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IL CASO PANEBIANCO

L’intolleranza comunista torna in università

Gli intolleranti fascisti rossi hanno ripreso ad attaccare chi non la pensa come loro e la cosa più grave è che ciò sta avvenendo in quello che dovrebbe essere il tempio della libertà di pensiero e cioè l’università. Il caso del professor Angelo Panebianco è solo uno dei tanti, nella scandalosa indifferenza generale.

Politica 22_03_2016
Il professor Angelo Panebianco

Caro direttore,

ci risiamo! Gli intolleranti fascisti rossi hanno ripreso ad attaccare con violenza chi non la pensa come loro e la cosa più grave è che ciò sta avvenendo in quello che dovrebbe essere il tempio della libertà di pensiero e cioè l’università. In questi giorni, all’Università di Bologna, che passa per essere città libera ed aperta (anche se sazia, diceva il cardinale Biffi), è stato impedito al professor Angelo Panebianco di svolgere le sue lezioni, perché ritenuto dai facinorosi un “guerrafondaio” per quanto scrive sul Corriere della Sera e per quanto insegna. 

Ora il docente ha bisogno della tutela della forza pubblica per poter insegnare nella “libera” Italia. Quel minuzioso guardiano delle nostre libertà individuali, che è l’ottimo Giulio Meotti, ha pubblicato sul Foglio un lungo servizio, nel quale ci spiega come quello del professor Panebianco non è l’unico caso di intimidazione contro la libertà di insegnamento. Nella scandalosa indifferenza generale, ci sono tanti altri docenti minacciati per quanto da loro insegnato e Meotti illustra il caso del professor Michele Tiraboschi, anch’egli da anni sotto scorta per le sue idee di “giuslavorista” (fu allievo del povero Biagi); il caso del professor Carlo dell’Aringa dell’Università di Milano, anch’egli “giuslavorista”; il caso del pedagogista Andrea Canevaro, per aver tenuto corsi per le forze dell’ordine; il caso del professor Franco Battaglia dell’Università di Modena, per aver espresso le sue opinioni in tema di energia nucleare; il caso del professor Paolo Macry dell’Università di Napoli, per un articolo giornalistico; la professoressa Daniela Santus dell’Università di Torino, per le sue idee circa Israele. 

Quello che impressiona è che nel nostro Paese vivano persone impedite di esprimere liberamente il proprio pensiero e il proprio insegnamento e nessuno dica niente. Silenzio assoluto su questa materia. Il caso Panebianco, se non altro, ha contribuito a rompere la cortina del silenzio, anche se occorre aggiungere che le espressioni di solidarietà verso quel docente da parte dei suoi colleghi sono state poche e flebili. Abbiamo visto come tanti, a partire dalla Tv, si agitino per diritti che tali, in effetti, non sono, mentre uno sconcertante silenzio accompagni la violazione del più elementare ed essenziale dei diritti, che è quello relativo alla libertà di pensiero e alla libertà di insegnamento.

Mentre vorrei esprimere, tramite il tuo giornale, la più indiscutibile solidarietà a Panebianco e a tutti gli altri docenti che si trovano, più o meno, nella sua situazione, vorrei anche ricordare che, purtroppo, l’indifferenza verso la violenza che vuole far tacere libere voci e liberi pensieri non è nuova e speriamo che non porti alle stesse tragiche conseguenze che abbiamo sperimentato negli Anni ‘70. Non posso non ricordare l’amarissima indifferenza che intellettuali e poteri mediatici dimostrarono, a suo tempo, nei confronti delle violenze perpetrate contro persone e sedi del movimento di Comunione e Liberazione, per il solo fatto che osava proporre, sia privatamente sia pubblicamente, una ipotesi di vita diversa da quella che i violenti avrebbero voluto imporre a tutti. 

Fu sorprendente, allora, l’alleanza pratica tra quelli che venivano chiamati “borghesi” e le forze di sinistra. Noi di Cl ricevevamo sputi in faccia per il solo fatto di difendere il diritto di tutti di votare nelle scuole e nelle università; ci venivano bruciate sedi e radio, se osavamo invitare a Milano a cantare un artista (Alan Stivell) che altri ritenevano di loro esclusiva proprietà. Gli universitari erano quasi quotidianamente attaccati per il solo fatto che esistevano. Ma la stampa, nei fatti, giudicava più severamente le vittime (in quanto “integralisti”, accusa peraltro risibile) dei violenti. Del resto, il Vangelo ha predetto la persecuzione ai fedeli che non abbiano vergogna di Cristo.

Ho desiderato sottolinearti la gravità di quanto accaduto al professor Panebianco, perché ritengo che la violenza contro di lui messa in atto potrebbe essere l’inizio di una deriva che sarebbe gravissima per ogni libertà, compresa la “libertas Ecclesiae”, per la quale abbiamo dedicato, lieti, molto tempo della nostra vita. Mai dare per scontata la nostra libertà.