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LA SORPRESA

L'Italia ora sa a che santi votarsi: il Papa e la Chiesa

Il Papa è l’unica figura pubblica in cui gli italiani sentano di avere fiducia: lo rivela l’indagine Demos per il quotidiano La Repubblica condotta alla fine del 2014. Tutti gli indicatori di fiducia sono in calo rispetto al 2013: politica, partiti, istituzioni, di nessuno il cittadino italiano sente di potersi più fidare. Resiste solo Francesco.

Ecclesia 30_12_2014
Papa Francesco

Spaesati, sfiduciati, sfiancati da crisi, fisco e corruzione. Gli italiani hanno perso l’esclusiva di popolo ottimista e allegro per precipitare nella voragine del “vedo nero”. Dove ci staranno per molto tempo, dato che sono in pochi a sperare di risalire l’abisso e solo uno su tre vede il 2015 con gli occhiali rosa. Fortuna che ci sono il Papa e la Chiesa cattolica: ultime ancore di salvezza nell’agitato mare in tempesta dell’Italia 2014. É il poco allegro disegno che esce dalla XVII indagine su “Gli Italiani e lo Stato”, condotta da Demos per il quotidiano La Repubblica. Una replica del Rapporto 2013, se possibile, peggiorata.

Gli italiani non credono più a nulla, questa è la verità: un diffuso scetticismo capace di mettere a rischio anche la democrazia. Partiti, governo e Parlamento scendono a picco negli indici di gradimento popolare. E se la corruzione cresce, scende invece sotto le scarpe il credito verso la magistratura: dal 50% del 2010 al 33% di oggi. La depressione generale non risparmia neppure il capo dello Stato: Napolitano perde 27 punti e pure la Benemerita, insieme alle altre Forze dell’ordine lasciano sul campo un secco meno 7. 

In questa hit parade dello sconforto, le sole voci con il segno più sono la scuola (+1) e, a sorpresa, la Chiesa (+2) e Papa Francesco che mantiene il suo strepitoso gradimento: 88 per cento. Lo apprezzano 9 italiani su 10. Quasi tutti, insomma. Dunque, se gli italiani hanno perso quasi del tutto il sorriso, sanno però a che santo votarsi. Soprattutto non si accontentano di un qualsiasi leader o capopopolo quando possono rivolgersi direttamente al vice di Dio in Terra: il Papa, appunto. Repubblica, che dedica due pagine al Rapporto e ne affida l’illustrazione a un esperto di statistica come Ilvo Diamanti, non offre tuttavia alcun commento a questo trionfo del Pontefice argentino (lo farà magari Scalfari domenica) e forse è meglio così.

Tanto più che a incoronare Papa Francesco uomo dell’anno si affiancano pure i lettori de Il Fatto Quotidiano, il giornale delle Procure diretto dalla coppia Padellaro & Travaglio, giornalisti di lotta e di manetta. Strane (o forse no) coincidenze: nella fidaty card del Fatto troneggia Bergoglio, «l’unico», si legge, «che sembra riuscire a trasmettere sentimenti positivi di speranza, coerenza e serietà». Tanto da stracciare anche Giovanni Paolo II, il più amato degli ultimi decenni prima di Francesco, che si attestava intorno al 60-70%, ben al di sotto dell’87 per cento di oggi.

Il rapporto pubblicato da Repubblica non scende nei dettagli della fiducia papale. Lo aveva fatto, qualche mese fa, un’altra ricerca demoscopica attribuendo alle telefonate personali di Francesco il segreto di tanta popolarità. Seguivano la scelta di vivere a Santa Marta, senza i lussi dell’appartamento papale, la visita tra gli immigrati a Lampedusa, la denuncia di lobby in Vaticano e il primo incontro della storia tra i “due Papi”. Quel sondaggio si chiudeva con un quesito agli intervistati: se non fosse già Papa e potesse ricoprire un ruolo in Italia, in che ruolo vedreste bene Jorge Mario Bergoglio? Il 78% degli italiani lo voleva Presidente della Repubblica, il 65% a capo del governo.

C’è una spiegazione a tutto ciò? Sì che c’è, anzi ce ne sono almeno due. La prima è quella “scalfariana”, che discende direttamente dalle manipolazioni che il patron di Repubblica ha più volte usate per presentare al pubblico un Papa pronto a rinnegare fondamenti della dottrina per lanciare la Chiesa in nuove avventure. Un Papa post-moderno” e repubblicanamente prêt-à-porter: disposto a rinnegare il magistero dei predecessori, la Tradizione ecclesiale e anche qualcuno dei Dieci comandamenti. Messi inopinatamente a cuccia da quel “chi sono io per giudicare”, principio assoluto e sufficiente a promuovere, senza Sinodi né nuovi Concili, la comunione ai divorziati, i matrimoni gay, le donne prete e la messa a riposo dei vescovi conservatori. Insomma, se un presunto “Pope to the people” e per tutte le stagioni, stimato dagli italiani per i suoi “buonasera” e la sua “elasticità” su alcune verità un tempo non negoziabili ma oggi molto più trattabili. Che piace a Repubblica, al suo fondatore e alla gente che (a lui) piace.

La seconda lettura, invece, racconta tutta un’altra storia. E cioè che Papa Francesco parla e dà volto a una vicinanza della Chiesa al popolo, amica e presente nelle più diverse circostanze della vita. Che resta se stessa, nonostante il potere, i media e il pensiero dominante cerchino di piegarla al ruolo della crocerossina sociale. Certo, Francesco più volte ha descritto la Chiesa simile a «un ospedale da campo dopo una battaglia», ma occorre leggere quella frase fino in fondo. E cioè: «la Chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo annuncio: Gesù Cristo ti ha salvato». E ancora: «Una bella omelia, una vera omelia, deve cominciare col primo annuncio, con l'annuncio della salvezza. (…) L’annuncio dell'amore salvifico di Dio è previo all'obbligazione morale e religiosa. Oggi a volte sembra che prevalga l'ordine inverso». C’è una condanna del moralismo e della riduzione socio-assistenziale del Vangelo più chiara di questa? Difficile credere che la fiducia degli italiani sia tutta dovuta a questa radicalità evangelica e non piuttosto alle sue sorprendenti e manifeste conseguenze. Eppure…

Eppure, a dirlo è un altro dato contenuto nella ricerca di Repubblica. Dopo un periodo di profonda crisi, la fiducia degli italiani nella Chiesa si attesta oggi al 47% del gradimento, due punti sopra la rilevazione del 2013. Cosa ancor più sorprendente se consideriamo che anche nell’anno che sta per finire la Chiesa, i sacerdoti e istituzioni cattoliche hanno subito ogni genere di attacco per scandali il più delle volte solo mediatici o presunti. Effetto Bergoglio anche qui? Può darsi, ma quello che conta è il trand: quello religioso è in gran spolvero. Dunque, se l’Italia piange, la Chiesa ride? Ma no, le cose non stanno così.  Nonostante l’alto grado di fiducia certificata, la comunità dei cristiani è sempre più esigua minoranza e la sua presenza e cultura sempre meno incidente nella società italiana. Che l’87 per cento degli italiani abbia fiducia nel Papa non significa che siano poi disposti a seguirne il magistero. Problema non di numeri, ma di evangelizzazione, appunto. Ma anche la statistica ha la sua importanza.