L'Italia che si premia addosso per non piangere
I premi assegnati dal presidente della Repubblica ai quaranta «eroi italiani» esprimono la quintessenza del politicamente corretto. Perciò oggi va forte l’accoglienza al migrante e la denuncia del caporalato. Perfetto ritratto di un Paese che si premia addosso per non piangere.
Di presidenti della repubblica ne abbiamo avuti tanti e di tutti i tipi e colori. Onest’uomini fatti passare per Antelope Kobbler, antiberlusconiani in sciarpa tibetana, partigiani mai ex, picconatori, perfino un emerito bi-eletto che ancor non si rassegna al tramonto del sol dell’avvenire. Ma uno così grigio, monotono e tedioso anche quando legge i discorsi non si era ancora visto. Mancava alla panoplia.
Renzi pigliatutto, Renzi ghe pensi mì, Renzi ma-da-dove-è-spuntato, il caporalesco Renzi è come se avesse preso uno, il più anonimo possibile, e gli avesse detto: tu mettiti lì e fa’ la parte del capo (?) dello stato. Spero che non mi accusino di vilipendio, perché, sommessamente, ho solo espresso le sensazioni che provo quando lo vedo in tivù. I tiggì gli dedicano il doveroso spazio, per esigenze istituzionali, ma il dito mi va da solo sul telecomando, tanto sono certo di non perdermi niente.
Non ci saranno colpi di scena, deviazioni dalla solita retorica, neanche un pertiniano «bando al cerimoniale!», nemmeno un esilarante Spadolini che, da ministro della difesa, usava i generali di stato maggiore per distribuire i suoi libri di saggistica storica ai giornalisti venuti a intervistarlo su tutt’altro. Il presidente rappresenta l’unità nazionale, recita la Costituzione, e oggi, per rappresentare la medesima, si richiede un profilo così basso da dover ricorrere alla livella, anche, ma sì, quella famosa di Totò. O a un altimetro di precisione.
Perciò non stupisce che i premi assegnati dal presidente ai quaranta «eroi italiani» esprimano la quintessenza del politicamente corretto. Almeno, di quello momentaneamente corrente. Sì, perché se c’è qualcosa di labile e fluttuante è la vague, perciò oggi va forte l’accoglienza al migrante e la denuncia del caporalato (sempre ai danni del migrante). Un poliziotto vicequestore te lo aspetti premiato perché si è preso una pistolata mentre sventava una rapina a mano armata con ostaggi, mica perché dà il biberon alla negretta salvata dalle acque e perciò lo chiamano «mamma Maria».
L’immagine complessiva (andare a vedere foto e motivazioni) è bergogliana, buonista à sense unique, catto&comunista, perfetto ritratto di un Paese che si premia addosso per non piangere.
Viene in mente, chissà perché, la citazione che circola in rete a proposito della ricostruzione post-terremoti. E’ di Mussolini, che si congratula con Crollalanza che dormiva sui luoghi terremotati per provvedere alla svelta. E lo fece anche in anticipo sui tempi, e spendendo meno di quel che era stato stanziato. L’encomio recitava suppergiù: non mi congratulo per quel che avete eseguito, perché era vostro dovere, bensì perché avete fatto risparmiare denaro allo Stato.
Naturalmente mi si darà del nostalgico, perché i cattocomunisti sono così: non discutono con argomenti, ma insultano con slogan da loro stessi confezionati e imposti. Non sanno governare, non sanno fare niente di utile, ma nella propaganda sono maestri indiscussi. Con quella comandano, con quella si mantengono al comando.
Se qualche interstizio resta scoperto, niente paura: ci sono le leggi che loro stessi hanno fatto, le sentenze creative e, se neanche questo bastasse, i centri sociali. Il Manifesto di Marx (giustamente, non) reca come sottotitolo: l’arte di prendere il potere e tenerlo per sempre. E gli italiani, poveracci, che fanno? Quel che facevano i disgraziati di oltrecortina: votano coi piedi. Meglio fare il cameriere a Londra o il pizzarolo in Australia.