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MEDITERRANEO

L'Italia aumenta la presenza in Libia. Nonostante Erdogan

Accordi di pace in Libia: il Paese viene di fatto diviso fra Gna (Sarraj) e Lna (Haftar). I turchi si ritagliano, come compenso per il loro intervento, basi militari a Misurata e al Watya, in Tripolitania, dove avrà un ruolo indiretto anche il Qatar. L'Italia comunque stipula un nuovo accordo che ne aumenta la presenza in Tripolitania, anche se la Turchia ci vorrebbe emarginare

Esteri 22_08_2020
L'incontro italo-libico

Il presidente del Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale libico (Gna), Fayez Al Sarraj, e il presuidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh hanno annunciato la cessazione delle ostilità "su tutto il territorio" e la ripresa del processo politico che "porterà a nuove elezioni a marzo".

Al-Sarraj ha ordinato a tutte le forze militari "di osservare un cessate il fuoco immediato e di fermare tutte le operazioni di combattimento in tutti i territori libici". La decisione è stata presa "alla luce della situazione attuale che sta vivendo il Paese e la regione, e alla luce dell'emergenza coronavirus". Il capo del Governo di accordo nazionale propone inoltre di tenere delle elezioni nel prossimo mese di marzo. Una svolta salutata positivamente da tutta la comunità internazionale e dai rispettivi sponsor delle due fazioni libiche e che sembrava essere nell’aria dopo che il generale Khalifa Haftar aveva inaspettatamente accettato di dare il via libera all’export petrolifero che in questi mesi ha procurato danni finanziari per quasi 9 miliardi di dollari alla Libia.

L’intesa per il cessate il fuoco rappresenta un successo soprattutto per le diplomazie turca e russa (principali sponsor di Tripoli e Bengasi) che però non unisce il paese ma ne cristallizza la divisione tra GNA in buona parte della Tripolitania ed Esercito Nazionale Libico (LNA) di Haftar nel resto del paese. Entrambe le fazioni hanno consolidato in questi mesi i sistemi di alleanze internazionali che li sostengono: Turchia e Qatar con il GNA, Russia, Emirati, Egitto e Siria con l’LNA. Una spartizione che non favorisce l’Italia.

Il GNA libico ha formalmente concesso alla Turchia il porto di Misurata e la base aerea di al-Watya, nella Tripolitania Occidentale. In seguito alla visita a Tripoli, il 17 agosto, dei ministri della Difesa turco e qatariota, Hulusi Akar e Khaled al Attiyah. Le basi sarebbero state concesse alla Turchia per 99 anni. Inoltre Turchia, Qatar e GNA avrebbero concordato di istituire un centro di coordinamento militare tripartito che si riunirà mensilmente a Misurata al livello di capi di stato maggiore della Difesa mentre il Qatar sosterrà  i costi per la ricostruzione di basi, caserme e scuole militari distrutte o danneggiate durante la guerra in Tripolitania e invierà consiglieri militari che affiancheranno i turchi nell’addestramento delle forze di Tripoli.

Lo stesso 17 agosto era presente a Tripoli anche del ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas che parlando con i giornalisti ha affermato che le potenze straniere “stanno continuando ad armare massicciamente” la Libia. La sua presenza a Tripoli il giorno della firma dell’accordo potrebbe però indicare il sostegno indiretto di Berlino al ruolo militare turco (e in prospettiva del Qatar) in Tripolitania, di fatto schierando la Germania al fianco di Ankara nelle tensioni in atto nel Mediterraneo in cui la Francia è invece saldamente posizionata in contrasto all’espansionismo turco. In cambio di questo sostegno a Doha e Ankara, la Germania sembra aver incassato la disponibilità turca a discutere la proposta formulata proprio da Maas il mese scorso alle Nazioni Unite di istituire una zona smilitarizzata (da affidare a truppe europee?) che separi i due contendenti libici e i loro sponsor lungo la linea del fronte tra Sirte e la base aerea di al-Jufra.

