L'Inviato, lotta per una fede che penzola sull'abisso
Esce per Fede e cultura il completamento della trilogia di O' Brian. L'inviato è certamente un romanzo cattolico per il richiamo al senso dell'esistenza e il confronto tra bene e male. Padre Elia dovrà confrontarsi con il Presidente degli Stati Uniti d'Europa, filantropo e pacificatore: l'Uomo del peccato, l'Anticristo.
«Quando scenderemo a incontrarlo, vescovo?». «Quando sentiremo l'elicottero avvicinarsi». In quel momento fra Enoch e padre Elia compiranno la loro missione ricevuta dal Papa in persona, e andranno incontro al loro destino.
Sulla piazza del Muro a Gerusalemme si consuma l'atto finale della trilogia dello scrittore canadese Michael O'Brien, iniziata vent'anni fa con il best-seller Il nemico (titolo originale Father Elijah: An Apocalypse) e proseguita poi con il prequel Il libraio (Sophia House). Ora è la volta de L'Inviato (Fede&Cultura, p. 320, euro 18) in cui ritroviamo il padre carmelitano Elia, ebreo convertito e sopravvissuto alla Shoa, che è chiamato a completare una battaglia tra bene e male nell'orizzonte dell'Apocalisse. Deve confrontarsi con il Presidente degli Stati Uniti d'Europa, filantropo e pacificatore, ammaliatore di corpi e di anime: l'Uomo del peccato, l'Anticristo.
Padre Elia lo aveva già affrontato nel primo romanzo della trilogia, dove O'Brien ha scolpito sulla carta pagine mirabili, dotate di ritmo, tensione e profondità. Ma le cose per padre Elia non erano andate benissimo e il tutto si era concluso proprio con il suo arrivo a Gerusalemme per la battaglia finale. E qui si apre L'Inviato.
«Sono passati vent'anni», scrive il romanziere canadese nella prefazione, «da quando ho scritto Il nemico. (…) Da allora la Chiesa e il mondo hanno vissuto cambiamenti epocali. Nonostante ciò, l'architettura essenziale, per così dire, della battaglia tra il bene e il male è diventata oggi ancor più violenta, e gli avvertimenti che ho cercato di trasmettere attraverso il romanzo non sono meno urgenti». L'inviato è certamente un romanzo cattolico, anche se il richiamo al senso dell'esistenza e il confronto tra bene e male sono argomenti che riguardano l'uomo in quanto tale. Le analogie con il famoso romanzo di Robert Hugh Benson, Il padrone del mondo, sono molte, la figura dell'Uomo del peccato aleggia in tutte le pagine.
«L'Anticristo», dice il Papa ad Elia nel momento in cui gli affida la missione, «raggiunge l'umanità nell'intimo coma mai prima». Il Presidente è un uomo che affascina, che rappacifica i popoli e le religioni, ma è anche oscuro servo del Principe di questo mondo, il Satana. Elia ed Enoch sono chiamati a fermare e convertire, in un ultimo avvertimento dal sapore dell'esorcismo, l'Uomo che sta per impossessarsi del potere mondiale.
Lasciamo al lettore il finale, mentre osserviamo che l'ultimo capitolo della trilogia di O'Brien non ha il ritmo narrativo dei precedenti libri; si presenta come una serie di incontri tra padre Elia ed alcuni personaggi (una ricca donna violata, un medico che si converte al cristianesimo dall'islam, un produttore di film porno, un vescovo, …) che si susseguono dentro un racconto che ha soprattutto il merito di aiutare il lettore a riflettere, anche spiritualmente, sull'eterno scontro tra bene e male. Non però una riflessione gnostica, bene e male non sono sullo stesso piano, ma c'è la vittoria di Cristo che sta dietro e davanti, e prima del suo ritorno glorioso c'è questo apparente trionfo di colui che «chiamerà a sé l'umanità, volendo appropriarsi di ciò che appartiene ad altri, promettendo a tutti una vana liberazione, lui che non è capace di salvare sé stesso» (Sant'Ippolito di Roma, De Antichristo).
Michael O'Brien nella prefazione ci avverte che non vuole fare del millenarismo, né predizioni fantasiose, perché è consapevole del fatto che troppe persone oggi si lasciano facilmente sedurre da interpretazioni farlocche della realtà. Specialmente quando c'è di mezzo la fede e la religione.
La trilogia che ha scritto rivela però che la fede sta o cade, e oggi penzola pericolosamente sul ciglio dell'abisso, nella coerenza profonda tra credo e vita vissuta. Padre Elia, dice l'autore, è segno di contraddizione e di consolazione, testimonianza di chi è disposto ad andare fino in fondo.
Cari credenti alzate le antenne, perché se qualche ateo o agnostico legge le pagine de L'Inviato si dispiacerà di non trovare un padre Elia sulla sua strada.