Livorno, l'esproprio grillino delle case private
C’è un “bolscevico” in azione a Livorno. Il sindaco Filippo Nogarin (Movimento 5 Stelle) potrà requisire case sfitte, sia pubbliche che private, e riassegnarle a chi ne ha bisogno. Forti proteste da parte delle associazioni dei proprietari, centrodestra e centrosinistra per una volta unite.
C’è un “bolscevico” in azione a Livorno. Il sindaco Filippo Nogarin, dopo la mozione approvata giovedì scorso dal consiglio comunale (maggioranza Movimento 5 Stelle) potrà requisire case sfitte, sia pubbliche che private, e riassegnarle a chi ne ha bisogno.
“Il consiglio comunale impegna il sindaco alla requisizione temporanea degli immobili vuoti e inutilizzati per le emergenze abitative con motivazione di urgenza umanitaria. Laddove possibile con una eventuale indennità di occupazione da parte degli ospitati”, recita il testo della mozione, presentata dal consigliere Marco Cannito, della locale Lista Città Diversa e accolta dal voto favorevole del Movimento 5 Stelle, di cui è espressione lo stesso sindaco. Si tratta di un provvedimento eclatante, proposto per risolvere l’emergenza abitativa (centinaia i senza fissa dimora e gli sfratti nella città toscana, oltre a lunghe liste d’attesa per le case popolari), che secondo il Movimento fondato da Casaleggio e Grillo è uno dei problemi principali nelle nostre metropoli. E’ in minoranza l’opposizione bipartisan di Pd e Forza Italia, per una volta uniti nel definire il provvedimento come un residuato “sovietico” (anche da parte del Pd…). Le opposizioni anticipano quante e quali saranno le difficoltà della sua applicazione: è possibile che scateni una serie di conflitti con i privati, a cui seguiranno ricorsi.
Un sindaco può ordinare un esproprio? Nogarin ritiene che lo sia: “Rientra nelle prerogative del sindaco, che può agire anche in questo modo in caso di emergenza. Questa mozione approvata rafforza tale capacità operativa del sindaco di intervenire con mezzi eccezionali per governare l'emergenza abitativa”. Secondo la Confedilizia si tratta invece di un abuso, che approfitta dell’assenza di leggi che lo vietino esplicitamente: “Un provvedimento inaccettabile e illegittimo. Vediamo come sarà scritto, ma messo così richiama il concetto di esproprio popolare”, dichiara il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa. “Si tratta di un salto indietro di oltre quarant'anni, ai tempi pre-equo canone – afferma anche il presidente di Assoedilizia e vicepresidente di Confedilizia Achille Colombo Clerici – che mi riporta alla memoria quanto avvenne proprio a Milano nel 1975. Va detto che l'analogo provvedimento (un'ordinanza del sindaco di allora, Aldo Aniasi) durò l'espace d'un matin e che la mozione milanese venne ritirata per la sua evidente illegittimità, la sua portata antieconomica e la dannosità sociale. Da quando lo Stato non investe più nella costruzione di alloggi popolari, la risposta alla domanda abitativa viene lasciata agli investitori privati italiani e internazionali, che assolvono già ad una funzione sociale e non saranno certo invogliati a investire risorse economiche che, ai molti altri problemi congiunturali e strutturali, aggiunge la possibilità di sorprese di questo tipo”. “Ti sei comprato o hai ereditato una casa a Livorno e ora non ci vivi, magari perché per lavoro sei finito a fare il manovale in Brianza? Bene, arriva il Movimento 5 Stelle e ti requisisce la casa”, ironizza Giorgia Meloni (FdI) in prima linea sul fronte dei contrari.
“Si tratta di un provvedimento di valenza temporanea per la quale non è escluso il pagamento di un indennizzo da occupazione a carico di chi ne beneficerà”, ribatte Nogarin cercando di inzuccherare la pillola. E getta acqua sul fuoco anche l’assessore alla Casa Ina Dhimgjini: “La mozione passata giovedì rappresenta una volontà politica che ora dovrà concretizzarsi con atti amministrativi. Per procedere però andrà fatta una valutazione della situazione con la Prefettura e gli uffici legali del Comune per salvaguardare anche la proprietà privata e codificare le situazioni di emergenza e urgenza per cui intervenire con la requisizione temporanea. L’amministrazione comunale si prenderà tutto il tempo necessario per studiare come muoversi”.
Ma intanto il principio è passato. Per soddisfare le esigenze di chi versa in stato di bisogno, il comune dispone di immobili pubblici, per mantenere i quali tutti i cittadini pagano le tasse. Destinare a scopi pubblici i beni privati apre uno scenario completamente diverso. Non c’è alcun criterio oggettivo possibile per decidere a chi sia giusto assegnare la casa sfitta, soprattutto se la scelta spetta al primo cittadino. La lista delle priorità potrebbe includere senzatetto italiani e stranieri, persone in lista di attesa per le case popolari o sfrattati. Persone in stato di bisogno, o raccomandati dal partito. Non c’è neppure alcun criterio oggettivo di giudizio su quale immobile sfitto sia meritevole di requisizione. Perché il proprietario, sinora, ha avuto libertà di scelta se abitarlo o no, destinarlo ad altre attività o tenerlo in caldo per un erede. Entrano in gioco affetti e ricordi, speranze e frustrazioni, è difficile valutare in base alla durata del non utilizzo. Si può addolcire con eccezioni e garanzie, ma questo provvedimento è senza dubbio un passo nella direzione di un potere molto più arbitrario.
Risponde al criterio di solidarietà, almeno? Il principio della destinazione universale dei beni e dell’opzione preferenziale per i poveri è uno dei cardini della Dottrina Sociale della Chiesa. Tuttavia è anche chiaro che la solidarietà non è in opposizione alla proprietà individuale, che viene così definita: “Mediante il lavoro, l'uomo, usando la sua intelligenza, riesce a dominare la terra e a farne la sua degna dimora: «In tal modo egli fa propria una parte della terra, che appunto si è acquistata col lavoro. È qui l'origine della proprietà individuale». La proprietà privata e le altre forme di possesso privato dei beni «assicurano ad ognuno lo spazio effettivamente necessario per l'autonomia personale e familiare, e devono essere considerati come un prolungamento della libertà umana. Costituiscono in definitiva una delle condizioni delle libertà civili, in quanto producono stimoli ad osservare il dovere e la responsabilità». La proprietà privata è elemento essenziale di una politica economica autenticamente sociale e democratica ed è garanzia di un retto ordine sociale. La dottrina sociale richiede che la proprietà dei beni sia equamente accessibile a tutti, così che tutti diventino, almeno in qualche misura, proprietari, ed esclude il ricorso a forme di «comune e promiscuo dominio»” (DSC 176). Per “comune e promiscuo dominio” si è sempre inteso il collettivismo, fondato sulla requisizione e riassegnazione di beni privati a discrezione dell’autorità politica.