L'Italia difende i confini, riparte lo scontro con le Ong
L’Italia torna finalmente ad avere un governo che difende i confini nazionali, che sono poi anche quelli europei, e ricomincia inevitabilmente il braccio di ferro con le Ong spalleggiate dagli stati del Nord Europa di cui le navi battono la bandiera, ma senza che i rispettivi governi intendano assumersene la responsabilità. E gli arresti sulla rotta balcanica dimostrano che le organizzazioni criminali che gestiscono i traffici di uomini sono le stesse che trafficano armi e droga.
L’Italia torna finalmente ad avere un governo che difende i confini nazionali, che sono poi anche quelli europei, e ricomincia inevitabilmente il braccio di ferro con le Ong spalleggiate dagli stati del Nord Europa di cui le navi battono la bandiera, ma senza che i rispettivi governi intendano assumersene la responsabilità.
Un film già visto in più occasioni negli ultimi anni, un fenomeno teso a far sì che l’Italia continui a rappresentare il principale approdo dei traffici illegali di esseri umani e che per primo il ministro dell’Interno Marco Minniti tentò di arginare imponendo un “decalogo” di regole alle navi delle Ong e stabilendo accordi con la Libia per favorire l’arginamento dei flussi illegali nelle acque libiche. Quanto la politica dei singoli stati europei possa influire sui traffici di esseri umani lo dimostrano fatti e numeri.
Da quando Malta ha siglato nell’agosto 2020 un accordo con Libia e Turchia i flussi di immigrati illegali verso il piccolo stato insulare sono crollati e le imbarcazioni vengono riportate in Libia dalle motovedette di Tripoli.
Da quando applica respingimenti verso le coste turche, la Grecia ha registrato il crollo dei flussi di clandestini determinando il boom delle partenze di imbarcazioni ben più grandi dirette sulle coste ioniche dell’Italia che dalla caduta del primo governo Conte ha ripreso a spalancare porte e porti a trafficanti e Ong. Dall’inizio dell’anno a ieri in Italia sono sbarcati 87.370 clandestini per buona parte provenienti da Egitto, Tunisia e Bangladesh, quindi migranti economici che non fuggono da guerre, carestie o pestilenze.
L’anno scorso alla data di oggi erano 54.373, nel 2020 erano sbarcati in 29.569 ma il confronto più rilevante va fatto con il 2019. A fine ottobre di quell’anno erano giunti in Italia in 9.648, un numero molto ridotto rispetto agli anni successivi ma più che doppio rispetto a metà agosto, quando cadde il governo giallo-verde e Matteo Salvini lasciò il Viminale.
Da gennaio al 15 agosto infatti erano arrivati appena 4.269 clandestini e di questi molti erano stati sbarcati in seguito a pressioni europee che avevano avuto buon gioco nell’indurre Giuseppe Conte a dare la luce verde allo sbarco.
Il confronto tra questi numeri dimostra che una politica determinata a difendere i confini nazionali e a impedire a chi viola la legge di attraversarli può ottenere ottimi risultati ma che appena questa determinazione viene meno l’Italia torna ad essere assalita dai flussi illegali gestiti dai trafficanti e dalle Ong che fanno capo (in termini di nazionalità, bandiere e finanziamenti) ai nostri “partner” europei.
Come accade da 15 anni l’aspetto umanitario serve a coprire i traffici illeciti. I “porti sicuri” non sono certo solo in Italia né solo in Europa. Nulla infatti vieterebbe di sbarcare i migranti illegali in Libia (dove sono presenti agenzie dell’ONU che gestiscono anche campi di accoglienza per i migranti) o in Tunisia. Paesi dove Germania e Norvegia, le cui bandiere sventolano sulle navi delle Ong, poterebbero agevolmente inviare comodi arei di linea per trasferire a Oslo o Berlino i clandestini per i quali tanto sembrano preoccuparsi ma solo per farli sbarcare in Italia.
Quanto l’immigrazione illegale sia un gigantesco business criminale lo dimostra anche l’arresto avvenuto in questi giorni di 382 trafficanti sulla rotta balcanica nel corso di operazioni congiunte della polizia italiana con le polizie dei 28 Paesi europei. Sono state sequestrate oltre 100 armi da fuoco (tra le quali sistemi di difesa aerea, granate, missili anticarro, mine antiuomo) ed ingenti quantitativi di stupefacenti (tra i quali oltre 300 kg di eroina e 150 kg di cannabis) a conferma ulteriore che, in Europa come in Africa, le organizzazioni criminali che gestiscono i traffici di uomini sono le stesse che trafficano armi e droga.
Tutte cose peraltro note da almeno una dozzina di anni ma che evidentemente non sono state finora sufficienti a indurre la Ue a mettere in atto una valida politica per la difesa delle frontiere, costringendo così ogni stato membro ad attuare politiche nazionali.
L’efficacia delle iniziative assunte dal nuovo governo italiano e dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, necessitano di tempo per consolidarsi specie dopo che il governo Conte 2 ha abrogato i Decreti Sicurezza varati da Salvini, ma i segnali della svolta sono già ben misurabili dalle reazioni scomposte che si registrano nei paesi europei e in quelle organizzazioni che hanno incassato miliardi nel corso degli anni col business dei soccorsi e dell’accoglienza.
Oltre alla fermezza con le Ong, i passi su cui il governo italiano sarà chiamato a consolidare la svolta nella lotta al traffico di esseri umani saranno probabilmente caratterizzati da maggiori intese con i paesi di partenza per rafforzarne le capacità di intercettare le imbarcazioni appena salpate o di impedirne la partenza (la polizia tunisina ha bloccato in mare 15 barche la notte tra il 2 e il 3 novembre con a bordo 354 clandestini, di cui 253 di vari paesi africani e 101 tunisini) ma anche con i paesi di origine dei migranti illegali per potenziare e velocizzare le espulsioni.
Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha proposto il ripristino dell'Operazione Sophia, varata dalla Ue nel 2015 e conclusasi di fatto nel 2019, applicandone la terza fase, mai attuata, che prevedeva un intervento a terra sulla costa libica per “estirpare alla radice il sistema organizzativo del contrabbando di esseri umani”. Meglio però ricordare che la Fase 3 non venne mai attuata perché la Libia non accettò mai di permettere a forze straniere di entrare sul suo territorio e nelle sue acque territoriali.
Un’iniziativa che risulterebbe efficace a livello nazionale, e ancor di più se venisse adottata da tutta la Ue, dovrebbe puntare a riservare l’accoglienza solo a chi presenti regolare domanda di asilo presso sedi diplomatiche italiane o della Ue nei paesi di residenza o limitrofi. In caso di buon esito della domanda i migranti autorizzati verrebbero trasferiti senza rischi in Europa. Stabilire questa “via esclusiva all’asilo” consentirebbe al tempo stesso di vietare il diritto di presentare domanda a chiunque raggiunga le coste europee rivolgendosi a organizzazioni criminali o comunque in modo illecito.