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LIBIA

L’Isis cacciato da Sirte. Analisi di una “strana” vittoria

Le “forze libiche”, secondo fonti di Tripoli, hanno assunto nella notte di sabato il «pieno controllo» del porto di Sirte. Ma Il rapido successo contro le forze dello Stato Islamico suscita non poche perplessità. Qualche motivo che potrebbe stare dietro il successo delle raffazzonate unità di miliziani di Misurata. 

Esteri 13_06_2016
Sirte liberata dall'Isis

Il rapido successo conseguito nella regione di Sirte dalle milizie libiche contro le forze dello Stato Islamico in Libia suscita non poche perplessità. In poco più di due settimane le raffazzonate unità di miliziani di Misurata sono passati dalla difensiva (dopo aver subito alcuni rovesci ad opera dell’Isis) a una decisa fase offensiva che li ha portati a occupare i dintorni della città che diede i natali a Muammar Gheddafi per poi penetrarvi incontrando una resistenza sporadica.

Anche se il governo di Fayez al-Sarraj ha già proclamato la vittoria, il successo eventuale non può certo essere attribuito al suo inesistente esercito, ma ad alcune milizie che lo sostengono. Quelle di Misurata che attaccano da ovest hanno dichiarato il loro appoggio all’esecutivo di riconciliazione nazionale, ma non prendono ordini da al-Sarraj mentre le guardie petrolifere (Pfg) guidate da Ibrahim Jadhran hanno recentemente dichiarato il loro appoggio a Sarraj, ma fino a ieri sostenevano il governo di Tobruk e hanno sempre salvaguardato la loro autonomia.

Gli ultimi rapporti dal campo di battaglia riferiscono che lo Stato islamico (Isis) controlla ormai solo 20 chilometri quadrati di territorio nell'area di Sirte. Le “forze libiche”, secondo fonti di Tripoli, hanno assunto nella notte di sabato il «pieno controllo» del porto di Sirte dopo «violenti combattimenti», come ha reso noto nella capitale libica il portavoce dell'operazione militare, Mohammed al Ghasri. Gli aerei da guerra libici (vecchi Mig 21 che appartengono alle milizie di Misurata) hanno condotto ieri sei raid contro postazioni dell'Isis.

Secondo al Ghasri, inoltre, le milizie libiche sono entrate nei quartieri uno e tre del centro della città, dove sarebbero ancora presenti diversi cecchini dell'Is asserragliati in alcuni edifici mentre secondo il reportage dell’Afp le truppe di Misurata avrebbero messo in campo carri armati e artiglieria, mentre i jihadisti rispondono con mitragliatrici, mortai e cecchini. La rapidità dell'avanzata ha sorpreso le stesse autorità di Tripoli. «La battaglia non è stata dura come pensavamo», ha detto venerdì una fonte del governo libico. I servizi di intelligence Usa stimano che lo Stato islamico abbia almeno 5mila combattenti in Libia, ma a Sirte queste forze per ora non si sono viste. «Siamo incoraggiati dal progressi che stanno facendo», ha detto l'inviato Usa in Libia, Brett McGurk. «Se c'è una forza credibile sul terreno contro l'Isis, questo potrebbe cedere abbastanza in fretta».

Non c’è dubbio che a dare slancio alle forze di Misurata stia contribuendo in modo decisivo il supporto offerto dalle forze speciali britanniche e statunitensi (qualcuno dice vi siano anche italiani) in termini di consulenza alle raffazzonate milizie libiche e soprattutto di intelligence grazie alla ricognizione effettuata da droni e aerei spia che decollano regolarmente dalle basi italiane di Sigonella e Pantelleria. Pur tenendo nella debita considerazione il ruolo delle forze speciali (in tutto poche decine di uomini) occidentali, lo sviluppo della battaglia non spiega che fine abbiano fatto le forze dello Stato Islamico.

Due le possibili interpretazioni: o hanno ripiegato verso il Fezzan, la regione meridionale desertica libica per darsi alla guerriglia, oppure le tante temute forze dello Strato islamico in Libia sono state sovastimate nel numero e sopravvalutate nelle capacità. La prima opzione non può essere esclusa poiché l’Is non si è mi fatto incastrare in battaglie campali da cui sarebbe uscito irrimediabilmente sconfitto. Anche in Siria e Iraq i jihadisti hanno difeso le città con piccoli reparti votati al suicidio per rallentare l’avanzata nemica o a sfuggire all’accerchiamento mischiandosi ai civili. Nel sud della Libia, poco presidiato dalle forze di Tripoli e Tobruk, l’Is potrebbe trovare appoggi presso diverse tribù e saldarsi con altri movimenti jihadisti del Sahel sfruttando i ricchi traffici di armi, droga e soprattutto esseri umani diretti in Italia. 

Nelle prossime settimane sarà più chiaro se i tanto temuti 5 mila miliziani dello Stato Islamico in Libia sono fuggiti nel Sud o erano solo il frutto di valutazioni sbagliate o volutamente gonfiate da Washington per caldeggiare un intervento militare europeo a guida italiana in Libia. Se, infatti, le forze jihadiste fossero limitate alle poche centinaia di combattenti attivi a Sirte sarebbe evidente che Usa ed europei hanno gridato “al lupo” per oltre un anno di fronte a una minaccia ridotta a ben poca cosa. Per intenderci, se le milizie di Misurata e le Pfg hanno liberato Sirte e la fascia costiera in mano all’Is in due settimane, un intervento degli alleati occidentali avrebbe sbaragliato i jihadisti in 48 ore.

Se lo scenario militare dovesse confermare il rapido tracollo dell’Is in Libia, almeno come forza organizzata che controlla città e territorio, verrebbero infatti ridicolizzate tutte le valutazioni e le analisi sulla necessità di un intervento occidentale in Libia che hanno caratterizzato il dibattito politico e strategico degli ultimi mesi. Valutazioni che riguardano anche l’Italia dove oggi appare ancor più evidente come la minaccia non sia rappresentata tanto da uno Stato Islamico costretto a darsi alla macchia nel deserto, quanto da un’immigrazione clandestina gestita dalle stesse milizie che appoggiano il governo di al-Sarraj.