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ORA DI DOTTRINA / 9 - LA TRASCRIZIONE

L’ispirazione della Sacra Scrittura, il testo del video

La Sacra Scrittura è veramente Parola di Dio, ma il suo linguaggio è pienamente umano. Ispirazione vuol dire che Dio agisce nell’uomo: si serve di lui nel pieno delle sue facoltà, non come scribacchino. È l’elevazione delle capacità dell’uomo, non il loro stravolgimento. L’errore è escluso nelle Scritture, ma in riferimento alle verità soprannaturali.

Catechismo 30_01_2022

Benvenuti alla nona lezione. Facciamo un breve riassunto del percorso fatto sino ad ora. Stiamo commentando il Credo e stiamo proprio indagando all'interno di questa parola: "Credo". Abbiamo dedicato una serie di incontri alla fede soggettiva, nel senso del soggetto che compie l'atto di fede, e poi abbiamo iniziato a trattare l'oggetto della fede (fede oggettiva), ossia la Rivelazione. Nell'ultimo incontro abbiamo visto come la Rivelazione viene trasmessa, dove è contenuta; dunque abbiamo parlato delle due fonti della Rivelazione: le Scritture e la Tradizione. Abbiamo visto la loro connessione ed il rapporto che intercorre tra una e l'altra.

L'argomento di oggi si focalizza sulla Sacra Scrittura. Come possiamo definire la Sacra Scrittura? La Sacra Scrittura è la Parola di Dio espressa in linguaggio umano. Emergono dunque i due elementi fondamentali del testo sacro:

- l'Autore principale delle Scritture è Dio; è Parola di Dio (genitivo di attribuzione).
- il linguaggio è pienamente umano.

Perché? In tal senso, gli autori delle Sacre Scritture sono sempre due: Dio è l'Autore principale e poi c'è lo scrittore sacro, l'agiografo, che è l'autore secondario, detto anche “causa strumentale”.

Ora ci occupiamo di affrontare il tema dell'ispirazione delle Sacre Scritture. Che tutti i libri che formano la Sacra Bibbia siano integralmente ispirati, in ogni loro parte, da Dio è di fede; non è una semplice opinione teologica.

- Ma che cosa significa che questi libri sono ispirati?
Per rispondere, dobbiamo indagare la cooperazione tra questi due autori, nessuno dei quali deve essere sacrificato: Dio come autore principale e l'agiografo, come autore secondario ovvero causa strumentale. Questi autori ovviamente non hanno lo stesso peso, ma entrambi devono essere mantenuti.

Se ci sbilanciamo dalla parte dell’Autore principale, sacrificando l'autore secondario, rischiamo di pensare che i libri sacri siano stati calati dall'alto oppure dettati meccanicamente da Dio ad uno scribacchino, ma non è così.

Se invece sacrifichiamo l'Autore principale, ci troviamo con degli autori pii e devoti, ma semplicemente umani; di conseguenza, l'autorità dei libri sacri non è altro che un’autorità che viene conferita di volta in volta al testo da un'epoca storica che lo riconosce come valido o meno.

Il concetto di ispirazione significa invece che veramente i testi sacri sono parola di Dio e veramente i testi sacri sono opera dell'uomo.

Sul versante dell'ispirazione soprannaturale dobbiamo tenere fermo che si tratta di una rivelazione che sorpassa le mere capacità soggettive umane e che, come tale, vincola gli uomini, essendo appunto veramente Parola di Dio.
Dall'altra parte, siccome l'autore umano è veramente un autore ed è veramente umano, si apre il campo dell'esegesi, della critica, del contributo dell'archeologia, della filologia, dello studio delle lingue, etc. E’ dunque legittimo poter indagare e riconoscere lo stile proprio di un autore.

Paragrafo 106 del Catechismo della Chiesa Cattolica:

"Dio ha ispirato gli autori umani dei Libri Sacri. «Per la composizione dei Libri Sacri, Dio scelse degli uomini, di cui si servì nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo egli stesso in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori tutte e soltanto quelle cose che egli voleva»”.

