Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

SCUOLA

Licei, gli studenti italiani scelgono la qualità

Il 49,2% dei ragazzi italiani che l'anno venturo s'iscriveranno alle superiori snobba le professionali. Cioè le più devastate dagli sperimentalismi.

Attualità 24_05_2011
Studenti italiani

Il Corriere della Sera, oggi, nel riportare i dati del ministero della Pubblica Istruzione sulle iscrizioni alla scuola superiore per l’anno scolastico 2011-2012, sottolinea che quasi la metà delle famiglie italiane (il 49,2 %) sceglie per i propri figli il liceo nelle sue attuali articolazioni, con una netta preferenza per lo scientifico (18,4%), integrato, grazie alla riforma Gelmini, dalla variante “tecnologica”, cioè senza latino (5,5%). Quasi un terzo delle famiglie opta per l’istituto tecnico ( 32,1%), solo il 18,7 %, sceglie gli istituti professionali, con un calo del 3,4% rispetto allo scorso anno.

Sia pure con le variazioni sopra descritte, ma non infrequenti negli anni passati, viene confermato il dato tradizionale di un’opzione maggioritaria per il liceo. Quali le ragioni? Come sempre, è difficile interpretare dati così macroscopici, ma alcune osservazioni si possono fare.
Innanzitutto, come afferma anche Giuseppe Bertagna intervistato dal "CorSera", nessun genitore «manderebbe suo figlio in una scuola che non è vista come un grande risultato».

Significa che, al momento di prendere una decisione importante per il figlio, il genitore, anche meno avveduto, sceglie qualcosa che ritiene più utile, se non a garantire, almeno a preparare un futuro migliore per lui.
Ci sono genitori giovani, con figli ancora in tenera età, che si chiedono, oggi, non “Che scuola farò fare a mio figlio”, ma “Ci sarà ancora il liceo, quando toccherà a mio figlio scegliere?”. La scelta è già scontata, sia pure con il timore che anche il liceo possa essere snaturato da ulteriori riforme (più temute che desiderate).

Per molti genitori solo il liceo può essere una buona scuola perché è stato meno tartassato di altri ordini di studio dai numerosi tentativi di riforma, dagli eccessivi sperimentalismi più o meno pedagogicamente corretti, perché gode, ancora, di una fama di “serietà” e di “esigenza” che altre scuole hanno perso o non hanno mai avuto, perché “prepara all’università”. E questo, spesso e legittimamente, è quel che il genitore si aspetta per il proprio figlio.

Non molti anni fa, ma la cosa dura ancora oggi, mi capitava di incontrare genitori, docenti universitari di facoltà scientifiche, che affermavano “I miei studenti migliori provengono dal classico, quindi a mio figlio farò fare il classico”.
Ci sono poi i genitori che hanno fatto il classico o lo scientifico e, contenti di quell’esperienza, non “ammettono”  strade diverse da queste per i propri figli.

Ora, sia pure con le dovute cautele, va detto che, effettivamente, l’impianto “tradizionale” su cui è costruito il percorso liceale in Italia contribuisce a preparare il terreno al lavoro intellettuale.
Ma, come ormai alcuni scrivono, il lavoro intellettuale non è il lavoro per tutti; ci vogliono scuole che preparino a lavori diversi da quello intellettuale. In Italia queste scuole esistono, ma evidentemente, agli occhi dei genitori, non garantiscono granché, diventano un ripiego, esprimono una rinuncia.
Circola una battuta, tra gli insegnanti al momento di esprimere il giudizio di orientamento alla fine della scuola media: “Dicono tutti che ci vorrebbero più idraulici o falegnami, ma tutti pensano al figlio del vicino di casa”.

Potrebbe non essere così se, nella cosiddetta “pubblica opinione” si facesse strada l’idea che ogni lavoro onesto è buono e fonte di soddisfazione se praticato con passione e generosità, se non fosse visto come una maledizione del destino o una necessità biologica; se  la scuola tecnica e professionale potesse essere vista come un’opzione “vera”, una reale possibilità di apprendere un mestiere grazie a una corretta e non burocratica integrazione con il mondo del lavoro senza “dimenticare” la formazione intellettuale a l’abitudine allo studio. Invece, oggi, in moltissimi casi, soprattutto la scuola professionale è un tipo di scuola vissuto come un ghetto nel quale trovano il loro posto i “perdenti”, quelli che non hanno voluto o potuto o saputo andare al liceo.

Per tornare al quale, resta vero che solo al liceo, purtroppo, si possono fare gli incontri con il classici che hanno il potere di cambiarti la vita, si può imparare a dominare l’uso della lingua italiana e a trasformarla in uno  strumento formidabile di comunicazione e capacità critica, in breve si può coltivare e far crescere la tradizione, imparando a conoscere le nostre radici.

Anche se, come scrive Paola Mastrocola, nemmeno al liceo “son rose e fiori”, esistono ancora buoni insegnanti e buone scuole che  si danno da fare perché il liceo mantenga le promesse che fa. E i genitori continuano a sperare di incontrarli.