Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IL RAPPORTO

Libertà d’educazione USA, notte fonda per gli Stati Dem

Secondo l’ultimo report della Heritage Foundation, la Florida è al primo posto per libertà educativa nelle scuole (dall’asilo alle superiori) degli USA, seguita da altri sette Stati a guida repubblicana. In fondo alla classifica il Distretto di Columbia, New York e New Jersey, in mano al Partito Democratico.

Educazione 10_09_2022

Secondo il nuovo rapporto della Heritage Foundation, la Florida è al primo posto tra i 50 Stati degli USA in termini di libertà educativa, mentre il Distretto di Columbia, dove c’è la capitale Washington, è 51°, al fondo della classifica.

L’Education Freedom Report Card del 2022, pubblicato giovedì 8 settembre ed elaborato dai ricercatori del principale think tank conservatore statunitense, stila una classifica di tutti i 50 Stati, più il Distretto della capitale, sulla base di quattro ampie categorie: scelta scolastica, trasparenza, libertà normativa e spesa. L’analisi prende in considerazione le classi di età dall’asilo al 18° anno di età (K-12). I primi otto Stati per il rispetto della libertà educativa sono tutti governati dai Repubblicani: Florida, Arizona, Idaho, Indiana, Sud Dakota, Mississippi, Virginia Occidentale, Montana. Gli ultimi dieci Stati, che precedono il Distretto di Columbia in fondo alla classifica degli statalisti che limitano la libertà e il diritto di scelta educativa, sono invece prevalentemente Democratici (7-3): New York (D, 50°), New Jersey (D, 49°), Maryland (R, 48°), Massachusetts (R, 47°), Connecticut (D, 46°), Alaska (R, 45°), Rhode Island (D, 44°), Washington (D, 43°), Illinois (D, 42°) e Hawaii (D, 41°).

La classifica annuale, secondo gli autori, vuole promuovere criteri di valutazione elevati per raggiungere e mantenere la libertà educativa negli Stati, con l’obiettivo di informare i genitori di tutto il Paese e i politici (di maggioranza e opposizione di ogni singolo Stato) su cosa impedisce l’effettivo esercizio del diritto alla libertà di scelta educativa, come migliorarlo e stimolare così riforme necessarie e durature. Nell’analisi di Heritage, l’Arizona si colloca al primo posto per quanto riguarda le opzioni di scelta scolastiche e al secondo posto per la libertà educativa complessiva. Vale la pena ricordare che nel luglio scorso il governatore dell’Arizona, Doug Ducey, Repubblicano, aveva firmato una legge che estende i voucher per l’istruzione a tutti gli studenti delle scuole superiori. Gli studenti idonei possono ora utilizzare questi voucher per pagare quasi tutte le opzioni dei corsi scolastici, comprese le rette di scuole private e charter (scuole comunitarie non statali) e le spese per l’istruzione domestica (scuole parentali). La nuova normativa era stata definita dal direttore nazionale dell’American Federation for Children, Corey DeAngelis, come “la più grande vittoria nella storia per la libertà di scelta scolastica negli Stati Uniti”, perché grazie alla nuova legge “ogni singola famiglia, a prescindere dal reddito, sarà in grado di portare i fondi per l’istruzione dei propri figli, finanziati dai contribuenti, agli istituti scolastici di loro scelta”.

La Florida e l’Indiana sono tra i 13 Stati che hanno ampliato i programmi di scelta scolastica esistenti, altri Stati hanno approvato nuove politiche di scelta scolastica. Un recente sondaggio di Real Clear Opinion ha rilevato che il 71% degli americani intervistati, un massimo storico, si è detto favorevole alla scelta scolastica, mentre la fiducia degli americani nel sistema scolastico pubblico è scesa negli ultimi due anni, secondo l’ultimo sondaggio pubblicato l’1 settembre da Gallup. Solo il 42% degli americani si dichiara soddisfatto del sistema pubblico scolastico, il dato più basso degli ultimi vent’anni e il secondo più basso nella storia. La soddisfazione dei cittadini Repubblicani è crollata da una media del 46% nel 2017 al 30% odierno, mentre i Democratici sono più soddisfatti, passando dalla media del 50% nel 2017 al 57% attuale. Tra le preoccupazioni maggiori per i genitori c’è quella per certi programmi politico-ideologici (17%) che contaminano l’istruzione scolastica.

Dati più che fondati e legati a doppio filo con l’analisi di Heritage che classifica New York, il New Jersey, l’Illinois e il Massachusetts tra gli Stati poco trasparenti e poco liberi in materia di istruzione, anche perché non vietano né limitano l’insegnamento della teoria critica della razza (Crt nell’acronimo inglese), né, in alcuni casi, l’ideologia Lgbt. La Florida invece è al primo posto per la trasparenza accademica, seguita dal Montana e dal Sud Dakota. Non a caso lo scorso mese di marzo, suscitando polemiche a non finire ma forte del sostegno della propria maggioranza e dell’enorme consenso dei genitori, il governatore della Florida Ron DeSantis, repubblicano, aveva firmato una legge che impone ai distretti scolastici di condividere con i genitori il materiale didattico e i libri della biblioteca. Un riconoscimento reale ed efficace del diritto dei genitori nel campo educativo dei propri figli. Ad aprile, lo stesso DeSantis aveva firmato un’altra legge che impedisce alle scuole (K-12) della Florida di insegnare la teoria critica della razza e l’indottrinamento Lgbt.

E nei college universitari? Tre giorni or sono, la Foundation for Individual Rights and Expression (Fire) ha pubblicato la classifica 2022-2023 sulla libertà di parola nei college, il suo terzo rapporto annuale. I ricercatori hanno intervistato quasi 45.000 studenti di oltre 200 college e lo studio offre un “confronto completo dell’esperienza degli studenti in materia di libertà di parola nei loro campus”. Ebbene anche qui si confermano i timori: la Columbia University di New York si è piazzata all’ultimo posto della classifica ed è stata l’unica scuola a ricevere un punteggio negativo “abissale”. Dopo la Columbia troviamo le università di Georgetown e Yale. La crème trasformata in pattumiera dalle ideologie.

Insomma, i progressisti Dem (in Europa li chiamiamo Socialisti&Democratici) non solo limitano la libertà di educazione, ma peggiorano il livello di quella pubblica e, laddove possono, impediscono anche la libertà di ricerca e opinione nelle università. Tutto come nei perfetti regimi comunisti e nazisti del ‘900, un progresso da paura.