Likud, nemici a Destra: l'esercito sfida Netanyahu
Già Capo di Stato Maggiore e suo ministro, Moshe Yaalon ha lanciato la sfida al premier. Che ora si trova ad affrontare un avversario interno e insidioso. Un intero mondo mostra segnali di insofferenza verso Netanyahu. Ed è un mondo che in un Paese come Israele conta.
La spina nel fianco che difende i diritti degli arabi israeliani? L'anziano leader del Likud Reuven Rivlin, divenuto presidente della Repubblica. I contestatori più duri del congelamento delle iniziative di pace con i palestinesi? I generali dell'esercito israeliano. Nonostante la sua lunga permanenza nella stanza dei bottoni della politica israeliana un periodo come questo Benyamin Netanyahu non l'aveva mai vissuto. Perché è vero, la sinistra laburista continuerà anche a essere un fantasma come accade ormai da tanti anni; ma stavolta per Bibi comincia a profilarsi all'orizzonte un altro tipo di opposizione, ben più pericolosa per un uomo che ha costruito buona parte del suo successo politico sulla sicurezza di Israele.
A lanciargli apertamente la sfida è stato Moshe Yaalon, ex ministro della Difesa nonché esponente del Likud, scaricato da Netanyahu stesso appena un mese fa per fare posto al ritorno al governo di Avigdor Lieberman, già pirotecnico ministro degli Esteri sempre con Netanyahu (poi uscito di scena per via di una vicenda giudiziaria). Con i cinque voti del suo Yisrael Beitenu, il partito degli immigrati russi, Lieberman ha portato il governo Netanyahu a quota 66 seggi sui 120 della Knesset, il parlamento israeliano. Un'operazione per dare “stabilità” alla coalizione; ma in politica non contano solo i numeri, così l'allargamento pare proprio essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso nei rapporti già parecchio tesi tra Bibi e i quadri dell'esercito israeliano.
Così l'altro giorno Yaalon ha detto senza giri di parole di voler candidarsi come premier nelle prossime elezioni in Israele. Lo ha fatto giocando in casa: parlando alla Conferenza di Herzlyia, appuntamento che ogni anno vede il gotha della politica israeliana sfilare per confrontarsi principalmente sul tema della sicurezza. Ed è esattamente su questo terreno che Yaalon ha picchiato duro contro Netanyahu: “Non posso sopportare - ha detto - che la leadership di Israele nel 2016 sia impegnata ad attizzare le fiamme, incitare, intimidire e dividere gli ebrei dagli arabi, la destra dalla sinistra e ogni settore della società. E tutto questo solo per sopravvivere, per stare al governo un altro mese o un altro anno”.
Il clima in Israele è pesante; l'attacco della settimana scorsa a Tel Aviv si incrocia con lo stillicidio di notizie sull'intifada dei coltelli, sparita dalle pagine dei quotidiani stranieri ma non dalla vita degli israeliani. Netanyahu parla di sicurezza, ma senza una prospettiva per un processo politico che affronti le radici della violenza. Potrebbe sembrare il discorso della solita sinistra pacifista israeliana, ma stavolta non lo è. Perché la storia di Yaalon parla da sé: era capo di Stato maggiore dell'esercito ai tempi della seconda intifada; guidava lui le danze nel 2002 ai tempi dell'operazione “Scudo di difesa”, quando con Sharon premier i carri armati israeliani tornarono a Betlemme e a Jenin per stroncare le organizzazioni palestinesi responsabili degli attentati kamikaze. Qualche anno dopo, poi, Yaalon avrebbe sì lasciato la guida dell'esercito, ma perché in rotta con Sharon sul ritiro da Gaza, che lui non voleva. E alla fine nel 2008 sarebbe entrato in politica proprio nel Likud di Netanyahu.
Che una personalità con un profilo del genere oggi attacchi “l'ossessione nei confronti dell'Iran” dice abbastanza chiaramente che lo spostamento a destra di Bibi non è stato indolore. Netanyahu ha vinto le elezioni dell'anno scorso cannibalizzando il voto della frange più estreme, ma alla fine ne è rimasto prigioniero. Yaalon è stato sacrificato dopo essere finito più volte nel mirino per le sue prese di posizioni contro il Lehava, il movimento violento legato alla galassia dei coloni. E la frangia più a destra del governo non gli ha perdonato nemmeno il fatto di aver chiesto la linea dura contro un soldato israeliano che a Hebron, dopo aver fermato l'ennesimo assalitore palestinese armato di coltello, l'ha poi ucciso a sangue freddo.
Il punto vero, però, è che quella di Yaalon non è una posizione isolata: qualche settimana fa, durante la ricorrenza ebraica per la Giornata della memoria, nella cerimonia tenuta allo Yad Vashem, era stato il vice capo di Stato maggiore in carica Yair Golan a esprimere pubblicamente il suo disagio di fronte a estremisti ebrei “che in Israele oggi si comportano come nella Germania degli anni Trenta”. Una sortita subito seguita da un'aspra polemica con Netanyahu stesso intervenuto a stigmatizzare queste parole. Poi ci sono le critiche ricorrenti al premier di altri due ex alti gradi della difesa israeliana: l'ex capo dello Shin Bet (il servizio di sicurezza interno) Yuval Diskin e l'ex capo di Stato maggiore Benny Gantz, in carica fino all'anno scorso (con un paio di guerre a Gaza all'attivo). Dagli ambienti militari israeliani tutti dicono la stessa cosa: Bibi pensa solo a stare a galla, blandendo i coloni per non perdere i loro voti in parlamento. Ma così anziché promuovere la sicurezza la compromette.
I militari in politica in Israele non sono una novità: da Moshe Dayan a Yitzak Rabin fino allo stesso Ehud Barak, tanti hanno fatto il salto, non sempre con esiti felici. Ma la differenza questa volta è che non pare proprio trattarsi di iniziative personali: è un intero mondo che mostra segnali di insofferenza verso Netanyahu. Ed è un mondo che in un Paese come Israele conta.
Un sondaggio del Jerusalem Post l'altra settimana dava un ipotetico nuovo partito centrista vicino agli ex generali testa a testa col Likud. E ora Yaalon ha lanciato la sfida nonostante, teoricamente, le elezioni in Israele appaiano lontane. Vuole dire che si sente molto forte.