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PROPRIETÀ

L'interesse composto, distruttore dell'economia

I soli calcoli aritmetici non bastano.
Il denaro è solo una pura convenzione per scambiare servizi. Bisogna dunque tornare ai beni reali.

Attualità 14_02_2012
Mutuo casa

 

Se qualcuno dei lettori ha mai contratto un mutuo, avrà sperimentato quanto sto per dire e cioè che il denaro costa più della casa.

La ragione di ciò sta nel perverso meccanismo dell'interesse composto, cioè quell'interesse annuale pagato non solo sulla somma del capitale, ma anche sugli interessi maturati via via. Facciamo subito un esempio: ricevo un prestito di cento lire all'interesse del 5%, da restituire in due anni: per il primo anno l'interesse corrisponde a 5 lire, il secondo anno a 5,25 lire. Il prestatore infatti ha contato il 5% di interesse su 100 lire il primo anno; e il 5% di interesse su 105 lire (il capitale iniziale prestato di 100 lire, più le 5 lire del primo anno di interessi) il secondo anno.

Vediamo di capire la logica sottostante a questo metodo: il prestatore vuole che i soldi rendano, potrebbe altrimenti prestarli a un altro, o investirli lui. E per il secondo anno ragiona così: se mi fossero stati restituiti i soldi il primo anno, non ne avrei 100 ma 105 (quelli prestati più gli interessi maturati dopo un anno), perciò voglio che siano messi a frutto tutti i 105 di cui disporrei se avessi ricevuto indietro i soldi.

Si noti che è una logica totalmente soggettiva e teorica, ovvero tipicamente utopistica. Infatti il prestatore, cioè la banca, si guarda bene dell'investire il capitale in prima persona, perché sa che in ogni attività, agricola industriale o commerciale, vi sono annate buone e annate meno buone, per cui la resa non è garantita.
Non solo, ma dopo un annata buona tutto l'utile andrebbe reinvestito in attività produttive, senza concedersi un premio, uno sfizio o una vacanza, altrimenti non vi sarebbe quel surplus di crescita corrispondente all'interesse composto.

Se poi osserviamo questo meccanismo nell'ottica del debitore, nascono alcune rimostranze: perché devo pagare gli interessi sugli interessi? Perché devo lavorare come un matto per pagare gli interessi al banchiere che mi presta soldi non suoi? (Infatti il banchiere è padrone del capitale sociale della banca, che è una piccola quota e a chi chiede un prestito non presta i suoi soldi, bensì quelli depositati dei clienti). Perché devo pagare interessi anche sui prestiti fatti in base alla riserva frazionaria, che è denaro che la banca non ha? (In base al meccanismo della riserva frazionaria la banca può arrivare a prestare fino a 50 volte il capitale che detiene, anche se generalmente le banche italiane lavorano con un rapporto prestiti/capitale compreso tra il 10 a 1 e il 20 a 1).

E quando il debitore non è un imprenditore nascono le ultime riflessioni: se mi compro una casa, perché devo pagare gli interessi su una spesa, cioè su un'attività improduttiva sotto il profilo materiale?

Particolarmente drammatico è il caso dello Stato, che non è un azienda a scopo di lucro, ma un gruppo di persone che decide di vivere insieme e perciò stabilisce le proprie leggi, che non mancano di tutelare i più deboli, come gli indigenti, gli invalidi, gli anziani. Perché dunque lo stato deve pagare interessi e per di più composti, su soldi che deve prendere a prestito (in Europa questo dovere è decretato dal trattato di Maastricht), quando, a rigor di logica, non avrebbe nessun bisogno di prenderli a prestito, ma potrebbe produrli esso stesso?  

Normalmente non si risponde a queste domande e ci si limita ad accettare l'usanza corrente, totalmente appiattita sull'ottica di convenienza del prestatore, indipendentemente dalla situazione reale. Anzi, normalmente queste domande neppure vengono poste, cosicché, a furia di eludere queste riflessioni, siamo arrivati sulla soglia di un crack sistemico mondiale.

Rimandiamo ad altro momento la pur doverosa discussione sull'interesse in generale, e soffermiamoci sull'interesse composto. Si chiederà il lettore cosa cambia, in fondo, tra quel 5 e quel 5,25 dell'esempio, con quel minimo incremento di 0,25 quasi inavvertibile a fronte del capitale di 100.

Bene, torniamo al caso del mutuo, con cui tanti lettori devono fare i conti. Ebbene, poniamo il caso di un debitore particolarmente fortunato che ha comprato una casa per 100 lire ed è stato finanziato con un mutuo al tasso fisso del 3% rimborsabile in venticinque anni. Il totale, con gli interessi, che dovrà restituire sarà di 209 lire: 100 per la casa e 109 per gli interessi. Come si vede ha pagato più il denaro che la casa.

E a nulla vale la considerazione che lui ha restituito il prestito a rate, perché la banca pretende che prima siano rimborsati tutti gli interessi e poi il capitale.
Un analogo prestito di 100 lire al 4% dopo vent'anni costa 219 lire. Un mio amico matematico si è divertito a calcolare quanto varrebbe oggi un centesimo di euro prestato nell'anno di nascita di Gesù all'interesse del 4%. Ebbene il valore di quel centesimo oggi corrisponderebbe a 252 sfere di oro massiccio a 24 carati, grandi come tutta la terra e calcolando il tutto con l'altissimo prezzo che ha l'oro in questo periodo! Come si nota subito, la legge del numero bancario non rispecchia la realtà, ma genera i fantastiliardi di Paperon de Paperoni in modo puramente astratto.

Eppure, tornando all’esempio del mutuo per la casa, è evidente che, quando piove, quando fa freddo, quando occorre un riparo per dormire e condurre la propria vita privata, la casa di mattoni soddisfa tutte queste necessità, mentre una casa di banconote ben difficilmente servirebbe allo scopo e ancor meno servirebbe il denaro elettronico, un numero scritto su un computer. Il bene reale è quello che vale davvero e il denaro è solo una convenzione che ci aiuta a scambiare beni e servizi. Pertanto è il lavoro reale dell'uomo quello che genera prosperità e che va premiato. Al contrario “l'azienda di credito” non serve, se non per coordinare e facilitare il lavoro vero (dunque il banchiere dovrebbe essere pagato un decimo dell'ingegnere, l'inverso di quanto accade ora).

Occorre dunque riformare al più presto i meccanismi del prestito e dell'interesse per adeguarli alla realtà, piuttosto che insistere nel cercare di piegare la realtà (ovvero la vita di tante persone) ai quei freddi calcoli aritmetici che non la rispecchiano. Affinché l'economia ritorni a essere al servizio dell'uomo e cessino i tristi spettacoli dell'uomo schiavo di una falsa economia.