L'Isis "punisce" la Turchia nel cuore di Istanbul
Un attentatore suicida dell'Isis si è fatto esplodere in mezzo ai turisti in piazza Sultanahmet, nel centro storico di Istanbul, a poca distanza dalla Moschea Blu. Il bilancio è di 10 morti e 15 feriti, in maggioranza tedeschi. L'azione terrorista fa parte dell'offensiva dello Stato Islamico contro il turismo, la stessa che ha già ripetutamente colpito anche l'Egitto. Ma la Turchia, in sé, sta entrando nel mirino dei terroristi. Perché era una base sicura e ora lo è sempre meno.
Istanbul, la piazza di Sultanahmet, fra la Moschea Blu e il museo (ex cattedrale) di Santa Sofia, è uno dei luoghi più turistici della Turchia. Ieri mattina è stato violato per la prima volta da un terrorista suicida, che si è fatto esplodere presso un gruppo di turisti europei. Il bilancio, ancora provvisorio, è di 10 morti e 15 feriti, in maggioranza tedeschi ed europei.
Fra i turisti che si sono salvati solo per pochi metri di distanza dall’esplosione, c’era il vescovo (scomunicato) nord irlandese Pat Buckley, che era appena entrato a visitare la Moschea Blu. “Ho vissuto gli anni 70 in Irlanda del Nord e di esplosioni ne ho sentite tante – racconta alla Bbc – ma questa era incredibilmente forte. Ho visto la polvere entrare nelle porte della moschea e ho potuto sentire l’odore dell’esplosivo”. “La Turchia è nel mirino di tutti i gruppi terroristici della regione. Ma la nostra nazione li combatte tutti allo stesso modo”, ha subito dichiarato Recep Tayyip Erdogan. La guerriglia in corso contro il Pkk curdo nelle regioni orientali, il terrorismo dell’Isis importato dalla Siria e l’estremismo di sinistra marxista (che ha anch’esso iniziato a usare l’arma del terrorismo suicida, con il primo attentato di questo genere l’anno scorso) sono state le prime tre matrici sospettate. Come sempre accade in circostanze simili, il governo ha subito blindato il paese: coprifuoco su tutti i canali di informazione nazionale e alcune linee di trasporto pubblico da e per l’area sono state fermate. Un centinaio di agenti in tenuta anti-sommossa è affluito nella zona colpita, per proteggere i lavori della polizia scientifica. L’attentatore è stato riconosciuto nel corso della mattinata, dopo le primissime indagini. I pezzi che erano rimasti di lui hanno permesso alla polizia turca di arrivare alla sua identità: un uomo di 28 anni, di nazionalità siriana. Vista la provenienza, le indagini si sono concentrate sull’Isis. E nel pomeriggio è arrivata la rivendicazione dello Stato Islamico a dissipare tutti i dubbi.
Il Vaticano è stato fra i primi Stati a esprimere le condoglianze per il tragico evento. “L’attentato a Istanbul suscita ancora una volta un grande dolore. Quel che sta accadendo, che si sta ripetendo, ci conferma che di fronte a questi mali la medicina è la misericordia”, ha dichiarato monsignor Pietro Parolin. La più coinvolta è comunque la cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha perso il maggior numero di suoi cittadini nell’esplosione. “Oggi è stata colpita Istanbul; Parigi è stata colpita; la Tunisia è stata colpita; Ankara era stata colpita già in precedenza. Il terrorismo internazionale sta ancora una volta mostrando il suo volto crudele e inumano”. L’elenco di Angela Merkel è necessariamente incompleto. Ma rende l’idea dell’offensiva dell’Isis, soprattutto quella contro il turismo. Un altro duro colpo è stato l’abbattimento del volo charter russo Metrojet 9268, sui cieli del Sinai, il 31 ottobre scorso: 224 morti, tutti russi che tornavano da una vacanza a Sharm el Sheikh. E appena quattro giorni prima della bomba a Istanbul, l’8 gennaio, in un altro luogo preferito dal turismo internazionale, a Hurghada, in Egitto, sul Mar Rosso, due uomini hanno tentato di fare una strage nell’hotel Bella Vista, ma sono stati uccisi entrambi prima che potessero fare vittime. Il bilancio è limitato a tre turisti feriti. La versione ufficiale egiziana parla ancora di “tentativo di rapina a mano armata”, ma i testimoni oculati, fra cui l’italiano Rocco Boccadifuoco, parlano di attacco terroristico: “Non ci vuole un esperto per capire chi hai davanti, quando è armato, ha una bandiera dell’Isis e urla che Allah è grande…”, ha detto il turista italiano all’agenzia AdnKronos. Appena il giorno prima, il 7 gennaio (giorno del capodanno copto) uomini armati avevano sparato contro un pullman di turisti israeliani al Cairo, nei pressi delle piramidi di Giza. Non avevano fatto vittime, ma provocato molta paura. Anche in quel caso l’attentato è stato subito rivendicato dall’Isis.
Il fatto che questa volta sia stata colpita la Turchia non è dunque un elemento così determinante per spiegare la logica dell’attentato di ieri. L’obiettivo era evidentemente costituito dai turisti e il luogo scelto è una delle mete internazionali più frequentate, al pari del Colosseo o della Tour Eiffel, o, appunto, delle spiagge sul Mar Rosso e sul Mediterraneo. L’offensiva contro il turismo è uno dei metodi di lotta più efficaci adottati dal terrorismo jihadista. Si colpiscono bersagli disarmati, si spara nel mucchio, in certi casi si dimostra quanto sia possibile bypassare i controlli di luoghi protetti, aggiungendo un ulteriore senso di insicurezza nelle vittime potenziali. E’ una guerra economica, soprattutto: gli effetti del panico sono notevoli e immediati. Il Ministero del Turismo egiziano, ad esempio, calcola una media di 240 milioni di euro persi ogni mese dal suo paese, da quando è stato abbattuto l’aereo russo. La Turchia, ora, dovrà fare i conti con il contraccolpo della bomba di Sultanahmet, dove sono rimasti vittime soprattutto turisti tedeschi, i primi per numero fra i visitatori abituali del paese.
Tuttavia, per l’Isis la Turchia sta diventando un bersaglio frequente. Si contano già altri due attacchi di grandi dimensioni negli ultimi sei mesi: un terrorista suicida a Suruç, vicino al confine con la Siria, il 21 luglio scorso, e soprattutto le due bombe nel corteo pacifista di Ankara, il 10 ottobre scorso, che a tutt’oggi resta l’attentato più sanguinoso nella storia recente turca. In entrambi i precedenti, il bersaglio era soprattutto politico ed era costituito dai curdi. Tanto è vero che nell’opinione pubblica curda vige il sospetto che fra lo Stato turco e l’Isis vi sia un accordo segreto, che sarebbe comprovato da altre mille ambiguità di Ankara nel conflitto siriano, dal contrabbando del petrolio del Califfato al continuo transito dei volontari jihadisti dalla frontiera meridionale turca. Il governo di Ankara ha sempre smentito le accuse e dall’estate scorsa sta mostrando un rinnovato impegno nel sigillare il confine con la Siria, anche con il sostegno degli Stati Uniti. Ed è anche per questo che l’Isis, che comunque conta su numerosi volontari all’interno della Turchia, anche nella stessa Istanbul, ha deciso di “punire” uno Stato e un territorio che finora gli è sempre servito come base.