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GEOPOLITICA

L'Iran si avvicina al punto di non ritorno

Teheran corre verso la bomba atomica, l'Aiea conferma e forse stavolta l'Occidente pensa di fermarla davvero. Anche con la forza.

Attualità 09_11_2011
Iran nucleare

 

Forse si tratta dell’ennesimo “fuoco di paglia” appiccato per indurre Teheran a rinunciare al suo programma nucleare. Oppure, a differenza degli allarmi lanciati negli anni scorsi dai media internazionali, questa volta gli israeliani e forse anche gli anglo-americani fanno sul serio e si
apprestano davvero a scatenare raids aerei e missilistici contro i siti atomici iraniani.

Dopo le indiscrezioni trapelate alla stampa circa la preparazione di un attacco militare (imminente per gli israeliani, entro un anno al massimo per gli anglo-americani) gli analisti tendono a valutare più attendibile la prima ipotesi tesa a sostenere con la minaccia militare il Rapporto sul programma atomico degli ayatollah che l'Agenzia internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) ha appena reso noto.

Un rapporto che non contiene "pistole fumanti" ma che di certo non è infarcito di tutti i condizionali e i "forse" che abbondavano nei documenti dell’Aiea elaborati quando alla testa dell’agenzia dell’Onu sedeva l’egiziano Mohamed el-Baradei. Il giapponese Yukiya Amano ha utilizzato numerose fonti d’intelligence che includono diverse “talpe” iraniane per ufficializzare quanto in realtà è ovvio da tempo. E cioè che il programma atomico iraniano, a differenza di quanto sostenuto in alcuni ambienti negli anni scorsi (persino da Romano Prodi che tentò addirittura di convincere delle buone intenzioni di Teheran il sovrano saudita Abdullah), ha finalità prettamente militari tese cioè a costruire ordigni nucleari. 

Il testo rivela che Teheran «ha condotto attività  rilevanti al fine di sviluppare un ordigno esplosivo nucleare» e l'Aiea si dice «seriamente preoccupata riguardo possibili dimensioni militari del programma nucleare iraniano». Dopo aver valutato «con attenzione e in modo critico» le
informazioni disponibili, il rapporto le definisce  «complessivamente credibili». Queste informazioni suggeriscono «anche che prima della fine del 2003 queste attività sono avvenute nell'ambito di un programma strutturato e alcune potrebbero essere ancora in corso». L'Agenzia rivela inoltre di «avere forti indicazioni» circa il fatto che Teheran per lo sviluppo delle sue attività nucleari sia «stata aiutata dal lavoro di un esperto straniero».

Quest'ultimo, si legge, «non era solo competente nell'ambito di queste tecnologie, ma - secondo le informazioni di uno Stato membro all'Agenzia - ha lavorato per buona parte della sua carriera con questa tecnologia nel programma di armi nucleari del suo Paese di origine». Un riferimento evidente a Pakistan e Corea del Nord che hanno contribuito anche allo sviluppo dei missili balistici iraniani, cioè dei vettori delle armi atomiche. Ma anche alla Russia se si tiene conto che il Washington Post
scriveva che l'Iran è riuscito a padroneggiare le fasi critiche necessarie per la costruzione di un'arma nucleare grazie all'aiuto di esperti stranieri, fra cui Vyacheslav Danilenko, ex scienziato sovietico che sarebbe stato ingaggiato dall'Iran alla metà degli anni Novanta per un periodo di cinque anni.

Nulla di nuovo a beh guardare. Le stesse cose che diceva l’Amministrazione di George W. Bush jr. per anni tacciate da molti, anche negli USA e in Europa, di interventismo imperialista legittimato dalla dottrina della "guerra preventiva" . Oggi, a quasi dieci anni di distanza, le dice l’Onu e le ripete Barack Obama, premio Nobel per la pace. Forese troppo tardi. Nel rapporto l'Agenzia scrive infatti di essere in possesso di «informazioni fornite da uno Stato membro riguardo il fatto che l'Iran potrebbe aver pianificato e condotto sperimentazioni preparatorie utili nel caso in cui l'Iran volesse effettuare un test di un ordigno esplosivo nucleare». L'Aiea afferma quindi di «avere informazioni secondo cui l'Iran ha condotto diversi test pratici» per sperimentare la sua tecnologia.

