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MEDITERRANEO

Libia, problema migranti dietro il caos Onu

Il siluramento del mediatore tedesco Martin Kobler, che sarà sostituito come inviato dell'Onu per la Libia dal palestinese Fayyad, indica anche la perdita di autorità dell'Onu in Libia. Possibilità di negoziato nelle mani di Egitto, Turchia e Russia.

Esteri 13_02_2017
Kobler

L’ONU barcolla ancora una volta in Libia. Prima la figuraccia rimediata due anni or sono da Bernardino Leon, lo spagnolo che mentre mediava un’intesa tra le fazioni libiche con l’incarico di inviato speciale del Palazzo di Vetro accettava un super stipendio di ben 600 mila dollari annui dagli Emirati Arabi Uniti per dirigere il centro di formazione diplomatica di Abu Dhabi.

Poi è stata la volta del tedesco Martin Kobler, l’artefice degli accordi di Skhirat che hanno dato vita al governo di salvezza nazionale guidato da Fayez al-Sarraj, il quale doveva stabilizzare la Libia ma dopo quasi un anno non controlla neppure Tripoli. Kobler non si è “bruciato” come il suo predecessore con interessi privati ma non ha concluso molto ed era malvisto dal governo di Tobruk e dal maresciallo Khalifa Haftar che si oppongono ad al-Sarraj con l’aiuto di Emirati, Egitto e Mosca. La rimozione di Kobler è dovuta all’assenza di risultati, al ritorno delle milizie islamiste coalizzatesi a Tripoli sotto le bandiere della neocostituita Guardia Nazionale Libica fedele all’ex premier Khalifa Ghwell ma forse anche a qualche censura europea che ha contribuito alla defenestrazione del diplomatico tedesco.

Le dichiarazioni di Kobler circa l’impossibilità di respingere gli immigrati illegali in Libia potrebbero aver sollevato qualche malumore in una Ue che ha bisogno di fermare i flussi per salvare diversi governi europei dai crescenti consensi dei movimenti nazionalisti o cosiddetti populisti. Al presidente del Consiglio d’Europa, Donald Tusk, che aveva dichiarato chiusa la rotta libica, Kobler ha risposto così: "Capisco le preoccupazioni dell'Europa, ma in questa fase i migranti non possono essere rimpatriati in Libia. Il rimpatrio non è una soluzione praticabile per via delle condizioni umanitarie nel paese".

Una frase che potrebbe aver fatto perdere un po’ di consensi a Kobler, che il nuovo segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, ha sostituito con l'ex premier palestinese Salman Fayyad, una nomina considerata positiva da molti interlocutori sia perché si tratta di un arabo capace di comprendere i complessi meccanismi politici e tribali libici sia perché è considerato un moderato. Gradito all’Egitto, e definito “un liberale” dalla BBC, Fayyad è invece osteggiato dagli USA non tanto per le sue posizioni politiche quanto perché la nomina di un palestinese a inviato speciale dell’Onu costituirebbe un segnale politico negativo per Israele.

La proposta di Fayyad è "basata esclusivamente sulle sue qualità personali e sulla competenza per quella posizione" ha spiegato il portavoce del Palazzo di Vetro, Stephane Dujarric precisando che "i funzionari Onu operano rigorosamente a titolo personale e non rappresentano alcun governo o paese". Trump del resto aveva definito l’Onu un "club di chiacchiere dove ci si diverte" e non dovrebbe stupire la sua forte opposizione a ogni iniziativa del Palazzo di Vetro. Al di là di queste polemiche la rimozione di Kobler conferma che nella crisi libica l’Onu ha un peso sempre più scarso mentre crescono le quotazioni di Egitto, Turchia e Russia per gestire un ipotetico negoziato.

Nei giorni scorsi Al-Sarraj è stato ad Ankara per incontrare il primo ministro Binali Yildrim ed è previsto che entro fine mese si rechi anche a Mosca a conferma che, come in Siria, anche nella crisi libica l’Occidente brilla per crescente irrilevanza.