attribuisce la responsabilità di un’ingiustizia che essa per prima subisce! Quel “qualcuno” politico, naturalmente, il proprio figlio lo mette alla pubblica paritaria. Manco si pone il problema di trovare una soluzione, che c’è, intelligente ed efficace: il costo standard di sostenibilità per allievo. Per tutta la scuola pubblica, paritaria e statale. Ad ogni alunno, disabile o no, dislessico o no, lo Stato assegnerebbe il quid necessario per scegliere la scuola pubblica con ottimi docenti, di cui la famiglia ha diritto. Ti farebbe piacere, vero, Ottavia?