L'Iran minaccia di attaccare Israele. Gli Usa sono già coinvolti
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La guerra fra Iran e Israele non è mai scoppiata, ma è sempre stata nell’aria. Ora la tensione è veramente alle stelle. Teheran promette di vendicare l'uccisione del generale Zahedi.
La guerra fra Iran e Israele non è mai scoppiata, ma è sempre stata nell’aria, soprattutto negli ultimi vent’anni, da quando è stato scoperto il programma nucleare segreto iraniano. Si tratta di una guerra fredda, combattuta per procura: i gruppi terroristi spalleggiati da Teheran (Hezbollah, milizie sciite in Siria e gli Houthi nello Yemen) hanno sempre condotto azioni terroristiche, o anche militari nel caso di Hezbollah, contro lo Stato ebraico, che l’ayatollah Khomeini definiva “il piccolo Satana” (il grande erano gli Usa). Gli israeliani rispondono uccidendo gli scienziati impegnati nel programma nucleare iraniano, colpendo gli ufficiali della Guardia Rivoluzionaria all'estero e bombardando i depositi di armi che l'Iran trasferisce a Hezbollah, sia in Libano che in Siria. Ma il conflitto vero e proprio fra i due Stati, finora, non è mai scoppiato, anche a causa della grande distanza che li separa e il fatto che in mezzo vi siano Arabia Saudita ed emirati del Golfo, che verrebbero coinvolti loro malgrado.
La guerra è però molto più vicina, non solo a causa del conflitto a Gaza, in generale, ma soprattutto per un suo episodio recente, in particolare: l’uccisione, il 1 aprile, da parte di Israele, del generale Mohammad Reza Zahedi, comandante delle forze Qods (Guardia Rivoluzionaria all’estero) in Siria e Libano. Gli israeliani lo hanno colpito come risposta a una serie di attacchi, fra cui un incursione di un drone nel porto di Eilat, sul Mar Rosso. Il generale e altri dirigenti iraniani e Hezbollah sono stati uccisi in un raid aereo a Damasco, in un edificio presso la sede consolare iraniana. Da allora ad oggi, per dieci giorni, le autorità iraniane, a tutti i livelli, hanno continuato a ripetere che la Repubblica Islamica si vendicherà. L’agenzia statale Irna, ieri batteva la notizia: «i tempi sono maturi per punire Israele è stata presa una decisione finale su come rispondere» e «la pesante punizione dell'Iran nei confronti di Israele è inevitabile».
Per il governo iraniano si è trattato di “un attacco sul suolo iraniano”, perché avrebbe colpito una sede diplomatica. Israele, però, ribatte che non lo era. Un portavoce militare israeliano ha dichiarato che, secondo l’intelligence, l'edificio colpito a Damasco non era una struttura diplomatica, ma un edificio privato utilizzato dalla Forza Qods. Le riprese televisive e le immagini delle conseguenze dell’attacco hanno però mostrato pesanti danni a un edificio conosciuto come la sezione consolare dell'ambasciata iraniana.
Anche l’ambasciatore iraniano all’Onu, ieri (giovedì 11 aprile) ha condannato l’attacco a una sede diplomatica e contestato l’inazione delle Nazioni Unite: «Se il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite avesse condannato il riprovevole atto di aggressione del regime sionista nei confronti delle nostre sedi diplomatiche a Damasco, e successivamente avesse assicurato alla giustizia i suoi autori, l’imperativo per l'Iran di punire questo regime canaglia avrebbe potuto essere evitato». L’Iran, considerato uno Stato sponsor del terrorismo, da Usa e Israele soprattutto (e il suo appoggio alle milizie mediorientali ne è una prova lampante), riesce così a ribaltare l’accusa di “regime canaglia” su Israele. Ma avrà il coraggio di dar seguito alle parole e passare all’azione?
Un attacco diretto (missilistico o con droni) dal territorio iraniano a quello israeliano, oltre che difficile sul piano tecnico, sarebbe pericoloso anche politicamente. Sarebbero molti, infatti, gli Stati arabi il cui spazio aereo verrebbe violato da un simile attacco. E anche le basi degli Usa nella regione rischierebbero di essere coinvolte. Il timore iraniano in merito si deduce dalle ultime mosse diplomatiche del regime di Teheran. Secondo l’agenzia Reuters, infatti, l'Iran ha segnalato a Washington che risponderà all'attacco di Israele, ma evitando una grave escalation e non agirà in modo precipitoso. Teheran ha ribadito di continuare a premere per ottenere una tregua a Gaza. Il messaggio dell’Iran a Washington è stato trasmesso dal Ministro degli Esteri iraniano durante la visita di domenica (7 aprile) allo Stato arabo del Golfo dell'Oman, che ha spesso agito da intermediario tra Teheran e Washington.
L’Iran ha cercato garanzie che gli Stati Uniti non sarebbero coinvolti nel caso di un «attacco controllato» contro Israele da parte dell'Iran. La richiesta è stata respinta dagli Stati Uniti in una risposta inviata tramite l'Oman.
L’ipotesi più probabile sul tipo di rappresaglia iraniana, resta quella dell’attacco terroristico, contro bersagli israeliani in patria e all’estero. I rapporti dell’intelligence statunitense mostrano che un colpo agli interessi israeliani da parte dell’Iran o dei suoi alleati potrebbe essere imminente, secondo quanto affermato da funzionari statunitensi al Wall Street Journal. Per precauzione, Israele ha già chiuso 30 ambasciate in tutto il mondo (fra cui quella in Italia, a Roma) e le missioni diplomatiche straniere in Israele si stanno già attrezzando per potenziali attacchi, preparando piani di emergenza per l’evacuazione e chiedendo forniture di emergenza come generatori e telefoni satellitari.
Israele, dal 2 aprile, mantiene un alto stato di allerta. E sta iniziando a coordinarsi con gli Usa, visto che un attacco iraniano quasi inevitabilmente finirebbe per coinvolgere anche gli americani. Il generale Kurilla, comandante in capo di Centcom (il comando delle forze statunitensi in Medio Oriente) è arrivato a Tel Aviv ieri (giovedì 11 aprile), dove ha incontrato il ministro della Difesa Yoav Gallant. Un alto funzionario israeliano ha dichiarato che Israele ha chiesto agli Stati Uniti di poter contribuire a limitare la risposta iraniana inviando messaggi di avvertimento privati e pubblici agli iraniani e proiettando la propria forza nella regione. Negli ultimi giorni, inoltre, Israele e gli Stati Uniti si sono coordinati per una difesa aerea e missilistica congiunta nella regione in vista di un possibile attacco iraniano.
Sul fronte della diplomazia, il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha parlato con i ministri degli Esteri di Turchia, Cina e Arabia Saudita, esortandoli a inviare un messaggio all’Iran per evitare un'escalation della situazione.
Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ricordato pubblicamente all’Iran, durante le osservazioni alla Casa Bianca di mercoledì, che l'impegno americano per la sicurezza di Israele è “di ferro”