Liturgia, a piccoli passi si torna al pre-Ratzinger
Tra le persone più vicine a papa Bergoglio c'è monsignor Piero Marini, maestro delle cerimonie liturgiche con Giovanni Paolo II, che ora viene dato come certo alla guida della Congregazione per il Culto divino.
Jorge Mario Bergoglio è un gesuita, e come faceva ai tempi in cui era superiore provinciale per l'Argentina, anche da Papa accetta ben volentieri consigli, idee e suggerimenti da parte di confratelli, vescovi e cardinali che si recano in visita da lui nelle stanze della Domus Sanctae Marthae. Poi, naturalmente, decide in piena e totale autonomia. Tra i più ascoltati consiglieri, in questi primi mesi di pontificato, c'è l'arcivescovo titolare di Martirano, monsignor Piero Marini, attualmente presidente del Pontificio comitato per i congressi eucaristici e per ben vent'anni, dal 1987 al 2007, maestro delle cerimonie liturgiche.
Una sintonia il cui timbro sarebbe dato, secondo voci provenienti da Oltretevere, dal ritorno in auge della ferula argentea che fu realizzata dallo scultore Lello Scorzelli per Paolo VI – ma utilizzata poi anche da Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e fino al 2007 anche da Joseph Ratzinger – in occasione della chiusura del Concilio Vaticano II. Dopo le prime celebrazioni di inizio pontificato in cui Francesco aveva utilizzato sempre e solo la ferula di Benedetto XVI, in seguito a un'udienza concessa a Marini, ecco il ritorno al "pastorale" papale conciliare.
Ma è un altro e ben più rilevante particolare a indicare come sotto il profilo liturgico la situazione sia in evoluzione. A fine settembre, infatti, sono stati sostituiti tutti e cinque i consultori dell'ufficio delle cerimonie pontificie. Il loro mandato quinquennale era scaduto, ma la conferma nei rispettivi incarichi era possibile. Andando a leggere i nomi dei membri subentranti, spicca padre Silvano Maria Maggiani, capoufficio alla Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti e già consultore dell'ufficio delle cerimonie fino a cinque anni fa. Sostanzialmente, nel ricambio impostato nel 2008 da Benedetto XVI, padre Maggiani era stato uno di coloro che avevano perso il posto. Ora, con il nuovo Pontefice, torna in sella.
Fin dal primo giorno di pontificato è risultato chiaro come Francesco non abbia tra i suoi interessi maggiori l’aspetto liturgico. Lo stesso padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa della Santa Sede, confermava che "la liturgia non è tra le priorità" del nuovo Papa. Anche perché, da buon gesuita, "nec rubricat nec cantat". L'apparizione sulla Loggia senza indossare la mozzetta rossa propria dell'abito corale papale, il rifiuto delle scarpe rosse e della croce in simil-oro, erano chiari segnali che Bergoglio prestava minore attenzione a quegli elementi che Ratzinger aveva pazientemente recuperato e che risalgono, in molti casi, ai riti preconciliari. Anche l'impianto delle cerimonie ha subito qualche "aggiornamento", come dimostra il più raro uso del latino, l'abbandono di tronetti antichi, faldistori (inginocchiatoi) che in San Pietro non si vedevano più dai tempi di Papa Roncalli. Per non parlare dei paramenti, molto più semplici (Francesco non indossa pianete, camici elaborati, dalmatica pontificale) e meno ricercati rispetto al pontificato precedente.
Poiché il maestro delle cerimonie è sempre lo stesso (il genovese Guido Marini, proveniente dalla scuola del cardinale Giuseppe Siri), risulta facile pensare che sia il Papa ad aver impostato uno stile improntato a maggiore sobrietà. E questa non dispiace certo a monsignor Piero Marini, che mal aveva digerito il ritorno dei sette candelabri sull'altare, la celebrazione coram Deo in Sistina, i paramenti barocchi.
Non a caso, poco dopo l'elezione di Bergoglio, l'attuale presidente del Pontificio comitato per i congressi eucaristici si rallegrava perché “la Chiesa vive la speranza dopo anni di paura”. E ancora, “si respira aria fresca, è una finestra aperta alla primavera". Tirava in ballo anche "Vatileaks e la pedofilia", arrivando a dire che "fino ad ora abbiamo respirato il cattivo odore di acque paludose". Un ritorno sulla scena in grande stile, possibile dal momento che ora “si respira un’aria diversa di libertà, una chiesa più vicina ai poveri e meno problematica”.
Riguardo la liturgia, Marini spera che presto tornino quegli elementi che contraddistinguevano le cerimonie da lui organizzate per Karol Wojtyla. A tal proposito, solo qualche settimana fa diceva che nella celebrazione "basta inserire alcuni elementi, all’ingresso e all’offertorio, che fanno parte della vita del Paese di cui si è ospiti, perché la messa diventi subito familiare a chi vi prende parte”. Canti e danze compresi: “A Giovanni Paolo II tutto questo piaceva, voleva sempre condividere usanze e tradizioni". Un esempio è dato da un vecchio viaggio del Papa polacco in Brasile: "Ci era stato chiesto di consentire la partecipazione delle danzatrici del balletto locale. Abbiamo consentito, e sono salite sulle due rampe di scale che contornavano l’altare. Durante la danza si è levato un po’ di vento, e i loro abiti sottili si sono appiccicati al corpo. Qualcuno dei prelati presenti ha manifestato disapprovazione. Ma non avevano sentito il Pontefice che ripeteva ‘Bello, bello’”.
Un'altra volta, proseguiva monsignor Marini, il cardinale Camillo Ruini si era lamentato con il Papa per "l’inserimento nella liturgia per i giovani di alcuni ragazzi che agitavano le braccia durante la celebrazione", ma anche il quel caso Giovanni Paolo II dimostrò che "questa presenza" era gradita. A conferma del pensiero dell'ex maestro delle cerimonie, in questo caso, c'è la grande veglia a Tor Vergata durante la giornata mondiale della gioventù del 2000. Quella sera Papa Wojtyla alzava le braccia proprio come i ragazzi che lo circondavano, a ritmo di musica. E dimostrava di gradire e divertirsi. Piero Marini è stato l'organizzatore delle grandi adunate che videro protagonista il beato Wojtyla nel corso del suo lungo pontificato: messe in enormi impianti sportivi, scenografie moderne, incontri tra il Papa e cantanti pop. La filosofia del meno silenzio e più "chiasso", come disse sempre a Tor Vergata Giovanni Paolo II. Un'idea che sembra accomunare Marini a Bergoglio.
Da mesi viene data come più che probabile la nomina dell'arcivescovo titolare di Martirano a nuovo prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti al posto del "piccolo Ratzinger", il cardinale Antonio Cañizares Llovera, che ha chiesto di tornare in Spagna. Alcune settimane fa la nomina era data per imminente e decisa, poi tutto si è fermato. Segno che il Papa potrebbe non aver sciolto le ultime riserve, se si considera anche che la carica è per prassi cardinalizia e Marini si vedrebbe così consegnata quella porpora che gli era stata sempre negata negli ultimi otto anni. Il ritorno di mons. Marini significherebbe con ogni probabilità un ritorno all’ars celebrandi antecendente agli ultimi sei anni del pontificato di Benedetto XVI. Lo stesso ex maestro delle celebrazioni, partecipando al ritrovo annuale delle commissioni liturgiche a Erie, in Pennsylvania, confessò di “avere nostalgia e desiderio di comprendere più a fondo e sperimentare nuovamente lo spirito del Concilio”.