Il portavoce dell’LNA, Ahmed al Mismari, ha invece respinto la proposta affermando che “la Germania è caduta sotto l’influenza di altre potenze e ha cambiato il corso della conferenza di Berlino sulla Libia e sui suoi esiti”, aggiungendo che “l’area che dovrebbe essere smilitarizzata è quella di Tripoli.” L’intesa militare tra GNA, Turchia e Qatar non ha invece determinato nessuna reazione nel governo italiano che già negli anni scorsi aveva avviato programmi bilaterali di cooperazione militare con Tripoli per l’addestramento e la formazione delle forze libiche. La recente visita a Tripoli del ministro della Difesa italiano Lorenzo Guerini, ha confermato da un lato la volontà libica di mantenere gli stretti rapporti con l’Italia, ma dall’altro ha evidenziato come ormai l’influenza turca sia predominante in Tripolitania anche sul piano militare, limitando lo spazio di manovra del GNA sui temi della Difesa e Sicurezza. La dimostrazione di come la presenza militare italiana a Tripoli e a Misurata sia gradita ai libici ma appena tollerata dai turchi è emersa chiaramente con la decisione di trasferire l’ospedale e il contingente militare italiano dall’aeroporto di Misurata, presidiato da forze turche, a una zona periferica della città. Una opzione che renderà certo meno visibile il contingente italiano e meno esposto in caso di ripresa del conflitto, ma al tempo stesso la distanza dal porto e dall’aeroporto rischia di complicare eventuali operazioni di evacuazione rapida qualora la situazione sul terreno lo richiedesse.

D’altra parte la Turchia aveva da tempo pesantemente militarizzato l’aeroporto di Misurata, più volte bombardato nei mesi scorsi dai droni di Haftar i cui ordigni sono spesso caduti vicino alle installazioni italiane. Le forze di Ankara vi hanno schierato qualche centinaio di uomini, droni, aerei da trasporto e difese antiaeree anche perché l’aeroporto di Misurata è lo scalo aereo più vicino all’attuale linea del fronte e porto e aeroporto della città vengono impiegati per l’arrivo di armi, mezzi, munizioni e truppe dalla Turchia. In ogni caso fonti libiche avevano da tempo evidenziato le pressioni turche per rimuovere il contingente italiano (circa 220 militari tra i quali una cinquantina di sanitari) dall’aeroporto e del resto la presenza militare italiana a Misurata era stata sempre osteggiata da quelle componenti politiche più legate alla Fratellanza Musulmana e ad Ankara.

L’Italia schiera anche nel porto di Abu Sitta (Tripoli) la componente della Marina Militare italiana (Nave Pantelleria e una settantina di militari) che supporta e coordina le attività della Guardia costiera di Tripoli contro l’immigrazione illegale. Una missione quest’ultima che per ora non dovrebbe subire modifiche imposte da Tripoli. Semmai il rischio viene da Roma dove potrebbero imporsi nel governo quanti chiedono di stracciare l’accordo con Tripoli che in questi ultimi tre anni ha permesso di contenere i flussi illegali verso l’Italia e, solo quest’anno, di impedire l’arrivo in Italia di oltre 7mila clandestini. Per ora l’Italia sembra voler continuare a sostenere la Guardia Costiera libica e il Decreto Agosto prevede la cessione a titolo gratuito di altre quattro motovedette.

Nel complesso gli accordi messi a punto dal ministro Guerini a Tripoli prevedono un rafforzato supporto italiano nel settore dello sminamento, la creazione nella capitale di un polo sanitario e l’apertura di scuole e accademie italiane ai cadetti libici. Tutto sommato un bilancio positivo. Nonostante la dominante influenza politica e militare turca e qatarina tesa inevitabilmente a emarginarci, l’Italia mantiene una presenza militare a basso profilo nella sua ex colonia. Il prezzo da pagare per restare il Libia sarà però soprattutto politico e di fatto sta già impedendo a Roma di assumere posizioni critiche nei confronti di Ankara nelle diatribe in atto nel Mediterraneo Orientale.