- Che cos'è dunque l'ispirazione?
Significa che Dio agisce nell'uomo, ovvero si serve di lui nel pieno possesso delle sue facoltà e capacità, cosicché l'uomo agisca appunto come vero autore e non come mero scribacchino o strumento inanimato.
L'ispirazione dunque sta proprio in questa azione sulle facoltà dell'uomo: non per stravolgerle, ma per elevarle, illuminarle, potenziarle, guidarle, affinché la persona -che rimane appunto nel pieno possesso delle proprie facoltà -, scriva secondo le sue modalità ed il suo stile, tutto e solo quello che Dio vuole ed intende.

Costituzione dogmatica Dei Filius (Denzinger 3006)

"Questi libri dell'Antico e del Nuovo Testamento, nella loro interezza, con tutte le loro parti, così come sono elencati nel decreto di questo concilio e come si trovano nell'antica edizione latina della Volgata, devono essere accettati come sacri e canonici. La Chiesa li considera tali, non perché, composti per opera dell'uomo, sono stati poi approvati dalla sua autorità, e neppure soltanto perché contengono senza errore la Rivelazione; ma perché, scritti sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come tali sono stati trasmessi alla Chiesa".

La Chiesa dunque chiama sacri e canonici i libri sacri perché li riconosce come ispirati; è l'ispirazione che fa in modo che un testo sia sacro e canonico, non il contrario.

Questi libri composti per mezzo dell'opera dell'uomo sono ispirati, dice la Dei Filius, "non soltanto perché contengono senza errore la Rivelazione": viene sottolineata così la differenza tra rivelazione e inerranza. Inerranza significa che i testi sacri non possono contenere errori. L'ispirazione dunque non ha solo un'indole negativa, preservando il testo da errori, ma un'indole positiva, cioè indica l'origine soprannaturale di quel testo mediante l'ispirazione dell'autore sacro.

Il canone quarto del capitolo secondo della Dei Filius, dedicato alla Rivelazione, ricorda:

"Se qualcuno non riconosce come sacri e canonici i libri della Sacra Scrittura nella loro integrità e con tutte le loro parti, così come sono stati elencati nel santo concilio di Trento, o se nega che essi siano divinamente ispirati: sia anatema".

Il 30 settembre del 1943 in occasione dei cinquant'anni dell'enciclica Providentissimus Deus, Pio XII pubblicò un'altra enciclica sempre sull'interpretazione e la natura della Sacra Scrittura, la Divino Afflante Spiritu, in cui c'è un capitolo dedicato proprio all'ispirazione; capitolo che nella sua ampiezza è molto completo e armonizza l'aspetto divino ed umano delle Scritture.

"Invero la nostra età, se accumula nuove questioni e difficoltà, però insieme, grazie a Dio, offre all'esegesi anche nuovi mezzi e strumenti. Tra questi va messo in speciale rilievo il fatto che i teologi cattolici, seguitando la dottrina dei santi padre e principalmente del dottore Angelico e comune [san Tommaso, ndr], con maggior precisione e finezza, che non si era soliti fare nei secoli andati, hanno esaminata ed esposta la natura dell'ispirazione biblica e i suoi effetti. Partendo nelle loro disquisizioni dal principio che l'agiografo nello scrivere il libro sacro è organo, ossia strumento dello Spirito Santo, ma strumento vivo e dotato di ragione, rettamente osservano che egli sotto l'azione divina talmente fa uso delle sue proprie facoltà e potenze, che dal libro per sua opera composto tutti possono facilmente raccogliere l'indole propria di lui e come le sue personali fattezze ed il suo carattere" (Enchiridion Biblicum, 556)

Qui c'è un concetto importante: l'ispirazione, essendo una grazia particolare, non solo non deprime l'uomo e le sue facoltà, ma le eleva e le accentua, così che le caratteristiche proprie dell'autore (l'intelligenza, la perspicacia, la capacità di scrittura...) non vengono appiattite dell'ispirazione, ma acquistano, per così dire, un colore più vivace.

Continua Pio XII:

"Quindi l'interprete con ogni diligenza, non trascurando questi nuovi lumi, che le moderne indagini avessero apportati, procuri di discernere quale sia stata l'indole propria del sacro autore, quali le condizioni della sua vita, in qual tempo sia vissuto, quali fonti, scritte od orali, abbia adoperate, di quali forme del dire si avvalga. Così potrà più esattamente conoscere chi sia stato l'agiografo, e qual cosa abbia voluto dire nel suo scritto. Nessuno ignora infatti che la suprema norma d’interpretare è ravvisare e stabilire che cosa si proponga di dire lo scrittore come egregiamente avverte sant'Atanasio.

