L'illusione dell'abolizione della polizia morale
La notizia dell'abolizione della polizia morale in Iran è un falso. Pensare che possa esserci una riforma all’interno del sistema è un’illusione: se le donne potessero girare per strada vestite come vogliono, significherebbe che il regime è finito, che non ci sarebbe più una Repubblica Islamica. Le proteste di questi giorni in realtà hanno a che fare anche con la spaventosa crisi economica che il Paese sta attraversando.
“Il corpo paramilitare dei basij (ramo subordinato all’esercito dei guardiani della rivoluzione islamica iraniana, i cosiddetti pasdaran ndr), la polizia e le forze di sicurezza non esiteranno a fronteggiare duramente i rivoltosi, i criminali armati e i terroristi che sono stati assoldati dai nemici”. Così recitava una dichiarazione delle Guardie della rivoluzione mentre era in corso il secondo dei tre giorni di sciopero delle proteste anti governative che vanno avanti, ormai, da quasi tre mesi in Iran.
I negozi delle città iraniane hanno abbassato le saracinesche per aumentare la pressione sulle autorità e in sciopero si sono messi gli autotrasportatori, gli operai degli impianti petrolchimici di Mahshahr e le acciaierie di Isfahan: in diciannove città del Paese è cominciato lo sciopero annunciato dai manifestanti che ormai chiedono, senza mezzi termini, la caduta del regime. Dimostrazioni e boicottaggio delle lezioni si sono visti anche in vari atenei iraniani, alla vigilia del 7 dicembre, quando in Iran si festeggia il “giorno dello studente” e il presidente Ebrahim Raisi ha in programma di tenere un discorso in una delle università del Paese.
Secondo l’agenzia di stampa Reuters la polizia antisommossa è stata pesantemente dispiegata nel centro della capitale. Lunedì, Teheran ha annunciato che manderà presto al patibolo tutti coloro che sono stati condannati per aver preso parte alle proteste che non smettono di infiammare il Paese. L’agenzia di stampa semi-ufficiale Tasnim ha riferito lunedì che un parco divertimenti in un centro commerciale di Teheran è stato chiuso dalla magistratura perché le dipendenti non indossavano correttamente l’hijab. Proprio negli stessi giorni in cui i media riferiscono che la polizia morale è stata abolita. Ed è di sole poche ore fa la notizia che i conti bancari delle donne che non portano il velo saranno bloccati. Lo ha reso noto Hossein Jalali, membro della commissione Cultura del parlamento, come riportato dal quotidiano Shargh: da giorni, ormai, si susseguono provvedimenti per inasprire le punizioni circa l’uso del velo in pubblico, obbligatorio nella Repubblica islamica fin dalla sua fondazione nel 1979, semplicemente perché le camionette blindate e le pattuglie non può arrivare subito e ovunque.
La notizia pubblicata sulla stampa internazionale, domenica 4 dicembre, secondo la quale le autorità iraniane avrebbero abolito la famosa polizia morale s’è mostrata falsa fin dalla natura stessa del comunicato. E lo è diventata ancor di più quando né i media affiliati ai pasdaran e né le autorità iraniane hanno dato alcuna conferma nei giorni successivi. Tutto è nato da una dichiarazione riportata dall’agenzia di stampa iraniana, la ISNA, del procuratore generale, Mohammad Jafar Montazeri, che annunciava come la polizia della morale fosse stata ‘chiusa’ dalle stesse autorità che l’hanno creata e che si stava discutendo della possibilità di modificare la legge che obbliga le donne ad indossare l’hijab. Montazeri è un personaggio molto influente in Iran, ma la polizia della morale non è di sua competenza, bensì del ministero dell’Interno, che non ha diffuso alcun commento.
Sembra quasi che la dichiarazione sia stata divulgata da un lato per sondare la reazione degli iraniani, dall’altro s’è trattato solo di una delle espressioni della propaganda di Teheran per l’Occidente e la sua stampa - particolarmente ignorante sulle norme dell’Iran islamico. D’altronde, nelle stesse ore, Ensieh Khazali, vicepresidente donna dell’Iran per le donne e la famiglia, riferiva in un programma radiofonico che, semplicemente, “la Gashte Ershad, la polizia della morale non esiste in Iran, abbiamo la polizia della sicurezza sociale, quella sì, che si occupa di tutte le questioni contro la legge e può occuparsi della nudità, anch’essa un crimine”. Un eufemismo per indicare la natura di quella polizia che nasce in seno alla Rivoluzione di Khomeini, ed è semplicemente impensabile che venga eliminata e allo stesso tempo la Repubblica islamica si dica ancora in piedi. Quella del velo è una norma giuridica, non religiosa, imposta dalla legge islamica e il governo di Teheran, fin dalla sua fase embrionale, ha fatto dell’hijab il simbolo della rivoluzione che rovesciò Mohammad Reza Pahlavi.
Dai tempi di Khomeini, la polizia morale ha avuto nomi (e violenze) differenti senza mai sparire. La versione moderna della polizia morale nasce nel 2006, e viene battezzata Gasht Ershad - letteralmente “pattuglie di orientamento”. Pensare che possa esserci una riforma all’interno del sistema, varata dal governo stesso, è un’illusione: se le donne potessero girare per strada vestite come vogliono, significherebbe che il regime è finito, che non ci sarebbe più una Repubblica Islamica.
Inoltre le proteste non riguardano solo l’aspetto, per così dire, religioso. Pertanto quello di parlare della polizia della morale è anche un tentativo governativo di distogliere l'attenzione internazionale dai problemi che coinvolgono tutto il Paese, non solo le donne. L’Iran da mesi vive una gravissima crisi che ha limitato il potere d’acquisto della popolazione. Tra il 2021 e il 2022, un calo delle entrate petrolifere e un aumento delle spese hanno portato il governo ad affrontare un periodo di deficit fiscale che non accenna a scemare. Ogni aspetto dell’economia è in regressione, i prezzi di carne, pesce, farina e riso sono saliti alle stelle scatenando la collera di classi povere e medie. Il governo ha, inoltre, ridimensionato i sussidi per grano e farina.
Ad oggi il regime sta reagendo alle proteste alternando una negazione totale della propria responsabilità - e atteggiandosi persino ad opposizione contro quella che chiamano “propaganda israeliana” di cui il Paese sarebbe vittima -, con una repressione durissima, come se i manifestanti non fossero parte della Repubblica. Una contraddizione che non fa che indebolire il regime teocratico che, però, non è ancora sul punto di implodere.