«Chiunque agirà contro l'Iran rimpiangerà amaramente» un attacco militare, ha risposto il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, ribadendo che l'Iran «non accetta accuse da parte dell'Aiea, il cui capo sfortunatamente non ha autorità e ripete solo quello che gli Usa gli dicono di dire». Benché in molte cancellerie si valuti che l’ombra dei raid sull’Iran abbia l’obiettivo di favorire in sede Onu l’approvazione di rigidissime sanzioni al regime,  l’opzione militare potrebbe risultare molto più realistica di quanto si immagini. Innanzitutto proprio perché per l’applicazione di nuove sanzioni la strada appare tutta in salita. Teheran può contare sull’appoggio di Russia e Cina, supporter non proprio disinteressati  in grado di porre il veto sulle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza.

«L'Iran spera nell'intervento della Cina, della Russia e dei Paesi non allineati perché le cose possano rimettersi sulla strada giusta», ha detto l'ambasciatore iraniano all'Aiea, Ali Asghar Soltanieh, commentando il rapporto. Mosca fornisce da anni tecnologia atomica a uso civile inclusa la centrale di Busher ed è il principale fornitore di armi all’Iran inclusi sofisticati missili antiaerei e antimissile M-1 ed S-300 (questi ultimi a quanto pare costruiti in Iran col supporto di tecnici russi) e contromisure elettroniche per la difesa aerea. In pratica quanto occorre per rendere più difficili le incursioni contro i siti nucleari. Se mosca è il primo partner militare di Teheran, Pechino è il secondo con forniture che hanno recentemente incluso il missile da crociera antinave C-802.

Al di là degli aspetti commerciali, i cino-russi continuano quindi a rifornire delle migliori tecnologie militari a loro disposizione e nemici di turno dell’Occidente e di Israele (dalla Siria alla Serbia di Milosevic, dall’Iraq di Saddam Hussein al Venezuela di Hugo Chavez) anche con l’obiettivo di testare in guerra le loro tecnologie contro i più avanzati sistemi d’arma occidentali.
Benché il ministro della difesa israeliano Ehud Barak abbia smorzato i toni annunciando che lo Stato ebraico «non ha ancora deciso di avventurarsi in alcuna operazione» l’aspetto che rende più probabile l’opzione militare è la conferma che Teheran sta preparando un test atomico che sancirebbe il punto di non ritorno del programma iraniano rendendo di fatto inattaccabile il
Paese.

Non mancano i precedenti in tal senso anche molto recenti. La Corea del Nord nel mirino della guerra preventiva dell’amministrazione Bush come stato membro del cosiddetto "Asse del Male" (che proliferava armi di distruzione di massa e sosteneva il terrorismo)  è al riparo da ogni attacco militare dal 2006, quando effettuò il primo terst atomico, seguito da un secondo nel 2009. Chi oserebbe attaccare una potenza atomica in grado di scatenare l’olocausto nel Pacifico? La migliore conferma è giunta l’anno scorso quando i nordcoreani affondarono in marzo la corvetta Cheonan della marina di Seul e bombardarono, in dicembre, l’isola sudcoreana di Yeonpyeong.
Aggressioni immotivate e sanguinose, scatenate probabilmente  con il tacito assenso di Pechino, che non hanno determinato nessuna rappresaglia sudcoreana o statunitense. Il motivo? Pyongyang ha "la bomba".  Naturale che l’Iran segua lo stesso percorso ma è altrettanto evidente che Israele (ma neppure i sauditi e le altre monarchie sunnite $del Golfo) non possa permetterlo né soprattutto permetterselo. La sua limitata estensione territoriale renderebbe lo stato ebraico cancellabile con appena uno o due ordigni di basso potenziale e anche una rappresaglia atomica sulle vaste
estensioni iraniane non cambierebbe le sorti di Gerusalemme.