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IL BLACK FRIDAY DEL TERRORE

L'indulgenza verso i jihadisti presenta il conto

Dopo gli attentati a Londra e all'Aja e l'allarme bomba a Parigi, tutti il 28 novembre, sarebbe doveroso aprire gli occhi. E riconoscere, ad esempio, il fallimento dei programmi di de-radicalizzazione dei fondamentalisti. Il terrorismo jihadista è una cosa seria. Morti e feriti ce lo ricordano in continuazione, ma nessuna inversione di tendenza da parte dei governi europei.

Attualità 02_12_2019
L'Aja, dopo l'attentato

Allarme bomba a Parigi, tre minorenni accoltellati all'Aja, due morti e tre feriti a Londra: il 28 novembre 2019, è una data storica da ricordare come il Black Friday del terrore in Europa. 

La polizia francese mantiene il riserbo sull'identità dell'uomo nel cui zaino la polizia ha trovato un ordigno esplosivo a Gare du Nord. Potrebbe trattarsi di un "soldato", scrivono le cronache internazionali. Un nuovo caso di conversione interna al settore sicurezza dopo quello del tecnico informatico che ha ucciso 4 persone in una questura della capitale all'inizio di ottobre?

In Olanda, le autorità non hanno ancora fornito maggiori delucidazioni sul "senzatetto... di carnagione scura e di circa 45-50 anni" arrestato per aver ferito con un coltello un 13enne e due ragazze di 15 anni. Si tratta di un emulatore dell'uomo di origine turca che nel mese di marzo ha ucciso 4 persone a colpi di arma da fuoco su un tram di Utrecht? O dell'afghano che nell'agosto 2018 ha accoltellato due turisti nella stazione dei treni di Amsterdam? In attesa delle ricostruzioni ufficiali, a tenere banco è la polemica riguardante quanto accaduto sul Ponte di Londra. Sulla matrice terroristica jihadista dell'attacco perpetrato dal 28enne di origini pakistane, Usman Khan, non vi sono dubbi. Condannato inizialmente a 16 anni nel 2012 per la militanza in una cellula di Al Qaeda, Khan è stato rimesso in libertà condizionata nel 2018, in vista della scarcerazione definitiva che sarebbe dovuta avvenire dopo 8 anni. 

Ma il convincimento che programmi di riabilitazione possano davvero de-radicalizzare detenuti affetti e posseduti dal jihadismo, si è dimostrato ancora una volta errato. Lo stesso Khan ha voluto testimoniarlo personalmente, cominciando il suo assalto proprio nella sala di una conferenza sulla riabilitazione dei detenuti a cui era stato invitato a partecipare. Il terrorista, e non solo quello jihadista, dissimula pentimento e una buona condotta in modo da poter tornare a colpire alla prima occasione utile. Una scoperta effettuata a seguito di quest'ultima strage londinese? Nient'affatto. È una consuetudine che gli attacchi terroristici sul suolo europeo, a prescindere dalle dinamiche e dall'entità, vengano effettuati da soggetti già conosciuti dalle forze dell'ordine.

Oltre al Regno Unito, la Francia, il Belgio e la Germania conoscono bene il fenomeno. Anche l'Italia ha avuto il suo Anis Amri, il richiedente asilo tunisino radicalizzatosi durante la permanenza in diversi penitenziari siciliani, che ha poi colpito ai mercati di Natale a Berlino del dicembre 2017. E altri Anis Amri emergeranno probabilmente nel prossimo futuro, come frutto delle recenti condanne soft comminate alle donne dell'Isis recatesi come foreign fighters in Siria. L'indulgenza nei confronti del terrorismo non paga, insomma. Lo sapevamo e i governi europei lo sapevano, ma hanno continuato sulla stessa linea, con rilasci facili e vigilanze lasche che hanno fortemente indebolito, se non annullato, l'effetto di deterrenza che la certezza della pena dovrebbe esercitare nella lotta al terrorismo. 

La certezza della pena è stata invocata dal premier britannico, Boris Johnson, mentre numerose critiche sono state mosse alle politiche attuate dal sistema giudiziario per aver messo a repentaglio la vita dei cittadini. Ma si tratta di proclami e accuse tardive, che non faranno tornare in vita le 4 vittime del Black Friday più nero di sempre. Tutto era già noto e da tempo, perché allora non sono stati presi provvedimenti? Ai detenuti jihadisti è stata piuttosto offerta la possibilità di mantenere alto il livello di radicalizzazione durante il periodo di detenzione, essendo le carceri un formidabile luogo d'indottrinamento. Per le polizie penitenziarie i finanziamenti sono rimasti inadeguati, al pari dell'addestramento del personale, che a sua volta risulta spesso assistito da esperti impreparati o con ambigue affiliazioni nel mondo del fondamentalismo (quando si tratta di figure religiose).

Sul fronte della prevenzione del terrorismo, si è quindi riscontrato un fallimento da parte delle politiche dei governi dei principali Paesi europei. La misura di questo fallimento è la costanza degli attentati (e delle vittime), che è stata resa possibile anche dal margine di manovra lasciato a individui sospetti o jihadisti già comprovati. L'Italia è stata finora risparmiata, ma non è certo esente dalle problematiche relative alla radicalizzazione. Di queste si registra anzi una maggiore consapevolezza, non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche nell'opinione pubblica. Gli italiani sanno dell'esistenza di moschee, centri culturali, imam e militanti deputati a diffondere un certo fondamentalismo, il cosiddetto "islam politico" dei Fratelli Musulmani, con i finanziamenti che giungono dal Qatar; sanno di quanto accade nelle carceri, dove agenti vengono feriti, celle distrutte ed effettuate rivolte in nome dell'ISIS, mentre guardano con preoccupazione e sconcerto a scelte politiche che mettono in secondo piano il nesso inscindibile tra immigrazione, legalità e sicurezza. 

Il terrorismo jihadista è una cosa seria. Morti e feriti ce lo ricordano in continuazione, ma nessuna inversione di tendenza da parte dei governi europei sembra approssimarsi all'orizzonte. A quando il prossimo Black Friday?