L'Isis distrugge 1600 anni di storia cristiana
Un giorno dopo la decapitazione dell'archeologo Khaled Asaad a Palmira, l'Isis procede nella sua opera di distruzione: raso al suolo il monastero di Mar Elian, a Qaryatain, un complesso del V Secolo ed hanno profanato la tomba di S. Elian. E' un rito compiuto, ormai, in tutti i luoghi occupati dall'Isis. Eppure c'è chi, nella Chiesa, vorrebbe il dialogo con il Califfo, come i vescovi Galantino e Mogavero.
Dopo la decapitazione con conseguente impiccagione dell’ex responsabile delle Antichità di Palmira, Khaled Asaad, i miliziani dello Stato islamico hanno mandato un nuovo messaggio all’occidente imbelle. Armati di bulldozer, hanno raso al suolo il monastero di Mar Elian, antico complesso risalente al Quinto Secolo dopo Cristo situato nella cittadina di Qaryatain, non distante dalla ben più popolata Homs.
Il monastero era già nelle mani dei jihadisti dall’inizio di agosto, ma nulla fino a ora neanche una pietra era stata toccata. La furia degli sgherri al soldo di Abu Bakr al Baghdadi si era accanita sulla popolazione locale: 230 civili rapiti, di cui 110 trasferiti a Raqqa, la capitale del Daesh. Di 70, uomini, donne e bambini, non si hanno più notizie. Il prete siro-cristiano, Jacques Mourad, superiore del monastero di Mar Elian, era stato sequestrato a maggio, non appena le prime file delle milizie del Califfato erano giunte sul luogo. Dalle foto postate online, triste e ormai consolidato rito propagandistico che riesce a far presa anche su tanti giovani occidentali, si vede la profanazione della chiesa, la riesumazione dei resti di S. Elian e la distruzione del sito. Più o meno il copione seguito già in occasione della devastazione delle tante chiese e dei monasteri situati nella piana di Ninive, nei dintorni di Mosul. Lo scorso giugno, la chiesa di S. Efrem era stata trasformata in moschea, mentre peggio era andata a marzo al monastero di Mar Benham, completamente distrutto.
Il nunzio a Damasco, mons. Mario Zenari, ha confermato ad AsiaNews la sparizione di intere famiglie cristiane: “L’unico dato certo è che sono nelle loro mani [dei miliziani, ndr], la situazione è ingarbugliata e sono tuttora in atto scontri tra le varie fazioni”. Dinnanzi all’avanzata incessante delle falangi del Daesh, nonostante l’appello delle comunità locali – a partire dai vescovi che ormai da mesi chiedono un intervento deciso della comunità internazionale per sradicare il cancro jihadista prima che sparisca dalla regione anche l’ultimo cristiano – in Occidente c’è ancora chi teorizza la possibilità di sedersi al tavolo del dialogo con i rappresentanti del Califfato, magari con lo stesso al Baghdadi. Come se dialogare con chi nei mesi si è distinto per l’accuratezza nel maneggiare il coltellaccio per gli sgozzamenti fosse possibile o anche solo immaginabile. Un anno fa, era stato il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, mons. Nunzio Galantino, a farsi portavoce di tale linea. Conversando con il Corriere della Sera, aveva infatti osservato che “la democrazia non si esporta con le armi e bisogna vedere se quel nostro concetto coincide con le aspirazioni locali”. Un anno dopo è arduo pensare che le “aspirazioni locali” siano in qualche modo in sintonia con le posizioni portate dal Daesh. Galantino, poi, sottolineava che “c’è un tipo di fondamentalismo anche qui in Occidente che vorrebbe cogliere l’occasione per distruggere ogni dialogo col mondo musulmano, quasi che la convivenza fosse impossibile, paventando addirittura un’Europa già conquistata”.
Dodici mesi dopo, a ribadire il concetto ci ha pensato il vescovo di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero, in un’intervista alla Stampa. Aprendo una parentesi su quel che accade al di là del Mediterraneo e in quella che un tempo era la Mesopotamia, il presule s’è mostrato sereno rispetto al fosco quadro che pure parrebbe emergere: “Dobbiamo mettere da parte angoscia distruttiva e fandonie della guerra santa. Non c’è alcun pericolo rispetto alla nostra identità di fede. L’islam non vuole cancellare le radici cristiane in Occidente”.