Nella sua opera Contra Arianos (1, 54), sant'Atanasio scriveva:

"Qui - come in ogni altro luogo della Scrittura si ha da fare - deve osservarsi in quale occasione abbia parlato l'Apostolo, chi sia la persona a cui scrive, per quale motivo le scriva; a tutto ciò si deve attentamente ed imparzialmente badare, perché non ci accada, ignorando tali cose o fraintendendo una per l'altra, di andare lontano dal vero pensiero dell'autore".

- Perché è così importante sapere tutte queste cose?
Perché essendo l'autore umano vero autore ispirato da Dio - e Dio è quindi il primo e vero autore - il senso delle Scritture si evince anche da quello che era l'intento dell'autore, da ciò che l'autore intendeva affermare. Non possiamo passare sopra all'elemento umano, perché altrimenti avremmo un'interpretazione errata, e verrebbe meno l'autore propriamente umano della Scrittura, che non è annullato ma ispirato da Dio.

Un altro testo importante, questa volta tratto dalla Providentissimus Deus. Siamo nel 1893, il Papa è Leone XIII:

"Infatti tutti i libri e nella loro integrità, che la Chiesa riceve come sacri e canonici, con tutte le loro parti, furono scritti sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, ed è perciò tanto impossibile che la divina ispirazione possa contenere alcun errore, che essa, per sua natura, non solo esclude il minimo errore, ma lo esclude e rigetta così necessariamente, come necessariamente Dio, somma verità, non può essere nel modo più assoluto autore di alcun errore. Tale è l'antica e costante fede della Chiesa [...]. Perciò non ha qui valore il dire che lo Spirito Santo abbia preso degli uomini come degli strumenti per scrivere, come se qualche errore sia potuto sfuggire non certamente all'autore principale, ma agli scrittori ispirati. Infatti egli stesso così li stimolò e li mosse a scrivere con la sua virtù soprannaturale, così li assisté mentre scrivevano, di modo che tutte quelle cose e quelle sole che egli voleva, le concepissero rettamente con la mente, e avessero la volontà di scrivere fedelmente e le esprimessero in maniera atta con infallibile verità: diversamente non sarebbe Egli stesso l'autore di tutta la sacra Scrittura"

(Enchiridion Biblicum, 124-125) .

Dunque si capisce come l'ispirazione sia l'azione soprannaturale di Dio che agisce sull'uomo integralmente e da questo scaturisce anche l'inerranza, che non coincide con l'ispirazione, ma ne è pur sempre una conseguenza.

- Cosa vuol dire che l'errore deve essere escluso dalle Scritture?
Teologicamente si opera una differenza tra le verità propriamente religiose soprannaturali e le verità profane, per esempio di natura storica o astronomica, etc...

Mentre nel primo caso l'inerranza è affermata in senso assoluto, nel secondo caso la verità di questi testi deve essere ricercata nel senso inteso, voluto dall'autore umano. Queste affermazioni vanno comunque messe in relazione alla realtà salvifica che vuole essere comunicata. Bisogna perciò cogliere l'intenzione dell'agiografo e quale è quella verità che Egli intende sostenere.

Esempio. L'affermazione per cui Gesù nasce a Betlemme, può essere errata perché non è una verità direttamente religiosa? No. Perché questa verità è direttamente collegata con la verità religiosa salvifica, in quanto lo collega direttamente con la stirpe davidica con tutto ciò che questo comporta per il mistero di Cristo.

Dall'altra parte, invece, abbiamo il famoso passaggio biblico che ha dato origine al “caso Galilei”, il "Fermati o sole", di Giosuè. È un errore? Qui l'intenzione dell'autore non è di spiegare una verità astronomica, è invece quella di esprimere, attraverso quell’espressione, che l'intervento di Dio aveva fermato il tempo, usando una modalità espressiva che non è più sbagliata di quando noi oggi affermiamo che il Sole sorge e tramonta.