L'islamismo uccide, il fanatismo indù opprime
In Pakistan i cristiani muoiono,
o a centinaia sono costretti a passare all'islam. In India cresce l'intolleranza,
e così pure in Buthan e Nepal.
Due nuovi lutti hanno colpito le comunità cristiane d’Asia.
In Pakistan, a Hyderabad, nel Sindh, due cristiani sono stati uccisi e altri due sono stati gravemente feriti da un gruppo di giovani musulmani che li hanno aggrediti la sera del 21 marzo davanti a una chiesa. Con l’intento di disturbare le celebrazioni in corso per il 30° anniversario della fondazione della chiesa dell’Esercito della Salvezza, i ragazzi islamici si erano riuniti nei pressi dell’edificio e avevano incominciato a importunare le donne che entravano e a suonare della musica a volume altissimo. Se ne erano poi andati quando alcuni fedeli erano usciti dalla chiesa e avevano chiesto loro di smettere. Ma, poco dopo, i provocatori sono tornati armati di pistole e hanno aperto subito il fuoco. Come in altre occasioni, la polizia ha agito in ritardo e a tuttora non ha ancora proceduto a nessun arresto, malgrado le testimonianze di chi ha assistito all’aggressione. Younis Masih, una delle due vittime, aveva moglie e quattro figli; Jameel Masih, l’altra vittima, era sposato da un mese.
Sono episodi del genere che alimentano il clima di tensione in cui vivono i tre milioni di cristiani pakistani, inducendone ogni anno centinaia a convertirsi all’islam. Nella sola madrassa di Jamia Naeemia, a Lahore, i cristiani convertiti all’islam sono stati 678 nel 2009 e quasi 700 nel 2010. «La gente non ha fiducia nella polizia o nel sistema giudiziario - spiega in un’intervista riportata dall’agenzia di stampa AsiaNews Peter Jacob, direttore esecutivo della Commissione nazionale di Giustizia e Pace (Ncjp) della Chiesa cattolica pakistana - e il tipo di paura che si prova oggi non ha precedenti in passato». Inoltre professare una fede non islamica espone a discriminazioni e ritorsioni che rendono la vita sempre più difficile. Per il fatto di essere cristiani si può perdere il lavoro o vedersi negata l’ammissione all’università e alle scuole superiori.
In India [nella foto] sono come sempre gli integralisti indù a minacciare le comunità cristiane. L’ultima vittima è Angad Digal, un cattolico di Mondasoro ucciso a Tilakapanga, nello stato di Orissa, dove si era recato il 10 marzo in compagnia di conoscenti indù. Anche in India l’inerzia delle forze dell’ordine incoraggia la violenza e inoltre i cristiani, impauriti, sempre più spesso rinunciano addirittura a denunciare le aggressioni subite per timore di ritorsioni. Così gran parte degli omicidi rimangono impuniti e spesso le famiglie delle vittime non riescono neanche a ricuperare i cadaveri dei loro congiunti che vengono dichiarati scomparsi senza che si indaghi sulla loro sorte. L’Orissa è uno degli stati indiani in cui i cristiani corrono i pericoli maggiori. Periodicamente veri e propri pogrom colpiscono le comunità dei fedeli causando vittime e ingenti danni materiali nell’indifferenza delle autorità locali.
Al confine settentrionale dell’India, anche nel piccolo regno himalayano del Bhutan, che fa parte della diocesi del distretto indiano di Darjeeling, le comunità cristiane sopportano discriminazioni specie nell’accesso all’istruzione e alle cariche pubbliche. Le autorità esercitano su di loro forme severe di controllo: proibito il proselitismo, la costruzione di chiese, la celebrazione pubblica della messa, l’ingresso nel paese di missionari. I cristiani sono costretti a pregare in casa e solo di rado l’unico sacerdote del paese paese, padre Kinley, ha modo di celebrare la messa in case private.
Tuttavia la loro fede è salda, tutti possiedono una Bibbia che leggono con fervore e il loro numero è in aumento, come ha potuto constatare Monsignor Menamparampi, arcivescovo della città indiana di Guwahati, che, come riporta l’agenzia di stampa AsiaNews, per la prima volta dal 1993 è stato autorizzato a entrare nel paese, dopo innumerevoli dinieghi da parte delle autorità. Approfittando di un programma di formazione per giovani, Monsignor Menamparampi ha iniziato il suo viaggio in Buthan il 9 marzo e in segreto ha visitato numerose famiglie cattoliche e protestanti.
Ancora più difficile sta diventando la situazione dei cristiani del vicino Nepal. Qui è l’instabilità politica dovuta a un conflitto interno al governo tra comunisti e maoisti a esporre le minoranze religiose alla violenza degli estremisti indù del Nepal Defence Army. Ma in compenso i cristiani nepalesi possono contare su una maggiore tutela da parte delle istituzioni che di recente hanno sventato una serie di attentati a chiese e altri edifici. Tuttavia molti ormai hanno paura di frequentare le chiese, soprattutto in occasione delle cerimonie religiose, e preferiscono pregare in casa. Il Nepal Defence Army inoltre minaccia gli imprenditori e gli uomini d’affari cristiani, estorce loro denaro in cambio della promessa di astenersi da attentati e violenze e interferisce sulle loro attività tanto che l’economia nazionale ha incominciato a risentirne.