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L'EDITORIALE DI OGGI

L'incomprensibile condanna di Fazio

L'ex governatore della Banca d'Italia può essere accusato di ingenuità e di imprudenza, ma non c'è alcun riscontro di scelte per interesse personale o per favorire illecitamente altri soggetti.

Editoriali 30_05_2011
Se l'ingenuità fosse un reato l'ex governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, meriterebbe probabilmente molto più dei quattro anni che gli sono stati inflitti dai magistrati di Milano per aver favorito la scalata truffaldina all'Antonveneta. Ma l'ingenuità non è ancora reato ed è per questo che la sentenza di primo grado sulle vicende del 2005 lascia più di una perplessità.


Se è infatti sicuro e provato che Fazio aveva appoggiato l'azione truffaldina di Gianpiero Fiorani, allora presidente della Banca popolare di Lodi (che era stata addirittura ribattezzata Banca popolare italiana), non vi è nessun riscontro del fatto che le improvvide scelte dell'ex-governatore siano avvenute per interesse personale o per favorire patrimonialmente in maniera illecita altri soggetti.


Fazio era mosso da una logica sicuramente contestabile, ma indubbiamente legittima dato il suo ruolo: la difesa dell'italianità del sistema bancario di fronte ai tentativi di conquista da parte di istituti stranieri. Antonveneta, una delle maggiori banche del Nord Est, aveva preso questo nome alla fine degli anni Novanta dopo la fusione tra due banche di Padova di tradizioni centenarie, la Banca Antoniana e la Banca popolare veneta. Una banca con grandi ambizioni che nel 1999 aveva acquisito un altro grande istituto come  la Banca nazionale dell'agricoltura.


Vi è da ricordare che fin dal 1995 Antonveneta aveva avviato una serie di collaborazioni, soprattutto nel campo della gestione del risparmio e dell'internazionalizzazione, con il colosso olandese Abn Amro che aveva mostrato sempre più esplicitamente l'intenzione di arrivare, in apparenza amichevolmente, a conquistare il controllo della banca. Nel 2005 per contrastare gli olandesi Antonveneta era entrata nel mirino anche di Giampiero Fiorani, un giovane banchiere che aveva guidato con decisione la Banca popolare di Lodi attraverso una serie di acquisizioni di piccole banche locali e l'aveva fatta diventare uno dei maggiori gruppi creditizi italiani.


Fazio considerava Fiorani uno dei banchieri più dinamici nonostante alcuni segnali di allarme sulla solidità patrimoniale del gruppo di Lodi che erano state discretamente sollevate dalla stessa vigilanza della Banca d'Italia. E per questo, sulla base anche di un'analisi di esperti indipendenti, gli concesse l'autorizzazione a lanciare un'offerta pubblica di acquisto sulla banca padovana.

"Ho operato solo per il bene del Paese" ha detto lo stesso Fazio commentando la sentenza di condanna. I fatti successivi, come i conti truccati della Popolare di Lodi che avrebbe rischiato il fallimento se non fosse stata salvata dalla Popolare di Verona, hanno dimostrato che la fiducia verso Fiorani era del tutto mal riposta. Ma al momento della decisione contestata a Fazio vi potevano essere solo sospetti e indizi.


Per questo Fazio può sicuramente essere accusato di ingenuità. Magari anche di imprudenza, per la telefonata del tutto irrituale a Fiorani per annunciargli in piena notte il via libera all'Opa, telefonata intercettata dalla Guardia di Finanza che già indagava sul banchiere lodigiano.


Ma l'ingenuità e l'imprudenza sono già costate a Fazio il posto di Governatore della Banca d'Italia da cui ha dovuto dimettersi nel dicembre del 2005 e non dovrebbero avere un così pesante rilievo penale. A meno che non si voglia colpire quell'ispirazione a San Tommaso che ha sempre esplicitamente guidato Fazio nel suo impegno di cattolico arrivato ai vertici del sistema bancario.


E si può comunque aggiungere che (al di là della fiducia del tutto mal riposta in Gianpiero Fiorani) gli anni di Fazio alla Banca d'Italia hanno segnato un forte consolidamento del sistema bancario, con una significativa crescita dimensionale degli istituti attraverso una lunga serie di fusioni e acquisizioni e un continuo sostegno del credito alle esigenze dell'economia. E come ha ricordato lo stesso Fazio in uno dei suoi ultimi discorsi da Governatore, "nessun italiano, dall'approvazione della legge bancaria del '36, ha mai perso un euro (o una lira) dei propri risparmi per la difficoltà di una banca".